Torino, 11 novembre 1923, Salone de La Stampa. All’interno di un edificio ancora risalente all’Esposizione Internazionale del 1911, quella tenutasi al parco del Valentino per il 50° Anniversario dell’Unità d’Italia, oggi abbattuto, vi fu la colazione di commiato dalle autorità cittadine per Cesare Maria de Vecchi, nominato governatore della Somalia e presto in partenza per la più lontana colonia italiana.
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In quell’occasione il Quadrumviro ricevette in dono dai fascisti torinesi una riproduzione di una daga romana (quella poi visibile sullo stemma de Vecchi) con incisa sulla lama una dedica latina: “Patriam civilibus rixis turbatam, unus cum paucis, ad priscam maiestatem perduxit” (Un solo uomo con pochi altri riportò all’antico decoro la patria vessata da lotte civili).
La partenza avvenne la sera del 14 Novembre dalla stazione Porta Nuova di Torino, due giorni a Roma, poi il 17 verso Napoli, dove nella banchina del porto attendeva pronto a levare l’ancora in serata il piroscafo Milano.
L’8 Dicembre 1923, sotto il sole africano, sbarcava a Mogadiscio il Quadrumviro Cesare Maria de Vecchi, settimo governatore della Somalia. Primo governatore fascista. Vi rimarrà per 5 anni.
Il testo di questo articolo è una rielaborazione di alcuni contenuti del libro “Dubat – Gli Arditi somali all’alba dell’Impero fascista” di Alberto Alpozzi, prefazione Mario Mori, Eclettica Edizioni. Ordina la tua copia inviando una mail a ilfarodimussolini@libero.it
Raggiunto il Palazzo radunò tutti i funzionari coloniali per un discorso che terminò con queste parole: “Da quando ho l’uso della ragione e più che mai da quando servo lo Stato, sono preso da una pena che non so vincere. Quella di constatare che la giornata è composta di sole ventiquattro ore. Ne ho sempre cercata una venticinquesima per poter lavorare anche in quella. Ritengo che lor signori concordino con me nella necessità della stessa ricerca anche in questi paesi, sempre quando apparisca necessaria alla comune fatica dopo di avervi dedicate le altre ventiquattro. Se qualcuno non ritenesse di convenirne potrebbe fin d’ora essere sicuro a sua volta di non convenire a me”.
Seguì la sfilata nel cortile del Palazzo, per ordine di cabila, dei somali che resero omaggio al nuovo Governatore. Dal balcone, con un gesto, si guadagnò il soprannome ancora oggi ricordato a Mogadiscio di “Abu Sef”, il padre della spada. Sguainò la daga romana, quel dono dei fascisti di Torino, e la alzò al cielo. Il gesto venne interpretato come garanzia di forza e giustizia.
di Alberto Alpozzi
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IL LIBRO “DUBAT”:
I dubat, bande armate di confine, furono un corpo militare coloniale d’élite formato dai migliori uomini dei clan somali di tradizione guerriera. Ammirati e temuti per le loro imprese al fianco dell’Italia segnarono la storia della Somalia. Vennero istituiti nel 1924 dal Quadrumviro Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon, governatore della Somalia italiana, per proteggere gli incerti confini dalle razzie abissine e per sequestrare le armi da fuoco che rendevano instabili e insicuri i protettorati nel nord. Comandati e organizzati dal maggiore degli Alpini Camillo Bechis i dubat fronteggiarono i clan riottosi in epiche battaglie che assunsero tutti i caratteri di una vera e propria guerra coloniale, supportata in alcune fasi da una divisione navale e una squadriglia aerea. Il testo ripercorre i combattimenti e le azioni dei dubat narrando l’epopea che portò per la prima volta alla pace e all’unificazione di genti e territori conosciuti oggi come Somalia, un tempo divisi tra clan rivali in costante lotta per la supremazia. Attraverso la voce dei protagonisti ci ritroviamo a vivere nella più lontana colonia italiana seguendo in diretta le operazioni militari. A parlare sono i telegrammi, le relazioni militari e ministeriali, i diari personali, le lettere private e i giornalisti dell’epoca. Centinaia di immagini fotografiche inedite completano il quadro storico minuziosamente ricostruito giorno per giorno. L’analisi dei documenti d’archivio ha portato alla luce trattati coloniali e convenzioni internazionali che non solo hanno ricomposto il contesto socioculturale nel quale maturarono gli eventi ma hanno anche svelato intrighi e traditori, i cui nomi, dopo quasi cento anni possono essere resi noti. Nel libro vengono forniti strumenti e tracce per un’analisi storica della politica coloniale italiana in Somalia e degli obiettivi imperiali nei primi anni del fascismo.
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La daga era un omaggio anche e soprattutto al suo passato di combattente pluridecorato della 1a Guerra Mondiale anche come Ardito Bombardiere. Cesare Maria de Vecchi iniziò la guerra come ufficiale di complemento di artiglieria, ma ad un certo punto passò agli Arditi Bombardieri. Il compito di costoro era portare le bombarde (pezzi a tiro curvo come i mortai ma di calibro superiore) nei pressi dei reticolati e delle postazioni nemiche e poi una volta battutele con un intenso tiro di artiglieria, uscire all’assalto delle stesse. Fra i primi dunque ad esporsi al tiro nemico. Sulla manica dell’uniforme indossata da Cesara Maria de Vecchi durante la Marcia su Roma è possibile vedere lo stemma degli Arditi, una daga appunto, circondata da fronde di alloro.
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