La bufala dei 2.000 morti somali per la costruzione della diga di Genale

Il post bufala di Ibrahim Abdulrahman Abdbi

Ieri sul gruppo Facebook “Africa Orientale Italiana”, dedicato alla storia coloniale italiana in AOI l’utente Ibrahim Abdulrahman Abdbi, profilo molto attivo sul gruppo, ha condiviso una bufala contenente il seguente testo:
“(Documenti nascosti del colonialismo italiano, foto che non ti mostreranno mai.) All’inizio dell’era fascista, l’amministrazione coloniale italiana introdusse il lavoro forzato nelle piantagioni e nei lavori pubblici. Qui duemila lavoratori somali e quattro etiopi sono morti quando una diga vicino al villaggio di Janale, lungo il fiume Shabelle allagato, si è rotta sul canale di irrigazione che stavano scavando ed è annegata. In primo luogo, i braccianti sono stati costretti a sdraiarsi e fermare l’alluvione con i loro corpi come sacchi di sabbia in modo da proteggere le fattorie accanto al canale di irrigazione dalle inondazioni, e se guardi la foto con precisione vedi le frane dopo le alluvioni, il risultato erano 2000 morti. Così l’evento viene ricordato come “Keli Asayle” o (“canale del lutto”). “I Testo originale I II libro I © Historical Dictionary of Somalia, nuova edizione I Foto Dike close in Janale I Somalia I Circa 1926.”
Il post è copiato e tradotto dal testo inglese dell’utente Canuck sul sito somaliwave (13 giugno 2019):
“KELI ASAYLE (“canal of moaning”)”During the early Fascist era, the Italian colonial administration introduced forced labor in plantations and public works. Here, hundreds of Somali workers died when a dike near Janale village, along the flooded Shabelle River, broke over the irrigation canal they were excavating and drowned them. Thus the event is remembered as “Keli Asayle” (“canal of moaning”).” | Source text | The Book | © Historical Dictionary of Somalia, New Edition | Photo | Dike near Janale | Somalia | Circa 1920’s”
Tradotto: “Durante la prima era fascista, l’amministrazione coloniale italiana introdusse il lavoro forzato nelle piantagioni e nei lavori pubblici. Qui, centinaia di lavoratori somali sono morti quando una diga vicino al villaggio di Genale, lungo il fiume Scebeli allagato, si è rotta sul canale di irrigazione che stavano scavando e li ha annegati. Così l’evento viene ricordato come “Keli Asayle” (“canale del lamento”)”.

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La “fonte” della bufala sul sito somaliwave
Le foto del post di Ibrahim Abdulrahman Abdbi

L’utente Ibrahim Abdulrahman Abdbi in chiara malafede e mistificazione modifica il numero dei morti, già imprecisato, da “hundreds” a “duemila” più “quattro etiopi”. Aggiunge inoltre che “i braccianti sono stati costretti a sdraiarsi e fermare l’alluvione con i loro corpi come sacchi di sabbia in modo da proteggere le fattorie accanto al canale di irrigazione dalle inondazioni”. E ancora scrive “se guardi la foto con precisione vedi le frane dopo le alluvioni, il risultato erano 2000 morti” riferendosi alle due foto pubblicate a corredo del suo post. Le immagini pubblicate, una del Getty, ritraggono il cantiere della diga con operai al lavoro, l’altra il cantiere di uno dei canali principali delle concessioni. Non vi sono crolli, non vi sono morti e non vi sono esseri umani usati come sacchi di sabbia per fermare l’acqua (senza contare il ridicolo del solo pensare una cosa del genere).
Ma poniamo per un attimo, per esercizio accademico, che il signore Ibrahim Abdulrahman Abdbi stia dicendo il vero e abbia fornito la documentazione dei 2000 morti: la diga costruita (funzionante ancora oggi) era lunga 90 metri con un dislivello di 5,50 metri e un tirante d’acqua di 2 metri.
Nelle foto del cantiere si vedono perfettamente diversi operai al lavoro, le dimensioni e quindi le proporzioni. Come e dove potevano stare e lavorare contemporaneamente 2.000 uomini? Ed anche ci fossero stati, un eventuale crollo come avrebbe potuto provocare tanti morti, dal momento che – e si vede nelle foto pubblicate dallo stesso Ibrahim – che non vi era acqua nell’invaso? Ma poniamo ancora che ci fosse l’acqua e l’invaso fosse già pieno. Dislivello 5,50 metri… Nel 1963 il disastro della diga del Vajont provocò 2.018 morti, in seguito ad un’onda alta 250 metri che superò la diga portando con se 30 milioni di m³ d’acqua. Quindi è sufficiente il buon senso per dichiarare bufala i numeri proposti dal signore Ibrahim.

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Il post bufala è nato da un copia/incolla (e traduci) da una notizia già priva di qualunque fondamento e prova: non vi è una data dell’avvenimento, non vi è riferimento alcuno a documenti, testimonianze o prove, solo un fantomatico “Historical Dictionary of Somalia” anch’esso privo di qualsivoglia prova che dimostri la veridicità del tragico evento. Il post come la “fonte” principale da cui è stato copiato (e modificato) parlano anche di “lavoro forzato nelle piantagioni”.
Altra bufala sbugiardata con questo articolo oltre che dal libro “Somalia – Untold History” di Mohamed Issa Trunji, il quale riporta per intero una lettera di uno schek somalo inviata al Residente di Merca nella quale gli intimava di rendergli i suoi schiavi: “Tutti i nostri schiavi sono fuggiti e passati dalla sua parte e lei ha dato l’ordine di liberarli. Quest’azione non ci rende felici” era il 12 marzo 1924. QUI la lettera intera.

La voce “Keli Asayle” in “Historical Dictionary of Somalia”

Non si trova traccia in nessun documento d’epoca di tale incidente durante la costruzione della diga di Genale o per la realizzazione dei canali per le concessioni agricole. Come si potrebbe nascondere un evento di tale portata? Immaginate le comunicazioni, i telegrammi e gli interventi del governo (e dei concessionari) per arginare il danno, recuperare e seppellire (o bruciare) 2000 cadaveri. Il tempo necessario, il dispiegamento dei mezzi e i costi. Tutto ciò non ha lasciato la minima traccia in nessun archivio? Non è altre sì menzionata tale “leggenda” in nessuno libro di Angelo Del Boca, mai tenero nel giudicare e demonizzare il colonialismo italiano.
Doveroso ricordare però che nei pressi delle concessioni vi fu una sommossa scatenata il 18 ottobre 1926, la rivolta di El Hagi, il cui bilancio finale delle perdite fu di 9 morti e 20 feriti, 10 da parte italiana e 74 morti e 170 arresti per quanto riguardava i ribelli, ma nessuno dei post e articoli pubblicati a tema “Keli Asayle” ne parla o vi fa riferimento. La rivolta, scaturì – ricordiamolo – dall’assassinio di cinque somali favorevoli al governo italiano, degenerò con l’uccisione di un maresciallo dei Reali Carabinieri con la sua scorta e culminato con l’assedio della moschea e l’uccisione del santone qualche giorno dopo. Tutta la storia è riportata nel romanzo storico “I prigionieri del sole” (Eclettica, 2021) di Dante Saccani ed anche in Orizzonti d’Impero (Mondadori, 1935) da Cesare Maria de Vecchi di Val Cismom, edito dalla Mondadori nel 1935. Ne parla anche Del Boca in Gli italiani in Africa Orientale.

Quindi si chiede pubblicamente ai signori autori di tali notizie di produrre i documenti che possano provare la veridicità di quanto sostengono in merito a quello che loro chiamano “Keli Asayle”. CONTINUA QUI CON LA SECONDA PARTE

di Alberto Alpozzi

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Dal sito ” wardoone”

Per completezza riporto che anche un altro sito – wardoone – pubblica il 17 ottobre 2020 un articolo in cui si cita il “Keli Asayle” facendo un gran minestrone del quale nulla si capisce. Ecco il testo:
“The memorable history of the Somali Register includes (KELI ASAYLE) or the canal of mourning in Janale District of Lower Shabelle Region in the early 1900s During the Fascist era the Italian colonial administration issued orders to work hard for Somalis and cultivate the land. When the Somalis fought against the Italian occupation, he fled from Janale to Shalanbood, 30km from Janale, which was attacked by the Somalis every Wednesday.immediately another somali began working with the Italians led by Italy in a battle in Janale Halkan where hundreds of Somalis died near the village of Janale.then only asayle many men were killed and the colonists were killed during the Italian eraSomali girls were taken to Janale when their men were killed, Italy used to make men go through the water, the name of how it came to be known today (Kali Asayle, Lower Shabelle region has Italian colonial aspirations that have not yet been renamed, e.g.Captainlas, Jebey, Angarariyo, Mushani, Bibi, Anbanana, Agalio, & many more”
Traduzione: La storia memorabile del registro somalo include (KELI ASAYLE) o il canale del lutto nel distretto di Genae della regione del basso Scebeli all’inizio del 1900. Durante l’era fascista l’amministrazione coloniale italiana ha emesso ordini di duro lavoro per i somali e coltivare la terra. Quando i somali hanno combattuto contro l’occupazione italiana, è fuggito da Genale a Shalanbood, a 30 km da Janale, che è stata attaccata dai somali ogni mercoledì. Subito altri somali iniziarono a lavorare con gli italiani guidati dall’Italia in una battaglia a Genale Halkan dove centinaia di somali morirono vicino al villaggio di Genale. Poi solo un certo numero di uomini furono uccisi e i coloni furono uccisi durante l’era italiana. Le ragazze somale furono portate a Genale quando i loro uomini furono uccisi, l’Italia faceva passare gli uomini attraverso l’acqua, il nome di come è diventata nota oggi (Kali Asayle, regione del Basso Scebeli ha aspirazioni coloniali italiane che non sono state ancora ribattezzate.

CONTINUA QUI CON LA SECONDA PARTE

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3 thoughts on “La bufala dei 2.000 morti somali per la costruzione della diga di Genale

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