Il nuovo volume della collana storico-coloniale “Romanamente” è dedicato alla Tripolitania. Titolo del 15° dossier: “Come l’Italia fascista creò un nuovo stato in Africa”.
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“Questo grande sviluppo di vie di comunicazione ha anche un grande significato morale: le strade costituiscono, dopo la conquista, la più durevole presa di possesso. Anche l’indigeno – soprattutto l’indigeno – comprende che l’opera stradale è opera di dominio durevole; che essa è la vera presa di possesso della colonia: si crea soltanto sui suoli che si intende dominare per sempre” – Angelo Piccioli, 1933
Le opere edilizie a Tripoli durante il periodo fascista mutarono totalmente la città. Si trattò di ampliamenti sviluppati secondo un piano preordinato. Il nuovo piano regolatore, affidato agli architetti Alpago, Cabiati e Ferrazzi con la consulenza artistica dell’architetto Limongelli e dell’architetto Di Fausto rispettò quasi integralmente la vecchia città barbaresca. La città nuova si sviluppò a ventaglio a levante delle mura verso l’oasi. Vennero rettificate le strade esistenti, aperte nuove arterie, create piazze e giardini, zone per villini, per gli impianti ferroviari e per gli stabilimenti industriali. Una nuova rete stradale nella parte orientale e meridionale della città promosse il sorgere di numerosi edifici privati. Vennero inaugurati nuovi edifici scolastici e ad opera dell’Ufficio delle Opere Pubbliche venne realizzato il nuovo ospedale coloniale, rifatto il porto e costruiti nuovi quartieri popolari. Notevoli furono anche le opere idriche, soprattutto considerando il problema dell’approvvigionamento idrico nel continente africano. Gli interventi non si limitarono alla sola capitale ma riguardarono anche i piccoli centri dell’interno, promuovendo e incentivando le iniziative di enti e di privati affinché anche i più piccoli centri abitati si trasformassero e prendessero vita.
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GALLERIA FOTOGRAFICA NUOVE OPERE IN TRIPOLITANIA

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