1890. La relazione del generale Luchino Dal Verme sulla frontiera tunisino-tripolina

PREMESSALa Tripolitania nella politica mediterranea del Governo Crispi II

di Filippo Del Monte

Nella seconda parte del 1890 – mentre l’Italia era impegnata nei difficili negoziati con l’Inghilterra per stabilire ufficialmente le rispettive aree d’influenza in Africa orientale e, specificamente, nell’area dell’Alto Nilo – la Francia rese evidente la propria idea di “spostare” verso ovest la frontiera tra la Tunisia e la Tripolitania, segno inconfutabile della volontà del governo di Parigi di estendere la propria influenza ed i propri domini anche verso Tripoli ed in danno di Roma.
Di fatto le pretese francesi erano parte integrante di una strategia più ampia, messa in atto fin dal Trattato del Bardo (12 maggio 1881) e confermata con le Convenzioni della Marsa (8 giugno 1883), che puntava all’erosione graduale della frontiera tunisino-tripolina per assorbire poi nella sfera d’influenza transalpina anche la provincia ottomana. E se la Tunisia in mano francese rappresentava una “pistola puntata alla tempia” della Sicilia, con il controllo anche della Tripolitania Parigi avrebbe frustrato qualunque progetto di politica mediterranea per l’Italia. Ecco perché il governo di Roma si fece paladino dell’integrità territoriale della Tripolitania d’accordo con l’alleato tedesco. 
Lo zelo con il quale Crispi “difendeva” la Tripolitania dalle mire francesi insospettì non poco le autorità ottomane, sobillate da giornali ed agenti transalpini presenti sia ad Istanbul che in Africa.

Col. Coriolano Ponza di San Martino

Fonti giornalistiche riportarono notizie di scontri alla frontiera tripolina tra le truppe coloniali francesi e le forze ottomane. Scaramucce e nulla più che però costituirono la prova del passaggio dei francesi dalle parole ai fatti e che allarmò, per forza di cose, il governo italiano. Per ordine diretto del presidente del Consiglio Francesco Crispi, il colonnello Coriolano Ponza di San Martino (capo di Stato Maggiore del IX Corpo d’Armata di Roma) si recò in missione segreta a Tripoli e Tunisi con l’obiettivo di constatare se vi fossero effettivamente stati scontri tra le truppe ottomane e quelle francesi e di indagare quali erano i mezzi di difesa di cui la Turchia disponeva in Tripolitania.  Dal punto di vista politico invece la missione del colonnello Ponza di San Martino aveva il compito di verificare il fondamento della notizia delle usurpazioni territoriali francesi a danno della Tripolitania secondo quanto era stato comunicato a Crispi dal console italiano a Tunisi Raybaudi Massilia, il quale era ritenuto dagli ottomani un esperto della geografia dell’hinterland tunisino. 
Coriolano Ponza di San Martino constatò l’esistenza di un effettivo pericolo d’usurpazione francese del territorio tripolino ed il governo di Roma stabilì di prendere provvedimenti riaprendo al dialogo con Parigi per una delimitazione delle zone d’influenza francese, italiana e turca, prendendo a modello l’accordo franco-ottomano del 5 agosto 1890. Secondo una nota del Ministero degli Esteri pervenuta a Crispi e basata sulle conclusioni del colonnello Ponza, l’idea era quella di garantire «i diritti del Sultano a sud dei suoi possedimenti» ed arrestare «qualunque velleità d’avanzata a levante per parte della Francia», in particolare perché Parigi aveva «ottenuto ai danni della Tripolitania assai di più di quanto l’equa applicazione della novella teoria dell’hinterland le avrebbe assegnato».
A supporto di quanto scritto dell’anonimo estensore della nota, stava anche la relazione richiesta da Crispi al generale Luchino Dal Verme sulla reale posizione della frontiera tunisino-tripolina. Dal Verme il 10 dicembre 1890 era stato appena eletto deputato dirudiniano e sedeva nei banchi del centrodestra.  La relazione, datata 3 dicembre, costituiva il sunto di un lungo studio della questione tunisino-tripolina condotto da Dal Verme, il quale era considerato esperto di questioni coloniali e che aveva portato avanti a Napoli un complesso negoziato con gli inviati britannici per la delimitazione delle aree d’influenza di Roma e Londra nell’Alto Nilo.
Quando nel febbraio 1891 l’alleanza tra la destra dirudiniana e la sinistra meridionale nicoterina causò la caduta del governo Crispi e la sua sostituzione alla presidenza del Consiglio da parte di Antonio di Rudinì, i piani italiani per raggiungere un accordo con la Francia saltarono. 
Pur essendo ostile alla politica coloniale seguita da Crispi – considerata azzardata e troppo concentrata sull’Africa orientale – e scettico sulle istanze dei circoli africanisti, Di Rudinì con una buona dose di realismo comprese la necessità di salvaguardare gli interessi italiani nel Mediterraneo dalle mire transalpine. Il rinnovo anticipato della Triplice Alleanza – scelta programmatica per Di Rudinì – portò a nuove e più forti frizioni tra Roma e Parigi causando una situazione di stallo.

Gen. Luchino Dal Verme

Basti pensare che ancora nel 1894 la Francia avanzava pretese sulle oasi di confine e che l’impero Ottomano, nel pieno della crisi, sembrava non nutrire più particolare interesse per le proprie province più lontane, senza contare che diplomatici e militari turchi davano l’impressione di ritenere ben poco utile la teoria giuridico-politica dell’hinterland (sulla quale invece faceva leva Roma) per difendere i propri diritti di sovranità sulla Tripolitania. Nel 1895 l’Ufficio Coloniale del Ministero degli Esteri, guidato dall’ex direttore de “La Riforma” Primo Levi, spiegava in un lungo rapporto destinato a Crispi (nel frattempo tornato presidente del Consiglio) quali fossero le azioni politico-militari francesi in Tripolitania e le loro direttrici strategiche. 
Soltanto nel 1910, precisamente il 10 maggio, si arrivò alla delimitazione definitiva della frontiera tunisino-tripolina grazie ad un accordo tra la Sublime Porta e la Francia indicante sulla carta il tracciato della frontiera. Questo tracciato si sviluppava dal Mediterraneo a Gadames su di una lunghezza di 480 chilometri; partiva da Ras Adjedir toccando  Dehibat, passando tra Dehibat e Uezzen, volgeva verso i due pozzi di Zar, dei quali uno rimase alla Tripolitania e l’altro alla Tunisia, quindi si dirigeva verso il pozzo di Mechiguig che rimase in Tripolitania. A partire da questo pozzo, la frontiera restava equidistante tra le carovaniere Djeneien-Gadames e Nalut. Questo fu il confine che Regno d’Italia e Repubblica Francese confermarono dopo l’annessione italiana della Tripolitania al termine della guerra contro l’impero Ottomano del 1911-1912.
Vista in un’ottica di lungo periodo, la relazione del generale Luchino Dal Verme, che qui si riporta, assume un’importanza fondamentale per comprendere non solo un dossier scottante della politica coloniale francese come quello tripolino, ma anche perché evidenzia come tutti gli eventi politico-militari relativi all’Africa mediterranea fino alla guerra italo-turca risposero alle logiche dello scontro tra potenze europee più che alle dinamiche del colonialismo in senso stretto.

LA RELAZIONE

Prescindendo da qualsiasi argomentazione desunta da documenti diplomatici, il solo esame delle carte della regione dimostra che il confine storico fra la Tunisia e la Tripolitania non  è quello preteso dalla Francia, ma un altro 30 chilometri all’incirca più a ponente; e così pure che la Tripolitania ha un deserto proprio a mezzodì del  Suf algerino; II) l’usurpazione del territorio interposto fra l’antica e la nuova frontiera danneggia la situazione strategica della potenza che sta in Tripolitania, sia pel fatto dell’avvenuta occupazione come per l’usurpazione ulteriore a cui quella ha additata ed aperta la via; III) l’accordo anglo-francese del 5  agosto  1890, pur avendo l’apparenza del rispetto all’hinterland tripolino, lascia alla Francia, all’atto pratico, libertà d’azione verso levante, con grave danno della potenza che è padrona della Tripolitania.


1

Della contrada in contestazione si sono prese in esame nove diverse carte, la più parte francesi, tutte ufficiali meno una, due inglesi ed una tedesca, nessuna italiana. Di tutte si espongono qui, per ordine cronologico, le risultanze in ordine alla vertenza. 
1.°  Chart of the gulf of Kabes, 1838. È questa la carta idrografica dell’ammiragliato inglese (n.  249) sulla quale appare distinta la linea di confine di cui è questione, colla leggenda Boundary between Tunis and Tripoli. Il Mediterranean Pilot (official) la illustra colle seguenti parole: «Within ras el Zarzis is a fort of the same name. A short distance west of the fort is the boundary between the States of Tunis and Tripoli». 
2.° Carte de la Régence de Tripoli, dressée par M. M. Prax et Renou, Paris, 1850 (scala 1 a 2.000.000), la più antica ed una delle più attendibili, perché redatta dietro osservazioni fatte ed informazioni raccolte sul luogo, e perché costruita in un’epoca in cui non eravi alcun interesse a spostare sulle carte le frontiere naturali a scopo politico; reca il confine sud-orientale della reggenza di Tunisi dal forte El Biban sul mare direttamente al Gebel Nekerif. Da questo, continuando per poco nella stessa direzione, volge poi a nord-ovest, quindi a ovest e poscia a sud-ovest, lasciando a settentrione la contrada algerina del Suf. Viene così a comprendere nella Tripolitania un territorio che, per quanto deserto, si estende a nord ovest verso il Suf per circa 180 chilometri da Ghadames, e va verso ponente ben oltre il 3°meridiano orientale di Parigi. 
3.° Carte de la régence de Tunis, dressée au dépôt de la guerre d’après les observations et les reconnaissances de M. Falbe, capitaine de vaisseau danois et de M. Pricot de St. Marie, chef d’escadron d’état major français, étant directeur le colonel Blondel – Paris, 1857 (scala da 1 a 400.000). Questa, che è la prima carta di fonte governativa francese della Tunisia, non porta nessun confine politico né a sud né ad est; ma termina a sud-est col uadi Fissi  (altrove scritto Fessi), oltre il quale, a mezzodì del lago Biban, e precisamente in quella plaga che le carte odierne dello stesso stabilimento del governo comprendono nella reggenza di Tunisi, sta scritto a grandi caratteri Ouled Houeil, e fra parentesi, immediatamente sotto: Tribu de Tripoli. 
4.° Côte septentrionale d’Afrique entre Zarzis et Tripoli; levée en 1871 par le capitaine de vaisseau E. Mouchez, membre de l’Institut; publiée au dépôt des cartes et plans de la marine en 1878; corrigée en novembre 1880. In questa, che è la carta ufficiale idrografica della marina francese, pubblicata un ventennio più tardi della precedente, si scorge l’identica ubicazione degli Ouled Houeil e la loro qualificazione di Tribu de Tripoli. 
5.° Karte des Mittelländischen meeres, Dr. Petermann; edita da J. Perthes Gotha nel 1880 e 1884 (scala da 1 a 3.000.000). Il confine in discorso vi si vede tracciato dalla estremità occidentale del lago Biban alla catena montana del  Duirat, in un punto che dista da Nalut da 70 a 75 chilometri. Il uadi, che scorre a una trentina di chilometri più a levante dell’accennata frontiera, è denominato uadi Segsao in tutto il suo corso. 
6.° Wyld’s Map of Tunis, senza data, ma anteriore al 1886 (scala da 1 a 1.107.532). Porta il  confine tra la Tunisia e la Tripolitania ben definito con una retta che dal forte El Biban attraversando il lago omonimo, va alla catena del Duirat ad un punto presso a poco alla stessa distanza da Nalut indicata sulla carta precedente. Pure come in questa (colla sola sostituzione della z alla s), è nella carta del Wyld detto Zegzao il uadi che scorre più a levante.
7.°Carte des itinéraires de la Tunisie, dressée et publiée par le service géographique de l’armée; due edizioni, 1885-87 (scala da 1 a 800.000). Sull’edizione del 1885 si ritrova per la prima volta la denominazione di Mokta data al uadi, che per lo addietro tutte le carte chiamavano Zegsao, Sigsao, Segzao. Makatà in arabo significa linea, trincea, fossato, ed implica il concetto della frontiera. Moktà, riferisce l’illustre Barth, vale grenzgebiete, ossia «paese di frontiera». Lungo cotesto uadi, un’altra volta Segsao, oggi Mokta, è tracciato il confine politico. 
8.° Carte d’Afrique (F.lle n. 6) publiée par le service géographique de l’armée, 1887 (scala di 1 a 2.000.000). In questa sono naturalmente riportate tutte le novità introdotte nella precedente, uscita dal medesimo istituto governativo. Come però si estende maggiormente in ogni direzione, lascia scorgere tutto l’andamento del nuovo confine; il quale, passando in prossimità di Oezzan, rimasto alla Tripolitania, si dirige al deserto che contorna sino all’oasi di Ghadames, a nord della quale s’arresta, a 24 chilometri dalla città.
9.° Carte de la Tunisie, par le service géographique de l’armée; édition provisoire, 1890 (scala di 1 a 200.000). È questa la carta più recente della Tunisia edita dal Service géographique de l’armée. In essa è ben particolareggiato il nuovo confine partente dal mare a Ras Adjir, seguendo il uadi detto Mokta fino al confluente del Khaoai Smeida e che corre poi verso ponente e quindi verso sud-ovest in modo da lasciare Oezzan alla Turchia, sulla frontiera. Non si può vedere come sia definito il confine più al sud, non essendo ancora pubblicati i due fogli meridionali. In sostanza, conferma il confine dato dalle precedenti due carte pubblicate dallo stesso stabilimento governativo. Soltanto è da notarsi che la distanza lungo il litorale, fra l’antico confine al forte El Biban e il nuovo a Kas Adijr, appare in questa carta ridotta a 25 chilometri. Riepilogando, dall’esame di tutte queste carte evidentemente risulta: a) Che in nessuna di esse, né francese (ufficiale o privata) né tedesca né inglese, anteriori al 1885, si trova segnato l’attuale confine e neppure altro che vi abbia qualche punto di contatto, dal mare alla catena del Duirat. Così pure in nessuna si trova il nome di Mokta applicato al uadi Segsao o Zegzao.
B) Che il territorio considerato nelle carte del service géographique de l’armée 1885-87 siccome appartenente alla Tunisia e perciò soggetto al protettorato francese, è l’identico che nel 1857 dallo stesso stabilimento governativo e nel 1878 dall’analogo istituto della marina, veniva esplicitamente dichiarato «territorio  di Tripoli». 
B) Che la  denominazione di Mokta data dalla carta del service géographique de l’armée (1885-87) all’uadi Segsao, presumibilmente fu intesa a giustificare il tracciamento della frontiera lungo il medesimo. A tale proposito giova rammentare come l’esploratore Barth si sia servito del vocabolo arabo mokta per indicare il paese di frontiera (grenzgebiete) dove egli si trovava, a ponente del forte El Biban. Con ciò, anziché designare la frontiera fra la Tunisia e la Tripolitania lungo l’attuale El Mokta, come si pretese in Francia, egli l’indicava là dove tutte le carte anteriori al 1885 la portavano a El  Biban. Come se tutto ciò non bastasse, si può ancora aggiungere l’avviso del più autorevole geografo vivente, Eliseo Réclus, il quale nel suo volume XI pubblicato alla fine del 1886, quando cioè da un anno era apparsa la carte des itinéraires de la Tunisie, anziché riconoscere la nuova frontiera del Mokta, scriveva a pag. 174: «L’îlot du cordon litoral situé entre les deux passages est occupé par le fortin des Biban ou des portes, ainsi nommé des ouvertures marines qu’il defend; en outre il est aussi la porte de la Tunisie, sur la frontière tripolitaine». Che più? Lo stesso governo della repubblica, quando si sollevarono obiezioni in Italia e a Costantinopoli contro il nuovo confine segnato sulla carta del service géographique de l’armée ebbe a sconfessare quella carta e quel confine4 affermando che non aveva carattere ufficiale. Una tale sconfessione era del resto assurda, perché non si saprebbe davvero immaginare quale altra carta possa avere quel carattere, se non lo si riconosce in una «dressée, gravée et publiée par le service géographique de l’armée, étant chef du service géographique le général Perrier»5 . La Turchia, com’è facile immaginare, non ha riconosciuta la nuova frontiera. Se ne ha una prova nella dichiarazione fatta il 27 novembre 1890 dal governatore generale di Tripoli al reggente il consolato d’Italia. «La Francia – così egli si espresse – oggi tratta per conoscere la nostra linea di confine verso la Tunisia. Ma noi non possiamo aderire a simili trattative, perché sarebbe riconoscere il governo del protettorato. Anzi ho già protestato contro una carta di confine tracciata dal genio francese e che mi fu presentata per la debita ratificazione».


2

Da quanto si è precedentemente esposto, si avrebbero elementi per provare come il confine storico fra la Tunisia e la Tripolitania fosse, sul mare, in vicinanza al forte Zarzis, e nell’interno seguisse, in parte almeno, il corso dell’uadi Fessi. In ogni modo volendo considerare come antico confine quello dato dalla carta francese di Prax e Renou e confermato dal Wyld, dal Petermann e dal Réclus, il confine cioè che dal forte El Biban va alla catena del Duirat ad un punto distante da 70 a 75 chilometri da Nalut, la superficie usurpata misurerebbe all’incirca 3000 chilometri quadrati; senza tener conto, si noti bene, di quanto è avvenuto a libeccio della catena stessa, di cui si dirà in seguito. Ma questo non è il peggior male, poiché si potrebbe dire che una tale distesa di territorio è improduttiva e pressoché deserta. Il danno che sotto il punto di vista strategico deriva alla potenza che è padrona della Tripolitania sta in ciò, che anzitutto il confine tunisino, s’accosta alla capitale di 30 chilometri circa, cioè una tappa; inoltre, che il confine attuale si trova dove è maggiore la distanza dall’altipiano al mare, in modo che la difesa ne riesce più difficile. Fra le altre difficoltà poi a cui l’andamento della nuova frontiera dà luogo, vi è questa principalissima, che la piazza di Oezzan sulla catena di Nafusa, anziché difendere la frontiera stessa, siccome sarebbe suo ufficio, viene col trasporto della medesima a ritrovarsi in posizione eccentrica rispetto a Tripoli, cosicché riuscirebbe agevole a truppe francesi stabilite sin dal tempo di pace sul Mokta, d’impossessarsi appena rotte le ostilità di Nalut o d’altre posizioni sul ciglio dell’altipiano, in quella plaga, tagliando fuori per tal modo Oezzan e tutta la frontiera che si stende a ponente sino al deserto. Sennonché, per quanto sotto il rispetto militare gli accennati inconvenienti sieno gravi, perché non è cosa di poco momento l’accostare alla frontiera la capitale di uno Stato di un milione di chilometri quadrati che si trova già tanto spostata da quella parte, ed altresì perché padrone di Nalut e del ciglio dell’altipiano, il nemico può agevolmente piombare su Tripoli, pure v’ha un altro inconveniente ancora più grave. L’oasi di Ghadames per effetto della nuova frontiera, che contornando il margine orientale del deserto fu condotta a passare appena a 24 chilometri dalla città, si trova ora all’estremo angolo sud-ovest del possedimento turco, mentre altra volta questo si estendeva, come già s’è veduto, a mezzodì del Suf algerino fin oltre il 3.° meridiano orientale di Parigi. Ora, per questa sua posizione e per effetto dell’accordo anglo-francese (come si vedrà in appresso) l’oasi di Ghadames è divenuta un’appendice della Tripolitania, unita alla stessa soltanto a nord-est e ad est. Il trasporto della frontiera verso levante, che lascia esposte le posizioni militari di Oezzan e l’altre sul ciglio dell’altipiano, minaccia pure nella sua esistenza Ghadames. Difatti, quando il nemico sia padrone di Nalut, le comunicazioni della capitale con Ghadames sono in mano sua, e riesce pertanto senza colpo ferire in suo potere Ghadames stesso, accerchiato da ogni altra parte com’è dal deserto francese. Ora, come il possesso di quella importantissima oasi, l’antica Cydamus dei Romani che vi dominarono per 250 anni, punto di partenza necessario delle carovane provenienti da Gabes e da Tripoli e dirette al lago Tciad, al Bornu e al Niger, e quindi centro ed emporio commerciale, è da tempo vivamente ambito dai francesi, si deve scorgere in quell’avanzata di frontiera verso levante, il fine ultimo, essenziale, di disgregare l’unità del possedimento, accostarsi alla capitale, minacciarne le comunicazioni colla sua più importante oasi e ridurla a tale isolamento che un dì abbia a finire per cadere nelle loro mani. La sospensione del tracciato della frontiera6 a 24 chilometri a nord di Ghadames, quale si vede sulla carta del service géographique de l’armée (1887), è un evidente indizio che dai Francesi non si vuol riconoscere il dominio turco appena ad ovest e neppure appena a sud dell’oasi. Gli è questa, nel concetto francese, come una sentinella turca perduta nel deserto, che si molesta, si accerchia, si minaccia, tanto da giungere ad obbligarla a ritirarsi per lasciare ad altri il suo posto. È superfluo il dire che la perdita di Ghadames sarebbe per la potenza che sta a Tripoli un gravissimo colpo, oltreché sotto il punto di vista commerciale anche sotto quello strategico; innanzitutto perché è nodo di comunicazioni allaccianti nientemeno che due mari, il Mediterraneo e il golfo di Guinea, e il bacino interno del Tciad; e poi perché la sua perdita trarrebbe seco quella di tutto il territorio fino alle oasi di Dergi e di Sinaun, alle quali sarebbe in progresso di tempo riservata la stessa sorte. Al quale proposito giova ricordare come nelle sterminate regioni dei deserti africani, le oasi ritraggono dall’acqua che le creò una capitale importanza, giacché fuori di esse non vi è vita; di guisa che a buon dritto possono dirsi i punti strategici del deserto.

3

Fu accennato or ora come l’accordo anglo-francese del 5 agosto sia una minaccia per l’oasi di Ghadames. E difatti quell’accordo riconosce la zona d’influenza francese a sud dei possedimenti mediterranei fino ad una linea determinata da Say sul Niger a Borruva sul lago Tciad, senza che vi sia in nessuna guisa indicato il limite orientale di questa immensa contrada. Soltanto si può dedurlo col riunire il punto estremo orientale del confine dei possedimenti mediterranei con Borruva, sul lago Tciad, avendo cura di lasciare intatti a levante i diritti spettanti alla Porta in forza della dichiarazione di Waddington in risposta alla richiesta (5 agosto) di lord Salisbury. E così la linea verrebbe a riuscire il prolungamento di quella che rasenta l’oasi di Ghadames e che passando a ponente di quella di Ghat o Rath, anche appartenente alla Tripolitania, dovrebbe andare direttamente a Borruva. Or quando si consideri che siamo in pieno Sahara, con distanze enormi, rarissime vie di comunicazione, ancor più radi centri abitati, cioè le oasi; che quindi le notizie dell’interno impiegano mesi a giungere alla costa, quando giungono; che i francesi hanno il diritto, in forza dell’accordo, di stabilirsi sulla sponda occidentale del lago Tciad; che essi hanno proclamato il confine sud-orientale dei loro possessi mediterranei scorrente a soli 24 chilometri dalla città di Ghadames; che la Turchia non ha trovato la vigoria di contestarlo, la Turchia che ne riceve il danno immediato e che si prepara a sottostare alla perdita di Ghadames od almeno, quasi preludio alla perdita, alla deviazione dei commerci tendenti a Tripoli, ai porti francesi; che infine l’oasi di Rhat così lontana ha una dipendenza non certo diretta dal valì di Tripoli; quando si sia considerato tutto ciò, si può chiedere: che v’ha di più facile pei francesi di divenire di fatto poco a poco gli arbitri, se non i diretti padroni e di Ghadames e di Rhat e quindi di tutto l’hinterland tripolitano? Poiché occorre rammentare che in regioni di deserto come queste di cui è questione, il padrone effettivo è chi si trova sul luogo in forze e con denari in modo da disporre dei commerci e delle vie di comunicazione; ed inoltre che la dichiarazione supplementare all’accordo del 5 agosto, non garantisce che i diritti del Sultano, e riesce assai dubbio lo stabilire se siasi voluto comprendere fra questi anche i diritti sorti dalla recentissima teoria dell’hinterland. V’ha anzi molta ragione per ritenere che si sia inteso di salvaguardare soltanto i diritti sui territori riconosciuti parte integrante della Tripolitania, di guisa che pur volendo ammettere il rispetto di quelli per parte della Francia, cioè di Ghadames e di Rhat, nessuna esplicita garanzia si ritrova né nell’accordo, né nella dichiarazione supplementare, che valga ad arrestare i francesi nella loro lenta, pacifica ma costante marcia verso levante, dove oggi possono procedere a sud della Tripolitania, senza incontrare nessuna linea di delimitazione.

CONCLUSIONE

Si è veduto che la Francia ha addirittura abolito l’antica frontiera fra l’Algeria e la Tripolitania (v. Carta di Prax e Renou) dichiarando francese tutto il deserto che si stende a ponente di Ghadames, a mezzodì del Suf algerino, assai prima ancora che intervenisse l’accordo del 5 agosto 1890. Si è pure veduto che ha arbitrariamente avanzato la frontiera della reggenza di Tunisi verso levante ai danni della Tripolitania, col fine di avvicinarsi alla capitale, girare le difese verso nord-ovest sull’altipiano e tagliar fuori Ghadames. Quest’opera di lenta demolizione la Francia l’ha iniziata non appena posto il piede in Tunisia, e la continua. Oggi è la volta di Ghadames. Per ora semplicemente attratto nell’orbita del commercio francese, cadrà necessariamente di poi nelle mani della Francia, e con esso cadranno le dipendenti oasi di Dergi (Derdj) e Sinnaun e la lontana di Rhat. E quando la Francia sarà l’arbitra di tutto l’hinterland tripolino e padrona delle vie carovaniere dal Tciad a Tripoli, e quindi del commercio di tutto quel vasto bacino centrale africano, che ne sarà dell’equilibrio del Mediterraneo? Il potere ottomano ridotto alla regione costiera, diverrà poco a poco una larva di potere anche in Tripoli stesso, finché, alla prima circostanza propizia, non cadrà definitivamente in mano alla potenza che, stringendola da ponente e da sud, ne avrà già l’effettivo dominio. E allora la Francia estenderà il suo non interrotto dominio dall’Atlantico e dal Mediterraneo al lago Tciad su di una sterminata distesa di territorio, quasi un terzo del continente africano. Padrona del litorale dal Marocco all’Egitto, avrà rotto l’equilibrio del Mediterraneo; arbitra del vastissimo paese fra i due mari e il bacino interno del Tciad, giungerà al Uadai, al Darfur, alla valle del Nilo.

Roma, 2 dicembre 1890

Generale L. Dal Verme

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