Il 14° volume della collana storico-coloniale “Romanamente” è dedicato alla città di Rodi, possedimento italiano del Dodecaneso. Titolo “Come l’Italia fascista creò la nuova città di Rodi”.
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…si dovrà pure ammettere che l’ Italia ha dato a quelle isole il benessere e ha al tempo stesso offerto la misura della sua capacità creativa e organizzativa.
È una somma di lavoro attestata da opere permanenti e resistenti alle fortune più avverse, che si impone a una seria considerazione.
(L’Italia a Rodi, Ist. Poligrafico dello Stato, Roma, 1946)

Sotto il regime italiano l’isola di Rodi rinasce e per la terza volta nella sua storia riprende la sua funzione di intermediaria tra Occidente ed Oriente, cui dovette, anche in passato, la sua fortuna.
Il primo e maggiore intervento dell’Italia su l’installazione sull’isola di un sistema di comunicazioni di primaria importanza.
Si costruì a Rodi un porto con otto metri di fondale, nuove banchine, piazzali, magazzini ampiamente sufficienti al nuovo traffico.
L’isola di Rodi, che ha una superficie di soli 1.400 kmq., sin dai primi anni dell’epoca fascista venne dotata di una nuova rete stradale di 350 km, di cui 200 asfaltati.
Rodi venne trasformata e organizzata modernamente, pur sempre col più grande rispetto per il carattere monumentale della vecchia città. Nella nuova Rodi creata dagli italiani fu curata la viabilità con strade ariose e alberate, l’igiene ed i giardini pubblici tutti fioriti, fin quasi ad assomigliare ad una città europea.
L’attuazione del nuovo piano regolatore teneva conto dei punti di vista panoramici e delle brezze estive.
La bellezza paesistica, la mitezza climatica, la ricchezza dei monumenti antichi e medievali superstiti, la buona posizione sulle grandi linee marittime di passaggio obbligato indicavano il turismo come una delle risorse maggiormente sfruttabili.
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RODI, DODECANESO – GALLERIA FOTOGRAFICA
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