Un polacco all’Equatore – Storia di un antesignano dei pionieri agricoli nella Somalia italiana
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La possibilità di usare lo stesso corso del giuba, cosi come in pratica in tutta l’Africa nei primi anni del novecento, come mezzo di trasporto e comunicazione evitando quindi le alee del’attraversamento di zone di folte foreste pluviali ed in località impervie.
In sostanza l’Uebi Scebeli è si un fiume pensile dal quale si può attingere acqua da irrigazione ma solo con adatte prese e canalizzazioni di adeguata dimensioni e, portanza e distanze da percorrere, mentre per derivare acqua dal Giuba erano sufficienti delle idrovore (all’inizio erano delle locomobili a vapore) per ogni singolo appezzamento bonificato.
Inoltre vi era, a mio parere la principale, ragione, quella politica. Infatti mentre per il Basso Giuba all’inizio del 900 i territori di riva destra (inglese) e di riva sinistra (italiano) erano già pacificati, i territori dell’Uebi Scebeli non furono pacificati e sottomessi all’amministrazione coloniale che dopo l’avvento del Governatore De Martino e cioè dopo il 1910.
Tornando all’azienda Romana la sua attività principale era concentrata verso la produzione di ottimo cotone a fibra lunga, materia prima della quale i vari industriali cotonieri italiani avevano necessità di approvvigionamento e che normalmente dovevano acquistare sul mercato internazionale con sostanziosi esborsi in valuta pregiata. Il successo della Romana fu comunque dovuto a due fattori principali: la disponibilità di adeguati finanziamenti da parte dei soci (conte Soderini, Principe Barberini, Banco di Roma ecct. e, quello più importante, la gestione diretta sul posto con l’ausilio di valenti collaboratori in primis il famoso agrario Romolo Onor che purtroppo ebbe una tragica fine a Genale dove stava fondando un altro polo agricolo sperimentale di importanza internazionale.
L’opera personale del Barone è documentata nella relazione datata dicembre 1913 fatta dal Frankenstein ai soci nella sua qualità di amministratore. In detta relazione si certifica la messa in cultura di centinaia di Ha. (sui 5.000 concessi) grazie all’utilizzo delle nuove macchine agricole Holt (poi divenuta Caterpillar). Lo stesso Governatore De Martino dopo una sua scrupolosa visita in zona attestò che in questa concessione le macchine più moderne acquistate senza fare economie hanno avuto il pregio di costituire il primo impianto che renderà possibile l’incremento graduale e progressivo di singolare importanza poiché rappresenta una rilevante economia di mano d’opera ed un lavoro assai più perfetto...
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Purtroppo nel 1929 la grande crisi colpì anche il costo delle materie prime con la conseguente caduta dei prezzi del cotone minacciando il totale fallimento delle imprese agricole in Somalia se non fosse già divenuta possibile la conversione dei prodotti dal cotone alle banane, coltura già abbondantemente sperimentata alla fine degli anni ’20. Lo Stato italiano favorì la riconversione tenendo presente che anche una produzione “nazionale” di banane sarebbe stata utile per risparmiare valuta pregiata per l’importazione di questo frutto esotico (Canarie) il cui consumo, specie invernale si stava diffondendo in tutta la Penisola, però proprio nel corso di questa riconversione nel 1934 il Barone Frankenstein morì e fu la volta della moglie Anna a prendere le redini dell’azienda che cominciò a prosperare anche grazie al boom economico che dopo la guerra contro l’Etiopia si sviluppò in tutta l’ Africa Orientale (solo in Somalia erano iscritte all’albo dei costruttori edili abilitati a concludere contratti senza limitazione di importi oltre 20 imprese del calibro della Mediterranea, la Bresciana e Calderai).
Per tre anni la Baronessa Frankenstein condusse personalmente l’azienda ivi soggiornando rinunciando agli agi ed alle comodità di una residenza più confortevole fino a che anche Lei mori nel settembre del 1937 stroncata da una grave forma di anemia tropicale.
Per un tragico gioco del destino proprio negli anni successivi alla scomparsa di Anna e la conseguente cessione dell’azienda ad un facoltoso ed abile imprenditore abruzzese sig. Armando Rosica, iniziò il boom della produzione bananiera sotto l’impulso di una politica statale della valorizzazione di detto prodotto raggiungendo i migliori traguardi con la costruzione in rapida successione di ben 4 modernissime e veloci (20 nodi velocità di crociera) motonavi. A parte il periodo bellico subito dopo il 1947 fu ripresa l’attività bananiera alla quale si affiancò un nuovo boom cotoniero a seguito della guerra coreana. Con questo concorso di circostanza favorevoli l’azienda LA ROMANA divenne la leader delle attività agricole di tutta la Somalia e seconda solo alla S.A.I.S. del Villaggio Duca degli Abruzzi. E proprio l’azionista di riferimento della SAIS e cioè il Cav. del Lavoro avvocato Luigi Bruno nel 1956 acquistò la proprietà della Romana riunendo quindi in un’unica mano quelle iniziative agricole delle quali avevano vagheggiato agli inizi del secolo il Duca degli Abruzzi ed il Barone Polacco quando sognavano di trasformare una inospitale savana africana in una realtà degna di stare a confronto con le realizzazioni agrarie create in ambienti molto più favorevoli. Per citarne una per tutte le WHITE HIGLANDS del Kenya o della Rodesia.
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