“Niente medaglie d’oro al valore agli ascari”. Bufala

Spesso tra gli argomenti che vengono portati a discredito dell’Italia Coloniale molti riguardano il trattamento e la considerazione delle truppe indigene. Per esempio come la bufala degli ascari scalzi per imposizione con l’intento di farli sentire inferiori oppure che, essendo discriminati, non vi furono mai ascari insigniti di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Niente di più falso.
Come tra l’altro se la più ambita riconoscenza che “si conferiva normalmente a chi nel combattimento perdeva la vita”1 venisse concessa facilmente agli appartenenti delle Regie Forze Armate. Tante Croci di Guerra, Medaglie d’Argento e di Bronzo al Valor Militare vennero tributate sia agli appartenenti al Regio Corpo Truppe Coloniali sia al Regio Esercito.
Infatti i casi di Medaglie d’Oro al Valor Militare concesse a uomini inquadrati nel Regio Corpo Truppe Coloniali furono due. Ed ovviamente alla memoria. Entrambe concesse nel 1941 dal Governo fascista “con l’approvazione del Duce”2.

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La prima Medaglia d’Oro al Valor Militare venne concessa nel 1941 a Unatù Endisciau, nato nel 1917 a Teruboccò Delontà, del LXXIX Battaglione Coloniale. Morì all’inizio della Seconda Guerra Mondiale in A.O.I., dopo essere riuscito a portare in salvo, entro le linee italiane, in seguito alla disfatta di Debra Tabor, il gagliardetto del suo reparto.
Alle sue gesta venne anche dedicato un disegno di Walter Molino per la quarta di copertina de La Domenica del Corriere del 26 Ottobre 1941 con questo didascalia:
““Il federale di Gondar esaltava in una sua lettera lo spirito di sacrificio dei fedelissimi soldati coloniali che resistono tutt’ora nelle terre dell’Impero, da quelli che a Matemmà avevano fermato con i loro petti i carri armati, a quelli delle bande di confine che avevano catturato un comandante inglese, nonché agli eroi di Uolchefit che sono andati a Gondar per continuare la lotta. E accenna specialmente ad un graduato Amhara, Unatù Endisciau, che, dopo essersi rifiutato di arrendersi, raggiungeva con pochi ascari animosi le retrostanti linee di difesa per portare in salvo il gagliardetto del proprio reparto. Gravemente ferito, egli riusciva a consegnare in mani italiane la gloriosa insegna. Con l’approvazione del Duce è stata conferita alla sua memoria la medaglia d’oro, la prima che sia stata concessa ad un soldato coloniale” .
Ecco la motivazione della Medaglia d’Oro:
«Fedelissimo e valoroso graduato amara, dopo essersi rifiutato fieramente di arrendersi al nemico, in seguito alla capitolazione del ridotto avanzato di Debra Tabor, per esaurimento viveri, con pochi ascari animosi si assumeva l’incarico di raggiungere le retrostanti nostre linee di difesa di Cuiquaber (Km. 106) per portare in salvo il gagliardetto del proprio reparto. Superate le difficoltà e i pericoli dell’insidia ribelle, fatto successivamente prigioniero da un capo dissidente, riusciva a sfuggire alla cattura, portandosi in prossimità delle nostre posizioni. Gravemente ferito in conseguenza dello scoppio di un ordigno esplosivo, mentre attraversava una nostra zona minata, invocava l’intervento dei compagni per avere l’onore di consegnare in mani italiane la gloriosa insegna del battaglione. Trasportato all’infermeria, in condizioni gravissime, si dichiarava contento di morire entro le nostre linee. Con fierissime parole esortava i compagni a non desistere dalla lotta, esprimendo il proprio convincimento nella immancabile vittoria degli italiani, data la superiorità di valore in confronto dell’avversario. Fulgido esempio di fedeltà, fierezza, illuminato spirito di sacrificio,profondo e nobile sentimento del dovere. Debra Tabor – Sella Culquaber, Ottobre 1941»3.

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La seconda invece fu concessa ad Ibrahim Farag Mohammed, eritreo nato a It Atba, villaggio nei pressi di Massaua nel 1908, volontario dal 1925. Già Croce di Guerra (19 Febbraio 1928) per i fatti di Bargal del 25 Ottobre 1925 durante la pacificazione dei Sultanati del nord Somalia.
Successivamente nel Marzo 1941 era stato imbarcato sul cacciatorpediniere Manin in missione contro Port Sudan. La mattina del 3 Aprile l’unità della Regia Marina fu attaccata dalla RAF e affondata. I naufraghi dovettero darsi il cambio all’interno della scialuppa sovraccarica. Ibrhaim lasciò il suo posto ad un marinaio ferito rimanendo aggrappato all’esterno dell’imbarcazione per un giorno ed una notte, finché stremato, scomparve tra i flutti.
La motivazione della Medaglia d’Oro:
«Imbarcato da pochi giorni su Cacciatorpediniere, prendeva parte, distinguendosi per bravura, al disperato tentativo di attacco a Base Navale avversaria, durante il quale l’unità veniva sottoposta ad incessanti attacchi aerei che ne causavano l’affondamento.
Trovatosi naufrago su imbarcazione a remi con oltre sessanta superstiti, rinunziava al proprio posto per assicurare l’altrui salvezza, restando per l’intera notte aggrappato fuori bordo. Esaurito dallo sforzo, anziché chiedere il cambio, si allontanava dall’imbarcazione dopo aver ringraziato il Comandante ed affrontava sicura morte, dando luminoso esempio di virtù militare, di spirito di sacrificio e di abnegazione. Mar Rosso, 4 Aprile 1941»
4.

Quindi anche questa ennesima bugia tramandata al solo scopo di denigrare gli esiti del colonialismo italiano è stata cancellata. Il pregiudizio di chi è in malafede potrebbe essere inoltre placato dalla storia di Scirè, l’ascari che nel 1991 a Mogadiscio chiese di essere arruolato nell’Esercito italiano: “Io saputo che Italiani tornati. Riprendere servizio; combattere con voi, come un tempo!” Indubbiamente un uomo che non si era trovato male con gli italiani.

di Alberto Alpozzi

NOTE
1. Mario Mori nella prefazione di Dubat – Gli Arditi somali all’alba dell’Impero fascista di Alberto Alpozzi, Eclettica Edizioni, 2020
2. La Domenica del Corriere, 26 Ottobre 1941
3. https://www.quirinale.it/onorificenze/insigniti/13187
4. https://www.quirinale.it/onorificenze/insigniti/13098

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