Continua la collana storico-fotografica “Romanamente” pubblicata a lato del progetto di ricerca “L’altra faccia del colonialismo italiano”. È disponibile da oggi il quinto volume “Come l’Italia fascista industrializzò l’Africa” dedicato all’azienda della SAIS “Società Agricola Italo Somala” con sede al Villaggio Duca degli Abruzzi, fondato dal Principe Luigi di Savoia sulle rive del fiume Uebi Scebeli.
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Per i romani la romanizzazione dell’impero è sempre stato considerato un processo di civilizzazione: governare e pacificare le nazioni era il destino di Roma.
Il parallelismo con il colonialismo italiano in Africa è dunque chiaro e anche perfettamente in linea con il pensiero positivista di Auguste Comte.
Romanizzare un territorio comportava quindi visibili e duraturi cambiamenti, determinati innanzitutto dalla costruzione di un’estesa rete stradale dotata di stazioni di posta, per raccordare tra loro le principali città consentendo il rapido spostamento delle truppe e dei mercanti.
Contemporaneamente alla conquista venivano bonificati i terreni paludosi e vaste aree di campagna venivano divise in lotti di uguale forma ed estensione, le centuriae, e date ai legionari affinché le coltivassero.
Il Villaggio Duca degli Abruzzi, oggi Giohar, nella Somalia italiana fu un villaggio agricolo coloniale centro dell’attività della S.A.I.S. “Società Agricola Italo-Somala”, impresa fondata nel 1920 dal Principe Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, nella regione dello Scidle sul fiume Uebi Scebeli.
Le prime grandi opere, realizzate nel 1923, riguardarono le opere di derivazione del fiume con la costruzione di una diga, poi furono subito realizzati i canali e le arginature, assicurando l’irrigazione dei terreni delle sei aziende che avrebbero prodotto intensivamente cotone, canna da zucchero, kapok, cocchi, sesamo, ricino e banane. Nel 1926 vi erano 760 km di canali, poi aumentati negli anni successivi.
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