di © Gianfranco Cenci – Tutti i diritti riservati
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Le nostre due famiglie si conoscevano dagli anni 30 ed entrambe erano concessionarie di un’azienda nel comprensorio di Afgoi, il più piccolo della Somalia.
La storia degli Hellmann, famiglia di origine veneto-tedesca, iniziò con Emilio, tecnico agrario, e Ferruccio, un ingegnere, che ottenne una concessione agricola “ad meliorandum” su un terreno che in precedenza era stato affidato ad altri per un esperimento di colonizzazione con manodopera italiana. Progetto che falli miseramente. Il Governo revocò la concessione per affidarla a persone che potessero fornire adeguate garanzie tecniche e finanziarie, e i fratelli Hellmann avevano entrambi i requisiti.
Le competenze in campo ingegneristico di Ferruccio furono preziose per l’esecuzione delle opere civili (villa padronale a due piani di oltre 500 mq, opere idrauliche, capannoni, tettoie ecc.) mentre quelle agrarie di Emilio, con ottime basi finanziarie, divennero fondamentali per il successo dell’impresa.
Quindi già prima anni ‘40 del Novecento l’azienda Hellmann di 500 ettari non solo era in piena funzione con un impianto idrovoro della portata di 1/2 metro cubo al secondo (ben adeguato per irrigare 20 ha al giorno e secondo solo a quello della SAIS di Villaggio Duca degli Abruzzi) ma anche fornita di tutti i servizi aziendali.

Tra esse vi erano nel Basso Giuba aziende come la Romana del Barone Frankestein, di 5000 ha (di cui solo la metà valorizzata), la Graziani e Mazzi di 1.000 ha unite nella conduzione con il sistema consortile, quelle del Barone Gallotti, del Conte Bonaccorso Rosselli del Turco, dell’ingegner Moscatelli per altri 1.000 ha anche esse a conduzione consortile, di Romanelli (Accademico d’Italia), della Società Gaslini con altri 750 ha, mentre nel comprensorio di Genale vi erano la Fratelli Regis di 3.000 ha in parte destinati alla zootecnia, la Diaz (Maresciallo d’Italia) di 500, l’azienda Il Giglio Rosso dei fratelli Tassinari (cugini del Ministro dell’agricoltura al tempo della bonifica pontina) per 500 ha, l’azienda Fratelli Bazzani per 400 ha, agricoltori di lunga tradizione nel Mantovano, e quella dei Fratelli Adaglio per 400 ha.
Tutte queste importanti realtà agricole, per poter essere riconosciute in proprietà libera ed assoluta avevano richiesto cospicui capitali sia per la bonifica e la valorizzazione fondiaria che per le colture agricole da eseguirsi secondo la stringente normativa contenuta nei disciplinari di concessione. Il tutto con un impegno finanziario medio di 2.000 lire per ha a prezzi del 1940, come risulta dall’analisi del Istituto Agronomico d’Oltremare di Firenze.
Una notazione particolare riguarda la mano d’opera.

Era questa la situazione quando io ero ancora un bambino e Lorenza con suo fratello Enrico poco più che ragazzi.
Data la vicinanza dell’azienda della mia famiglia con la loro (tutte e due situate sulla riva sinistra del fiume Uebi Scebeli), i rapporti divennero quelli in uso fra vicini di casa.
Lorenza ed Enrico, laureato in agraria, erano di un quinquennio più anziani di me, e quindi vivevo nei loro confronti un naturale rapporto di soggezione, che continuò anche in età adulta, perché la mia professione di avvocato mi aveva allontanato assai presto dalle pratiche agricole, ed essendo di scarso aiuto nella gestione dell’azienda famigliare, ricorrevo spesso agli Hellmann per colmare le mie lacune, approfittando della loro gentilezza e disponibilità.
La passione che gli Hellmann provavano per le loro aziende (una ad Afgoi di 500 ettari ed una a Genale di 100) li indusse a sperimentare sempre nuovi tipi di colture adatte a quelle condizioni climatiche, e non solo per fini economici; si dedicarono anche alla coltivazione di varie specie botaniche, senza fine di lucro ma solamente per abbellire l’ambiente in cui vivevano.
Esempio eloquente fu la creazione di un primo viale aziendale con Flamboyant (Poinciana Pulcherrima), che nella stagione della fioritura faceva divenire quella strada un vero Mar Rosso; lungo un secondo viale piantarono delle Jacaranda (Jacaranda Mimosifolia), che per contrasto si trasformava in un mare blu con infiorescenze violette.
Importarono dal Kenya piante di Mogano e dal Madagascar la vaniglia (un’orchidea) che cresceva addossata al fusto delle palme da cocco.
Ma l’impegno degli Hellmann andò ben oltre.
Prendendo atto del fatto che il comprensorio di Afgoi, proprio perché di modesta estensione, era privo di un laboratorio agrario e poteva contare solo su un semplice vivaio governativo, colsero un’occasione che gli si presentò in modo del tutto inaspettato: divennero protagonisti di un’attività sperimentale finanziata dall’Università del Wyoming, che li incaricò di dar vita a un centro di ricerche botaniche, sopratutto nel campo degli agrumi ed in particolare dei pompelmi.
I ricercatori di quell’università si erano infatti convinti che, innestando le marze dei pompelmi pink seedless della Florida, quelli di produzione somala sarebbero stati qualitativamente addirittura migliori delle specie sudafricane e israeliane, che a quei tempi andavano per la maggiore.

Nel 1960 con il marito e il figlio Riccardo lasciò la Somalia per trasferirsi a Roma, dove, nel 1961, si trovò vedova con un bambino da accudire.
Non rimase certo con le mani in mano, non era nel suo carattere, al contrario mise a frutto le sue capacità imprenditoriali sviluppate negli anni “somali”.
Non potendo occuparsi di agricoltura, si dedicò con notevole successo alla realizzazione di un complesso residenziale di tutto rispetto nella località Marina di San Nicola (comune di Ladispoli) a 34 Km da Roma sulla via Aurelia.
Il complesso consiste in 22 appartamenti con relativi giardini, un centro sportivo con piscina, tre campi da tennis, uno di calcetto, bar, ristorante e pertinenze annesse, il tutto immerso in una lussureggiante vegetazione sulle rive del mare.
Lorenza, però, non abbandonò mai l’amore per la Somalia lasciata poco più che trentenne, come testimoniano alcune pubblicazioni che hanno appunto per oggetto la vita in quel Paese: alcuni volumi furono I Destini nel Corno d’Africa e Suez. Un mondo in bianco e nero.
La ritrovai a Roma 1991, a seguito dell’evacuazione dalla Somalia di tutti gli stranieri per la recrudescenza della guerra civile in pieno svolgimento. Lorenza, insieme alle amiche Maria Gabriella Ripa di Meana e Anna Teodorani, si dedicò con molta efficienza ed abnegazione all’assistenza dei profughi appena evacuati con gli aerei dell’aeronautica militare, coadiuvando le Autorità italiane.
Continuò a mantenere questo impegno fino al giorno n cui la salute glielo permise.
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Attenzione! “Conte Bonaccorsi Rosselli del Turco” = Conte Bonaccorso [nome] Rosselli del Turco.
Saluti
em
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