La famosa Guida dell’Africa Orientale della Consociazione Turistica Italiana (l’attuale Touring Club Italiano) si dilunga sulle caratteristiche della strada Massaua-Asmara, ma si fa presto a parlarne bene nel 1938, dopo cinquant’anni che l’Eritrea era italiana e dopo anni di regime fascista che rinnovava ogni itinerario affrettandosi a costruire strade, ponti e gallerie.
Ovviamente, quando cominciammo ad insediarci in Eritrea, non c’era l’ombra di strade: esisteva un fitto reticolo di comunicazioni con l’interno, ma era affidato alle carovaniere, itinerari creatisi spontaneamente dal millenario passaggio di uomini, cavalcature e bestie da soma, essenzialmente cammelli e muletti abissini. Spesso impraticabili nella stagione delle piogge, con pendenze molto forti e curve strettissime, rispettavano soltanto le esigenze minime per permettere in modo rudimentale il passaggio del traffico commerciale.
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Il tutto era aggravato dai tracciati serpeggianti per raggiungere i pozzi o dalle deviazioni verso località remote ma sedi di commerci indigeni e i tempi erano ulteriormente aggravati dal dover far procedere insieme persone eterogenee e spesso litigiose, farle sostare per la notte e poi radunarle ogni mattina per la partenza: le carovane che arrivavano ai porti del Mediterraneo e partivano dall’Africa Centrale erano tanto lente che era possibile organizzarne solo una o due all’anno, passato tutto in viaggio.
E’ evidente che per gli europei il sistema era inaccettabile e che per un esercito moderno occorreva altro. E’ vero che fu presto costruita la ferrovia da Massaua a Saati, ma la nostra presenza richiedeva vere e proprie strade sulle quali potessero transitare i carriaggi militari ed essere trainate le artiglierie.
A maggior ragione le esigenze di trasporto divennero dirompenti quando nel 1897 la capitale della colonia fu trasferita da Massaua ad Asmara con la conseguenza che ai soldati, abituati ai disaggi delle marce o a lunghe permanenze a cavallo, si affiancò il traffico civile di funzionari, borghesi e… signore.
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La risposta era la ferrovia che si stava costruendo, ma i tempi per completarla si prevedevano lunghi.
Fino a quegli anni conduceva ad Asmara solo un sentiero montano che fu percorso da Vittorio Bottego prima del 1890 e che lo definì cattivo, tutto salite e discese, tortuoso.
Per recuperare tempo la strada cominciò ad essere costruita partendo non da Massaua, ma da Saati dove passeggeri, cavalcature e veicoli proseguivano dopo essere stati scaricati dai treni e che solo nel 1901 avrebbero raggiunto Mai Atal e nel 1904 Ghinda.
Si cercò quindi di sistemare il più in fretta possibile il percorso stradale: vi lavorarono operai indigeni, ascari e soldati del Genio. Nel 1891 fu terminato il collegamento fino a Ghinda e nel 1894 fino ad Asmara, tuttavia ci si accorse ben presto che la fretta era stata una cattiva consigliera perché la nuova arteria non superava i tre metri di larghezza e le pendenze erano del 14’%: in molti punti erano impossibili gli incroci e il passaggio di un veicolo era pericoloso dove si fiancheggiavano i precipizi.
Bisognò quindi ricostruirla nel 1901-1904 ma anche così rifatta non la si poteva paragonare neppure ad una strada alpina europea e, nel bassopiano, c’era solo una pista sabbiosa che tra l’altro era priva di ponti sui torrenti che per fortuna erano secchi per quasi tutto l’anno, e infatti negli anni Venti la guida della Consociazione Turistica Italiana precedente a quella del 1938 avvertiva: attenzione nell’attraversare i fiumi; la sabbia arresta talora le macchine... e… la strada sale rapidamente con numerose curve (attenzione ai numerosi risvolti assai acuti).
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Quindi i modernissimi ponti in cemento armato, fra cui quello famoso di Dogali, inaugurato nel 1935, a differenza dei tanti realizzati in Italia in quegli anni non sostituì nessun vecchio manufatto precedente, ma… il nulla.
Se si pensa che la ricostruzione dei quaranta chilometri da Saati a Ghinda costò 4-5.000 lire al chilometro, quando in Italia i costi erano dieci volte tanto, è evidente che si lavorò in stretta economia, anche tenendo conto della minore spesa per la manodopera.
Alla fine, così sistemato, il percorso combinato strada-ferrovia permetteva di viaggiare da Massaua ad Asmara in 18 ore e rese possibile istituire un servizio regolare di diligenze postali che si effettuava ogni due giorni partendo dal capolinea della ferrovia che con il progredire dei lavori veniva gradatamente spostato verso la Capitale.
Già nel 1902 le carrozze a cavalli furono occasionalmente sostituite da qualche corsa di automobile, presumibilmente quella che l’amministrazione ferroviaria utilizzava per ispezionare i lavori della linea, che abbreviava il viaggio di solo mezz’ora, cosa che la dice lunga di come le caratteristiche della strada impedissero ai cavalli-vapore exploit molto superiori a quelli dei cavalli a quattro zampe.
Quando il treno si attestò a Ghinda il servizio su strada divenne giornaliero e il tempo del viaggio si ridusse a dodici ore, permettendo di coprire il percorso durante il periodo di luce, ma la media commerciale restava inferiore ai dieci chilometri orari rispetto a quella “folle” del treno di venti chilometri orari.
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Si andò avanti così per oltre vent’anni finché la crescita dell’automobilismo nella colonia e i preparativi per guerra contro l’Abissinia resero improcrastinabile l’ennesima ricostruzione, ma questa volta la questione fu affrontata in modo radicale e, valendosi anche dei nuovi mezzi meccanici che nel frattempo erano stati adottati per i lavori stradali, fu scelto un tracciato che in molti punti era del tutto nuovo, cercando per quanto possibile di seguire la ferrovia che, già a suo tempo, per i suoi limiti intrinseci, era stata studiata con un percorso meno acclive e tortuoso rispetto alla strada.
Con una carreggiata spesso di larghezza doppia rispetto al passato, tutta asfaltata, fu un’opera realizzata in fretta, ma non frettolosamente, tanto che ancora oggi è l’arteria principale dell’Eritrea. Ma questa è un’altra storia.
di Guglielmo Evangelista
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