Centinaia di migliaia di km di strade sono state realizzate dall’Italia nelle colonie: dalla Libia all’Eritrea e dall’Etiopia alla Somalia, per fini commerciali, politici e militari.
Perché? Perché è sufficiente analizzare la storia dei grandi imperi dell’antichità per constatare come con lo sviluppo della rete stradale di un popolo sia andata di pari passo la fase di espansione territoriale e di progresso culturale.
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Un dossier unico che illustra per la prima volta l’intera realizzazione di una strada in Somalia: il cantiere, le attrezzature, le massicciate, i muri di sostegno, i ponti, i minatori e gli scalpellini al lavoro, i rulli compressori, i frantoi e i vagli, l’asfaltatura e infine l’opera “romana” compiuta.
Il sistema stradale della Somalia durante la presenza italiana, risalente all’8 febbraio 1889, ebbe uno sviluppo direttamente collegato all’occupazione territoriale, ai fini politici e alla necessità di garantire un’ottima circolazione commerciale. Infatti la possibilità o meno di sfruttamento di un territorio, sia esso coloniale o metropolitano, dipende quasi sempre soltanto da una buona organizzazione delle vie di comunicazione che permettono il collocamento dei prodotti sui mercati.
Realizzare favorevoli vie per i prodotti, assicurando loro i mercati, vuol dire stimolare l’incremento della produzione e a sua volta del consumo per la prosperità della colonia e dello Stato.
Nei primi decenni della presenza italiana in Somalia, la rete delle strade realizzate a fondo naturale percorribili da automezzi raggiungeva i 3.300 km. Nel primo decennio fascista la rete stradale venne implementata di altri 7.000 km., raggiungendo alla fine del 1931 la cifra globale di 10.100 km.
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