Il Villaggio Duca degli Abruzzi a Giohar, nella Somalia italiana fu un villaggio agricolo coloniale centro dell’attività della S.A.I.S. “Società Agricola Italo-Somala”, impresa fondata nel 1920 dal Principe Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, nella regione dello Scidle sull’Uebi Scebeli.
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Nel 1919, durante il suo primo viaggio, il Principe Luigi di Savoia intravide le possibilità economiche e tecniche per fondare una nuova impresa agricola: dopo l’esame della regione e la scelta della zona da bonificare furono svolti i rilievi topografici, studiati i caratteri del terreno e della vegetazione, censiti popolazione e bestiame e studiato l’alveo del fiume. Furono quindi stipulati accordi con gli indigeni per l’acquisto di 25.000 ettari di terreno.
Nel gennaio del 1921 iniziarono i primi lavori di costruzione delle baracche per i dirigenti e per i lavoratori.

Le prime grandi opere, realizzate nel 1923, riguardarono le opere di derivazione del fiume con la
costruzione di una diga, poi furono subito realizzati i canali e le arginature per impedire di turbare il regime del corso d’acqua, assicurando l’irrigazione dei terreni delle sei aziende che si estendevano su un
terreno di 5.000 ettari che avrebbero prodotto intensivamente cotone, canna da zucchero, kapok, cocchi, sesamo, ricino e banane. Nel 1926 vi erano
760 km di canali, poi aumentati negli anni successivi.
“Ogni tanto si sobbalza sui binari della decauville che, in quarantacinque chilometri di rete, raccoglie i prodotti e li porta ai magazzini o agli opifici. E via, via lungo i filari di kapok e di casuarine… costeggiando lucenti canali innumerevoli che bagnano tutto l’enorme comprensorio con uno sviluppo di ottocentocinquanta chilometri di rete irrigua”.1
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Furono quindi eseguiti esperimenti agricoli volti a determinare quali varietà di piante potevano meglio prosperare producendo i maggiori prodotti e in quali periodi dell’anno studiando i migliori sistemi di irrigazione.
“Si è aperta nella steppa grigia come una grande parentesi e noi corriamo in essa, sapendo che al di là dei dodici chilometri miracolosi, la parentesi si chiude su un’altra landa sconfinatamente brulla e triste; ma che importa la distesa arida ed incolta che ci sta alla spalle, e quella che ci sta di fronte, se fra esse, come un esempio magnifico, come un tratto divino è la superba prova della capacità colonizzatrice, della civiltà vittoriosa, del lavoro realizzatore, di tutte le virtù […] sintetizzate nella mente e nella volontà di un Principe che si fa pioniere e agricoltore, dopo essere stato soldato ed esploratore?”.2
Attorno, per l’indotto dell’Impresa, vennero realizzate officine per le macchine operatrici, fornaci per i mattoni, una fabbrica di cemento, abitazioni in muratura, un’ospedale, magazzini, stalle per circa 2.000 buoi e impiantati due stabilimenti industriali per la lavorazione del cotone e la canna da zucchero, un oleificio e la distilleria della Società Saccarifera Somala.

Lo
zuccherificio divenne lo stabilimento più importante della Somalia, grazie anche alla larga disponibilità di mezzi, e attorno al quale sorsero, per lo sfruttamento dei sottoprodotti della canna da zucchero, l’Industria alcoolica e quella delle Banane.
Dotato di ospedale, farmacia, cinema, campo d’atterraggio,
stazione, chiesa e moschea, scuole e una casa di maternità gestita dalle Sorelle Missionarie,
aveva una popolazione di 9.000 abitanti di cui 100 italiani. Era sede di Residenza con ufficio postale e ufficio radiotelegrafico. Fu realizzata appositamente la
ferrovia per collegarlo direttamente con
Mogadiscio e costruita una rete di decauville di 55 km per connettere tutti gli stabilimenti industriali con la stazione principale. Le aziende erano attraversate da
108 km di strade e messe in comunicazione tra loro con
35 km di linee telefoniche.
“Così attraverso le travagliate vicende dei secoli bui, si adempierà la presaga visione di una rinascenza veramente romana. Serrati intorno alla persona Augusta del Sovrano, pronti a seguire le lucide e presenti direttive del Suo Primo Ministro italiano in ogni campo dell’umana attività, noi riusciremo immancabilmente a percorrere quella parte del cammino che i fati d’Italia ad ognuno di noi vollero segnare verso la grandezza della Patria”.3
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La S.A.I.S. raggiunse il suo
massimo sviluppo economico nel 1931 con la produzione di 401.783 quintali di canna da zucchero, 10.703 quintali di cotone, 37.830 quintali di mais e 5.928 quintali di banane. Il Principe vi si dedicò per 13 anni, poi, ad aziende avviate ed indipendenti a fine del 1928 partì per esplorare il corso e le sorgenti dell’Uebi Scebeli percorrendo 1.400 km in 100 giorni di marcia.
“L’anima di ogni impresa era il valoroso e ardito Principe, e a Lui solo va tutto il merito di aver dimostrato il valore della nostra Somalia nell’economia agricola, e a Lui tutto il premio dell’ammirazione e della riconoscenza dei suoi connazionali”.4
Dopo la missione esplorativa rientrò in Italia dove gli venne diagnosticato un carcinoma e nel 1932 fece comunque ritorno nel suo Villaggio dove morì e fu sepolto.
“Era il 18 Marzo 1933. Alle ore 23 circa, la Nobile Anima di uno dei più ammirevoli principi che abbia contato l’Italia, saliva nei cieli, certo accolta fra i grandi, fra i giusti. […] Due giorni dopo, a Luigi di Savoia venivano tributate onoranze quali nessuno può immaginare, per l’imponenza e per il cordoglio appassionato… Fra i cocchi e le acacie del Villaggio, l’interminabile corteo si svolse in mezzo alle turbe di migliaia di indigeni giunti da ogni parte della colonia… E le donne seminude si rotolavano nella polvere”.5
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1. da Vecchi B. V., Somalia – Vicende e problemi, Omero Marangoni Editore, Milano, 1935.
2. da Augusta Perricone Viola, Ricordi Somali, L. Capelli Editore, Bologna, 1935.
3. dal discorso di Luigi di Savoia del febbraio 1928 per il conseguimento della laurea honoris causa in scienze agrarie, da parte dell’Istituto Superiore agricolo di Perugia.
4. da Luigi di Savoia, Duca degli Abruzzi, Uff. Storico della R. Marina, Roma, 1935.
5. da Vecchi B. V., Somalia – Vicende e problemi, Omero Marangoni Editore, Milano, 1935.
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Il Villaggio Duca degli Abruzzi nel 1935
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Ogni volta che vedo i filmati Luce penso come sarebbbero oggi queste nazioni se non fosse intervenuta quella tragica guerra mondiale. Grande lavoro degli italiani degni rappresentanti del ns popolo .
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