La guerra d’Etiopia fu vinta con i vaccini non con le armi. “Salus militum victoriae pignus”

«V’è sempre in ogni guerra un destino fatale su cui rovesciare la colpa per i morti, così come sempre vi dev’essere un grande benefattrice cui attribuire la vita dei superstiti!» Ten. Med. Aldo Galfetti

L’ultima guerra coloniale fu anche la più imponente per quanto riguardò la logistica, capolavoro studiato e apprezzato ancora oggi in tutto il mondo militare, il dispiegamento di mezzi e di uomini. Contrariamente a ogni aspettativa la campagna militare durò appena 7 mesi, dal 3 ottobre 1935 al 5 maggio 1936. Quattro giorni dopo veniva proclamato l’Impero.
Uomini e mezzi impiegati dall’Italia furono nettamente superiori a quelli dell’esercito abissino ma i maggiori dubbi che preoccupavano gli ufficiali italiani, e che venivano ripetuti come minaccia dai giornali internazionali, riguardavano la resistenza delle truppe italiane alle malattie tropicali. Era infatti risaputo che nelle guerre coloniali i morti per malattia erano uguali quando non superiori superiori a quelli in battaglia.

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Il sen. Aldo Castellani

Con quasi 500 mila uomini inviati nel teatro operativo si stimò che le morti per malattia fra le truppe italiane sarebbero potute essere circa 22.000, causate da: malaria, dissenteria, tifo e paratifo, febbri, vaiolo, colpi di sole, beriberi, pellagra, scorbuto, avitaminosi, tetano, meningite, colera a cui si aggiungevano punture di scorpioni e serpenti.
Ma questa infausta previsione non si avverò mai. I morti per malattia furono solamente 559 (mentre i caduti per ferite sul campo furono 1.099) perché la preparazione e l’organizzazione medica assunse un’importanza uguale alla preparazione e organizzazione bellica.
Questo fu possibile perché l’invio in Etiopia di medicine aveva la precedenza sulle munizioni grazie al senatore Aldo Castellani, medico specialista in malattie tropicali. Infatti la vittoria italiana dipese soprattutto dall’abbondanza di quelle stesse medicine.
Medico già di fama internazionale (nel 1902 aveva scoperto in Uganda che la malaria era trasportata dalla mosca tse-tse), Castellani lavorò a Londra, Bonn, Ceylon, New Orleans e dal 1915 era direttore dell’istituto per le malattie tropicali di Napoli. Nel 1935 si trovava a Roma per il corso annuale all’Università e aveva in cura il Ministro delle Colonie, Alessandro Lessona, che gli fece incontrare Mussolini perché voleva seguisse l’igiene delle truppe italiane durante le operazioni belliche. Castellani accettò l’incarico di Ispettore Generale dei Servizi Sanitari Militari e Civili in Africa Orientale, ricevendo carta bianca. Pochi giorni dopo partì con il ministro Lessona verso l’Eritrea per studiare la situazione sanitaria di quelle zone. Dopo due settimane, rientrati in Italia, prepararono la spedizione nei dettagli acquistando enormi quantità di chinino dall’Olanda.

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Ospedale da campo

Infatti si sapeva che tra il giugno 1916 e l’ottobre 1917, in Africa Orientale, tra i contingenti bianchi furono ospedalizzati 336 ufficiali e 104.666 soldati di truppa. Sulla base di questa esperienza venne somministrato quotidianamente il chinino a ogni soldato, riducendo drasticamente i casi di malaria. Per il tifo, paratifo e tifo petecchiale la vaccinazione con vaccini polivalenti diede ottimi risultati così come le vaccinazioni contro il vaiolo.
Ad Asmara venne aperto un istituto sierovaccinogeno mentre presso quello già esistente di Merca venne impiantata una sezione per la produzione del vaccino antivaioloso.
Per immunizzare le truppe e gli operai che fossero venute a contatto con gli abissini fu disposta la vaccinazione anticolerica.
L’organizzazione fu imponente e senza precedenti: fu creato un organo centrale per i servizi sanitari militari nelle colonie dell’Africa Orientale, di cui fu chiamata a far parte una Commissione mista, militare e civile, per l’organizzazione della lotta contro le malattie infettive. Alle dipendenze dell’organo centrale furono poste le Direzioni di sanità dei Corpi d’armata, metropolitani ed indigeni, ed alla dipendenza di ciascuna Direzione generale vennero collocati gli Uffici di Sanità divisionali, i quali, a lor volta, sovraintendevano agli organi sanitari esecutivi per l’immediata assistenza dei malati e dei feriti.

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Aldo Castellani in visita ad un nave ospedale

All’inizio delle operazioni militari grazie alle indicazioni di Castellani il Regio Esercito ebbe a disposizione 135 ospedali di base e di campo, con sale operatorie, macchine per i raggi e laboratori batteriologici, 55 ospedaletti someggiati, 15 ambulanze radiologiche, 12 ambulanze odontoiatriche, 6 littorine per trasporto feriti, 12 sezioni di disinfezioni, 13 unità chirurgiche, 4 magazzini di materiale sanitario e 150 potabilizzatori. La Regia Marina aveva dislocato 20 ospedali e infermerie lungo le coste e 8 navi ospedali equipaggiate con 7.000 letti. La Regia Aeronautica 22 infermerie e il servizio coloniale medico, a disposizione della sanità militare, contava 30 ospedali più 70 aerei per il trasporto dei feriti. I medici impiegati furono 2.484, di cui: 1889 ufficiali dell’esercito, 42 dell’aeronautica, 117 della marina, 316 della milizia e 120 medici delle colonie1.
In più 188 ufficiali farmacisti, 384 sorelle della Croce Rossa tra cui la Principessa Maria Josè, che aveva studiato le malattie tropicali proprio con Castellani, 200 suore tra ospedaliere e missionarie e 16.139 soldati di sanità e infermieri. Tutti gli ufficiali medici destinati all’AO e tutte le sorelle della CRI, prima di partire frequentarono un corso alla clinica della malattie tropicali di Roma.

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Guerra d’Etiopia. L’assistenza sanitaria agli indigeni

Per i servigi resi alla patria durante la guerra d’Etiopia il Re Vittorio Emanuele III, su indicazione di Mussolini, nell’agosto 1936 conferì ad Aldo Castellani il titolo ereditario di conte di Chisimaio. Sul suo stemma venne inciso il motto “Salus militum victoriae pignus” (La salute dei soldati è pegno di vittoria).
Nel gennaio 1938, negli Stati Uniti per il suo corso annuale di medicina tropicale, dichiarò: «Gli etiopi sono fin troppo contenti che l’Italia li governi […] tutti dovrebbero ricordare che una piccola parte della popolazione del paese, gli Abissini, aveva sottomesso il resto degli etiopi e la maggior parte di queste persone era felice di essere fuori dal controllo degli Abissini schiavisti. “C’è pace completa ora”. Io non sono un politico. Sono un medico. Seicento dottori italiani sono stati inviati per combattere le malattie dei nativi. Ogni villaggio ha nativi formati per soddisfare le esigenze mediche e ogni cinque villaggi c’è un dottore. C’è un ospedale ogni dieci villaggi e i dottori sono pagati dal governo non ricevono soldi dagli indigeni. La salute dei nativi è migliorata incommensurabilmente grazie alla forza medica».
Monarchico convinto, dopo la guerra, seguì la Regina Maria José e i figli di Re Umberto II fino a Lisbona, in Portogallo, che divenne la sua nuova base e residenza dove morì il 3 ottobre 1971.

di Alberto Alpozzi

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