
È la prima volta che l’Italia ritorna nella sua ex colonia dopo la seconda guerra mondiale e l’AFIS, l’Amministrazione Fiduciaria durata dal 1950 al 1960.
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“Io saputo che Italiani tornati. Riprendere servizio; combattere con voi, come un tempo!”

Questa la frase che una mattina il piantone di guardia all’ambasciata italiana si sente pronunciare. Davanti a lui un anziano somalo, circa 80 anni, in posizione di attenti, fascia Tricolore a vita e Moschetto 91/38 lungo il fianco. È l’ascari Scirè: un soldato che aveva giurato fedeltà all’Italia, al Re ed al Duce. Era pronto a riprendere servizio: il Tricolore sventolava di nuovo a Mogadiscio (sul tetto dell’ambasciata) e un giuramento non si infrange.
La catena di comando si attiva fino a raggiungere il Generale Loi, comandante del contingente militare italiano. All’ascari Scirè viene consegnata un’uniforme, i gradi di caporalmaggiore e brevettato – ad honorem – paracadutista e incursore.
Dotato di un elmetto antisommossa dei Carabinieri, con il suo Moschetto 91, perfettamente oliato e ancora funzionante, rimase in Ambasciata a fare la guardia per tuta la durata della missione, vivendo in una baracca nel cortile dell’ambasciata.

Per Scirè però l’Italia Fascista e la Monarchia significavano ancora ordine, benessere e stabilità mentre negli anni dopo la guerra aveva imparato a diffidare di termini come indipendenza, democrazia e repubblica che per lui erano sinonimi perché avevano portato solamente anarchia, povertà e la guerra che stava vivendo.
Terminata la missione in Somalia, con il rientro del contingente italiano, gli vennero consegnati i gradi di maresciallo.
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“Italiani grandi soldati, fare culo così agli Abissini” era solito ripetere il più fedele degli ascari.
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di © Alberto Alpozzi – Tutti i diritti riservati
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Forza Scirè! Io non ho tradito!
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