
Sulla falsa riga della produzione tedesca, il film italiano racconta il risveglio di Benito Mussolini nella Roma odierna, multietnica e drogata di televisione e like sul web.
Un film che esce ad un mese esatto dalle elezioni nazionali. Una messa in scena ambigua che, strappando qualche risata (facile), gioca fondamentalmente sull’ignoranza diffusa e la scarsa conoscenza di quel periodo storico e dell’uomo Mussolini, che ancora divide l’Italia.
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“È uno spaccato della nostra società ignorante – dice Edda Mussolini, nipote del Duce – È una parodia. Ha un finale sospeso, né carne né pesce. Questo dovrebbe far riflettere.”
Ma su cosa si dovrebbe riflettere se si gioca sui soliti ricordi delle legge razziali, delle guerra e di piazzale Loreto? A pochi minuti dall’inizio del film vengono mostrare le riprese dei corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci: “Immagini di cattivo gusto e superflue al fine della storia.” Si potevano infatti risparmiare.
Quelle stesse immagini già definite “macelleria messicana” da Montanelli, sono usate ormai a sproposito come tentativo ipocrita per pulirsi la coscienza. Quello scempio testimonia l’incapacità, ancora oggi, da parte dell’Italia di assumersi le proprie responsabilità. Quell’uomo ha “governato per 20 anni con il consenso – recita Massimo Popolizio-Benito Mussolini – sono morto per assolvere l’intera classe dirigente italiana, anzi l’intero popolo italiano che altrimenti sarebbe stato chiamato ad assumersi le proprie responsabilità per il lungo e caloroso sostegno accordato al mio governo.”
Infatti il Fascismo prese il potere nel 1922, dopo la Marcia su Roma. Benito Mussolini ebbe nel 1924, come Capo del Governo, la fiducia dei partiti democratici, popolari e liberali dell’epoca con 306 voti favorevoli e 112 contrari ottenendo 35 deputati fascisti al Governo.

Edda Negri Mussolini
“Comunque sono 20 anni della nostra storia – prosegue Edda Mussolini – Ci sono stati il bene e il male. Siamo uomini non santi, dobbiamo fare i conti con questo. Sugli errori siamo tutti d’accordo. Ma si deve essere consapevoli e coerenti che non è stato fatto tutto male, come pochi giorni fa ha sostenuto il Presidente Mattarella. Per esempio Cinecittà è stata fatta nel Ventennio, perché allora viene tenuta, mantenuta e ancora utilizzata?”
Infatti la posa della prima pietra avvenne, ad opera del Duce il 29 gennaio del 1936. I lavori terminarono il 28 aprile 1937, dopo soli quindici mesi. I nuovissimi stabilimenti cinematografici vennero inaugurati da Mussolini.
“Non mi è piaciuto che non ci sia stato mai un riferimento alla nonna, Donna Rachele, sua moglie, ma solo a Claretta Petacci.” Stuprata e uccisa per la sola colpa di aver amato un uomo.
Il quadro che emerge è quello di una nazione che stenta ancora oggi a fare i conti con il proprio passato perché è ignorante. Per dirla con le parole di Montanelli: “…un paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa assolutamente nulla e non si cura di sapere nulla, non può avere un domani…”
“Mi ha stupito – prosegue Edda Mussolini – anche quando nel film si pronuncia Dovia di Predappio, con l’accento sbagliato. Non è Dovia ma Dovìa, con l’accento sulla i. Questi sono piccoli particolari con i quali si scade.”
Siamo alle solite, ci si cela dietro la maschera dell’informazione e dell’oggettività, quando invece la scarsa documentazione, accecata dalla faziosità, sciatta e lacunosa mostra chiaramente la strumentalizzazione politica.
“È uno spaccato drammatico della società odierna. Di persone che non leggono, che parlano per slogan, che non conoscono la storia e non sanno chi era mio nonno.”
Facili battute, tratte dai suoi discorsi, fanno ridere la sala ma sono “le solite battute contro, senza obiettività. È stata messa in scena una violenza che non mi è piaciuta. Il nonno non avrebbe mai sparato ad un cane. Quella scena ha creato il gelo in sala. Ma si vuole mostrare un uomo violento e cattivo.”

Si cerca sempre e ancora a distanza di 70 anni di condannare quelle piazze piene, come se quegli uomini non fossero italiani ma solo fascisti. Come se i nostri padri e nonni non fossero essere umani ma, come in una sorta di trasfigurazione solo “fascisti”. Uno scollamento dalla realtà, di negazione grottesca.
“Perché non vengono pubblicate le lettere degli italiani che in quegli anni mio nonno riceveva? Basta andare negli archivi. Sono pubbliche. Ci sono lettere nelle quali gli italiani lo incitavano alla guerra, alla creazione dell’Impero, se no, gli scrivevano, sarebbe stato un vigliacco.”
Nel film si tira in ballo anche la guerra d’Etiopia del 1935-36. I morti e l’uso dei gas, sono il cavallo di battaglia di una visione storica ristretta, usato sempre come grimaldello politico-ideologico post 1968. Ma perché quando si parla di colonialismo e fascismo non si contestualizzano storicamente gli eventi?
“Perché dobbiamo sempre avere una colpa – si domanda Edda Mussolini – le altre nazioni europee in quegli anni cosa fecero? Perché non si dice mai che l’Italia aveva colonie sin da fine dell’800? Perché non vengono ricordate le infrastrutture realizzate in quei paesi, in uso ancora oggi, l’abolizione della schiavitù e la tutela dei lavoratori indigeni?”
Infatti la storiografia ufficiale spesso sorvola su quanto il clima nazionale di quegli anni fosse euforico, al punto da produrre in Italia un effetto straordinario di coesione nazionale: molti esuli antifascisti tornarono in Italia e partirono volontari per quella stessa guerra voluta appunto dal fascismo.
Benedetto Croce e Luigi Albertini donarono alla Patria, per combattere il sanzionismo, le loro medagliette d’oro da parlamentari. La comunità ebraica di Roma alienò oggetti d’oro della Sinagoga principale per contribuire alla conquista fascista dell’Impero.
Infatti siamo ancora nel 1935. Le ignobili leggi razziali vennero promulgate solamente nel 1938. Alla votazione, svolta con scrutinio segreto, presero parte 164 senatori, i voti contrari furono nove, i senatori ebrei non si presentarono a Palazzo Madama. Furono abrogate con due regi decreti del 20 gennaio 1944.
Nel film si fa parlare un’aziana signora ebrea, malata di alzheimer. Davanti al Duce gli ritornano in mente le deportazioni di massa nei campi di concentramento nazisti, ma si scorda, forse sempre a causa della malattia, che le stesse deportazioni avvennero in seguito alla caduta del fascismo, dopo l’8 settembre 1943.

Il film chiude con una battuta di Stefania Rocca, in sfilata su un’auto d’epoca con il Duce su via dei Fori Imperiali, l’ex via dell’Impero realizzata tra il 1924 e il 1932: “Dopo 70 anni non ha più senso parlare di fascismo.”
Esatto. Sono trascorsi decenni e c’è chi si affanna ancora per dei fantasmi che possono rivivere solamente in una commedia o in una realtà parallela di chi li tiene in vita facendo manifestazioni anti-fasciste invece di “pensare al popolo, ai bisogni dei cittadini, al futuro della nazione, al futuro dei nostri giovani.”
Si chiede Edda Mussolini: “Perché i signori dell’Anpi non manifestano per chi non ha il lavoro e per il bene sociale?”
Conclude con un po’ di amarezza la nipote del Duce: “nel bene e nel male, il nonno fa fare soldi anche da morto. Libri, film… In fin dei conti è un film e rimarrà un film, di sicuro successo. Ognuno trarrà le sue conclusioni”.
Come dar torto a Mussolini-Popolizio quando recita: “Eravate un popolo di analfabeti, dopo 80 anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti.”
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di © Alberto Alpozzi – Tutti i diritti riservati
In questo momento ci vorrebbe una persona con il cervello del Duce. Non lo dico perchè sono fascista, ma questa “dittatura legalizzata” ci sta facendo tracollare, Forse ora, in sua presenza e soprattutto senza cadere nella trappola tedesca, potremmo rialzarci in piedi. Come? Puntado sulla nostra autoctonia, mandando a cagare – anche se sarà dura all’inizio – l’Europa.
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