15 novembre 1869 viene acquistata la baia di Assab, quella che diverrà poi la prima colonia italiana

Il 15 novembre 1869 l’esploratore Giuseppe Sapeto firmò per conto della società di navigazione genovese Rubattino un contratto per l’acquisto di un’area della baia di Assab, nell’odierna Eritrea. Lo scopo era quello di creare un porto di servizio e un deposito di carbone per le navi italiane affinchè non dovessero dipendere dagli inglesi ad Aden.
La proprietà dell’area passò ufficialmente allo Stato italiano nel 1882. Nel 1890 fu istituita la colonia d’Eritrea, con Regio Decreto 1° Gennaio.

Il testo che segue è estratto da “Il faro di Mussolini” cap. 3 “L’Italia nella nuova via verso le Indie”.
Con l’apertura del canale di Suez nel novembre 1869 le grandi potenze europee iniziarono a guardare al Mar Rosso come nuova via verso le Indie. Nel mentre la navigazione a vapore andava sempre più sostituendosi a quella a vela inducendo quindi le potenze marinare alla ricerca di nuovi approdi e rifornimento lungo la nuova rotta. La nuova via verso le Indie accorciava la durata del viaggio: agli inglesi, per esempio, da 26-28 giorni a 15.
Per i nuovi approdi l’Italia inizialmente pensò all’isola di Socotra nell’oceano Indiano davanti al Corno d’Africa (poi occupata nel 1876 dagli inglesi a tale scopo) ma vemne considerata inadatta. Gli inglesi, dal canto loro, avevano già approntato come scalo Aden, nell’attuale Yemen, che affacciava sull’omonimo golfo all’imboccatura del Mar Rosso, e una volta acquisito il primato non volevano certo perderlo.

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Giuseppe Sapeto

Nel Mar Rosso il governo italiano, non potendo ufficialmente prendere possesso di porzioni di litorale africano, incaricò, per segreto verbale, il missionario ex lazzarista Giuseppe Sapeto di Carcare (Savona) di acquistare la baia di Assab per seimila talleri di Maria Teresa, nel novembre 1869.
Per l’acquisto venne usato il tallero del 1780 in quanto era all’epoca la moneta utilizzata per i commerci internazionali e fu la prima moneta ufficiale dell’Etiopia. Pesava 28 grammi e valeva L. 2,20-2,50. Per essere accettato doveva sembrare appena uscito dalla zecca, non doveva essere rigato, né rotto né levigato e doveva emettere un suono… argentino, cosa che gli indigeni verificavano battendoselo sui denti. Esistevano anche i divisionali da mezzo tallero e da un quarto ma verso la fine dell’800 i divisionali più accettati diventarono le cartucce per fucili, soprattutto la Gras della SFM “Société Française des Munitions” però anche qui con riserva; gli indigeni verificavano scrupolosamente che la capsula fosse integra, il colletto non avesse deformazioni, la listerella di carta che teneva insieme la pallottola e il bossolo fosse integra e che il riempimento fosse perfetto, cioè non doveva emettere alcun rumore scuotendolo. Un editto imperiale del 24 settembre 1931 fissò poi il cambio dei divisionali in 16 mahalik (piastre) e 32 besa per un tallero, all’epoca valeva L. 5,10, sceso poi a L. 4,10 nel 1932.
Incaricati della consegna dei seimila talleri insieme all’ex religioso Sapeto, il contrammiraglio, seppur in borghese, Alfredo Acton e il buon commerciante Raffaele Rubattino. Sapeto aveva dismesso l’abito talare nel 1862 e non era certo quello che potremmo definire uno stinco di santo: di imprese simili ne aveva già portate a termine sotto la bandiera francese grazie ad intese dirette con Napoleone III.
L’ex religioso, barba lunga e turbante, aveva già esposto un suo progetto coloniale nel 1866 alla Camera di Commercio di Genova e lo propagandò così tanto che riuscì nel 1869 a farsi ricevere da Re Vittorio Emanuele II il quale gli fece incontrare il giorno dopo il Ministro degli Esteri Menabrea ottenendo l’incarico di “scegliere il luogo più conveniente, sotto l’aspetto militare e commerciale, a stabilimento di colonia”.

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Planimetria del porto di Assab. Da mappa di fine 800

L’ex lazzarista con turbante in Italia era quello che potremmo definire il maggior esperto dell’Abissinia. Era stato inviato già nel 1862, su incarico del nostro ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio, nel Mar Rosso per compiere studi circa i possibili vantaggi dell’apertura del Canale. Da ricordare che fu proprio lui che nel 1867 indusse la Marina Italiana a dare l’incarico al Capitano di fregata Bertelli, comandante del Fieramosca, di effettuare una delle prime uscite dalle acque nazionali per esplorare il Mar Rosso ed in particolare le isole Dahlak.
Giunto a destinazione, a bordo del Nasser Megid, una delle prime navi ad attraversare il canale di Suez, l’esperto di “cose africane” acquistò da due sultani Dankali dell’Aussa Berehan, i fratelli Ahmad, e per conto di Raffaele Rubattino di Genova, amico di Nino Bixio, una porzione di costa proprio davanti allo stretto di Bab el-Mandeb, la porta delle lacrime, nome dovuto alla pericolosità delle acque.
Rubattino, senza barba ma con sguardo severo, era il medesimo che diede nel 1857 a Carlo Pisacane il vapore Cagliari per la spedizione di Sapri e che “si fece rubare” nel 1860 da Giuseppe Garibaldi le navi Piemonte e Lombardo per la spedizione delle mille camicie rosse.
Dieci anni dopo il “prestito garibaldino”, nel marzo 1870, con il piroscafo Africa comandato dal baffuto Ammiraglio Acton, ma in borghese, Rubattino iniziava quindi la nuova rotta per le Indie da Genova a Bombay, allargando così anche gli interessi commerciali della sua attività fino all’Abissinia.
Dal 12 marzo 1870 il Tricolore sventolò per la prima volta in terra d’Africa salutato da una salva di 21 colpi di cannone del piroscafo Africa.
Rubattino, con successivi contratti stipulati il 30 dicembre 1875 e il 24 maggio 1880, personalmente finanziati da Vittorio Emanuele II, acquistò prima l’arcipelago Darmakieh e dopo tutte le altre isole comprese nella baia di Assab dal capo Lumah, a nord, al capo Synthiar, a sud, e tutto il litorale compreso tra i due promontori. Rubattino entrò così in possesso di un tratto di costa lungo 66 km e largo dai 2 ai 6 km comprendente i villaggi di Alali, Macaca, Assab e Margableh.

Testo estratto da “Il faro di Mussolini” di Alberto Alpozzi. Ordine a ilfarodimussolini@libero.it

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