L’Etiopia che il Negus avrebbe voluto sempre “italiana”

Gli italiani sono stati sconfitti in Africa Orientale e l’Impero è perduto. Il 5 Maggio 1941 Hailè Selassiè, Imperatore d’Etiopia, rientra nel suo paese, dopo essere stato in esilio a Londra in seguito alla conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia nel 1936.
Il mese successivo al suo rientro, il 17 giugno 1941, Selassiè incontrerà l’ex ministro italiano in Etiopia Renato Piacentini. I due ebbero un colloquio molto interessante, riportato integralmente da Angelo Del Boca nel suo libro “Gli italiani in Africa Orientale” nel capitolo “Il rimpianto e le speranze” pagg. 541-543. Eccolo qui:

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«Il Negus mi è apparso abbattuto, preoccupato, direi anche triste. Quando mi ha visto, dopo vent’anni, non ha nascosto la sua emozione e durante tutto il colloquio ha avuto verso di me un contegno marcatamente affettuoso e fiducioso. Ha parlato in tono dimesso, con voce bassa e quasi esitante. È stato decisamente più aperto quando si è diffuso a parlare degli italiani, del lavoro da essi compiuto in Addis Abeba, e della simpatia e stima da lui sempre nutrite per i nostri connazionali. […] Le parole di gratitudine pronunciate dal Negus nei riguardi del generale Nasi sono state dette con accento di indubbia sincerità. L’accenno alla sua mancanza d’autorità e alla sua impotenza è stato esplicito, ma pronunciato in tono di evidente rammarico e di malcelata contrarietà; evidentissimo malgrado l’abituale riservatezza e impassibilità dei capi abissini, e del Negus in particolare».
Prosegue Del Boca: Nei dieci giorni successivi all’incontro con Hailè Selassiè, Piacentini ha tre colloqui con il segretario particolare dell’imperatore, ato Kiros, nel corso dei quali, parlando a nome del Negus, il segretario amhara si abbandona ad un vero e proprio sfogo antibritannico. «Contrariamente a quanto era stato convenuto a Londra – afferma ato Kiros – gli inglesi non avevano rimesso il Negus sul trono con il pieno esercizio delle sue prerogative e funzioni sovrane, ma lo avevano tenuto, dal giorno del suo arrivo ad Addis Abeba, praticamente isolato e relegato nella residenza imperiale, privo di autorità, senza possibilità di esercitare nessun effettivo atto di dominio e di governo. Inoltre gli inglesi avevano promesso al Negus un forte aiuto finanziario, che era invece totalmente mancato». Per cui non soltanto ne soffriva la popolazione, che aveva perso l’opportunità di lavorare alle dipendenze degli italiani e, di rimando, non riceveva alcuna assistenza dagli inglesi, ma «lo stesso Negus, il quale si trovava in seri imbarazzi finanziari, tanto da essere costretto ad invitare personalmente, per radio, la popolazione indigena di Addis Abeba a portare, secondo le possibilità di ciascuno, offerte di denaro alla cassa imperiale».

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L’ex ministro italiano è troppo amico del Negus, è attenzionato da tempo dell’Intelligence Service e il 1° Luglio viene prelevato e incarcerato ad Acachi. Verrà poi trasferito ad Haràr, dove rimase un sorvegliato speciale fino al Maggio 1942, quando verrà imbarcato su una nave bianca verso l’Italia.
Precisa ancora Del Boca: La scomparsa dalla scena di Addis Abeba di uno degli uomini più rappresentativi e capaci della comunità italiana in Etiopia, e buon amico del Negus, non interrompe tuttavia il processo di avvicinamento dell’imperatore agli italiani. Da molti testimoni, come, ad esempio, il dottor Eugenio Pisano1, che Hailè Selassiè assume come medico personale, il tenente del genio Michele Ricci, il direttore dei monopoli dell’AOI, Agostino Trinchero, il notaio Cavallaro, il maggiore dei carabinieri Domenico Lucchetti, il giornalista Giuseppe Fabbri , sappiamo che il Negus, sempre più scontento degli inglesi, cerca frequenti contatti con gli italiani attraverso i suoi segretari oppure il ministro degli Esteri, Lorenzo Taezaz, e tenta con ogni mezzo di trattenere ad Addis Abeba il maggior numero di italiani, minacciati di espulsione.
Il braccio di ferro tra il Negus e gli inglesi sul numero di italiani da far restare in Etiopia dura quasi un anno e si conclude con una mezza sconfitta dell’imperatore, resa soltanto meno cocente dall’intraprendenza degli italiani, i quali riescono ad aggirare alcuni ostacoli e in qualche caso a farsi beffe degli inglesi. Conscio che la presenza italiana in Etiopia è assolutamente indispensabile per riattivare le nuove industrie, mantenere la rete stradale dell’impero e ottenere buoni raccolti con un’agricoltura meccanizzata, Hailè Selassiè si orienta dapprima sulla cifra di 8 mila italiani da trattenere, quota che Churchill riduce a 5 mila e che il generale Philip Euen Mitchell riduce ulteriormente, per considerazioni di ordine strategico, a 2 mila. Ma, al momento di comunicare agli italiani la decisione, la cifra viene ancora una volta ridimensionata dagli inglesi, i quali si ostinano a non concedere a più di 500 italiani l’autorizzazione a rimanere ad Addis Abeba.
«Si ebbe allora la netta sensazione di un vivo contrasto esistente tra le autorità inglesi e quelle negussite – riferisce Agostino Trinchero – perché mentre le prime svolgevano ogni azione per giungere alla totale evacuazione degli italiani, le altre tendevano ad ottenere l’effetto opposto».
Il lettore attento potrà trarre personalmente le sue conclusioni supportato dal lavoro qui proposto di un noto giornalista che mai ha fatto segreto di essere anticolonialista, antifascista e aver scritto schierandosi dalla parte degli etiopi. Un ulteriore supporto può essere dato dallo storico inglese Denis Mack Smith cliccando qui.

di Alberto Alpozzi

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1. NOTA originale in “Gli italiani in Africa Orientale” di Angelo Del Boca (n. 29, pag. 542): Piacentini ebbe anche due altri colloqui con un altro segretario del Negus, l’armeno Behesnilian. «Con molta circospezione racconta il diplomatico — il Behesnilian mi mostrò una ricetta medica, redatta a Parigi, per un medicinale a base di stricnina, e mi spiegò come il Negus soffrisse d’esaurimento nervoso e di debolezza generale, per cui avrebbe desiderato rifare quella cura che qualche anno prima gli era stata giovevole. Senonché, data la presenza della stricnina nel medicinale, il Negus aveva esitato molto a rivolgersi agli inglesi o ad altri perché glielo facessero preparare, e aveva infine deciso di rinunziarvi, piuttosto che andare incontro ad un rischio grave. Era poi tornato sulla sua decisione e aveva incaricato il suo segretario di venire da me per pregarmi di fargli preparare quella medicina […]. Sulla base di questo episodio, ho cercato riservatamente di rendermi conto se realmente gli inglesi avessero potuto pensare ed una eliminazione del Negus, ma non ho potuto trovare motivi atti a spiegare una così estrema soluzione […]. Per comprendere la condotta del Negus in questa circostanza si deve quindi pensare ad uno dei lati fondamentali del carattere abissino, la diffidenza, tanto più marcata nell’animo del Negus in quanto egli ha passato gran parte della sua vita Pubblica in mezzo agli agguati e alle subdole ostilità del tenebroso ambiente del Ghebi imperiale di Addis Abeba».

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9 thoughts on “L’Etiopia che il Negus avrebbe voluto sempre “italiana”

  1. Durante la mia permanenza in Etiopia ho avuto modo di conoscere l’onorevole Renato Piacentini il quale mi raccontava l’amicizia con l’Imperatore ancor prima che l’Italia entrasse in guerra con l’Etiopia….Ogni qual volta l’Onorevole Piacentini veniva in visita in Etiopia era sempre invitato a corte..La mia famiglia ha fatto parte del famoso permesso dei 500 emanato dall’Imperatore nel 1941 infatti sino al 1952 gli Italiani in Etiopia erano solo 500 la nostra comunità si rafforzo con l’annessione dell’Eritrea all’Etiopia …I nostri connazionali dell’Eritrea che per trovare lavoro erano costretti andare i Arabia Saudita trovarono le frontiere aperte verso la Capitale Addis Abeba……..

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  2. Gli italiani vendutisi al Negus, furono tra i più accaniti persecutori dei loro stessi connazionali, quelli che mantenendo la schien adritta sopportarono l’inernamento nei campi di nuovi padroni dell’Etiopia, gli inglesi.

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