Civiltà, razza e colore della pelle. Ecco cosa ne pensava C.M. de Vecchi, governatore della Somalia

Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon, Quadrumviro della Marcia su Roma, fu il primo governatore fascista della Somalia. Amministrò la colonia dall’8 Dicembre 1923 al 1° Giugno 1928.
In cinque anni “aveva raggiunto tutti i suoi obiettivi […] Quando il de Vecchi se ne andò, poco prima della firma del trattato di amicizia con l’Etiopia nel 1928, lasciò dietro di sé una colonia modello. Era stato particolarmente abile a ristrutturare le forze armate sia quelle regolari che quelle irregolari” 1.
Infatti il de Vecchi non solo aveva creato la Somalia, quale oggi conosciamo, ma l’aveva totalmente pacificata e portata tutta sotto il Tricolore, riunendo tutti i Sultanati e le diverse cabile, precedentemente in lotta tra loro. Aveva creato i dubat, le bande armate a protezione degli incerti confini con l’Impero d’Etiopia, e aveva rilanciato il comprensorio agricolo di Genale con grandi investimenti supportano l’imprenditoria privata.

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Mogadiscio. Somali salutano il Governatore de Vecchi di Val Cismon

Ma dopo la sua esperienza coloniale che idea si era fatto della popolazione somala?
Al termine della suo mandato in Somalia il de Vecchi ricorderà: “La gente che abita quella terra è buona, fisicamente prestante nella vita, nelle caviglie e nei polsi sottili, nel corpo slanciato ed eretto, nelle linee correttissime del volto di puro tipo camita; nella acconciatura che avviluppa il corpo cadendo in pie­ghe elegantissime, nell’andatura eretta a piombo solenne e pacata specialmente nella donna di razza pura, nobili o bilisse. […]
I Somali di razza pura hanno una loro bella linea morale ed un buono stile nel tratto. Sono Signori. L’animo umano è quale Iddio l’ha dato alla umanità e vivendo per vari anni in questa terra io mi sono convinto che se lo Stato di civiltà può essere diverso nel mondo fra l’una razza, se si può acquisire del tempo l’una o l’altra abitudine, l’una o l’altra stratificazione di conoscenze o di sapienza l’animo dell’uomo è sempre uguale qualunque sia il colore della pelle, qualunque sia la condizione civile dei popoli o degli individui”.

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Mogadiscio. Il Governatore de Vecchi decora personalmente un capo cabila con le insegne dell’Ordine Coloniale della Stella d’Italia

Scriverà ancora anni dopo, nel 1941: “Oggi la Somalia non può andare disgiunta dall’idea del dubat, figlio di una gente che ha saputo, attraverso le vicende millenarie, restare etnicamente pura; di una gente che ha fatto del principio razzista la sua legge sociale e politica per la preservazione delle sue alte qualità morali e fisiche […] Storia di una razza che, avendo avvertito all’inizio delle sue vicissitudini africane il pericolo della contaminazione con razze inferiori, ha saputo con il costume, la legge, il rito, rappresentandosi atto immondo il misto connubio, evitare la degenerazione, e con la coscienza della propria superiorità sulle popolazioni autoctone vincerle in guerra, assoggettarle o disperderle. In questa coscienza di razza, su questo fondamento che le più alte qualità fisiche e morali sono legate alla composizione del sangue, sta tutto il segreto della gente somala, che si rivela nel costume e nei suoi ideali di vita. Neppure l’islamismo, tardivamente abbracciato, ha potuto, nella sua concezione egualitaria delle razze, incidere sul costume dei somali che ancor oggi guardano con dispregio l’arabo che ha loro portato la religione del Profeta, ma pratica l’usura e rimane a commerciare nei centri costieri. Come nelle vecchie carte che le regioni inesplorate segnavano con hic sunt leones, sul grande sperone d’Africa dal golfo di Tagiura all’Oltregiuba, dove vivono e prosperano sotto l’egida dell’Italia fascista i somali pastori, riuniti e pacificati per virtù del loro stesso valore, si potrebbe oggi scrivere con alto traslato a esaltazione della loro razza e a glorificazione dell’Impero di Roma, hic sunt dubat2.

di Alberto Alpozzi – Tutti i diritti riservati
Il testo dell’articolo è una rielaborazione di alcuni contenuti del libro “Dubat – Gli Arditi somali all’alba dell’Impero fascista” di Alberto Alpozzi, prefazione Mario Mori, Eclettica Edizioni

Mogadiscio. Il saluto degli indigeni al Governatore durante la sua visita alla moschea Giama

NOTE
1. Mockler A., Il mito dell’Impero, Rizzoli, Milano, 1977
2. De Vecchi di Val Cismon C.M., Africa Italiana, Pubblicazione Mensile dell’Istituto Fascista dell’Africa Italiana, Roma, Gennaio-Febbraio1941, n° 3-4

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IL LIBRO “DUBAT”:
Il testo prende le mosse dalle gesta dei Dubat, letteralmente “turbante bianco”, guerrieri somali che proteggevano gli incerti confini della Somalia dalle razzie abissine. Si tratta di una ricerca volta ad approfondire la storia coloniale della Somalia e del nuovo assetto politico negli anni Venti del 900. I dubat vennero fondati nel 1924 dal Quadrumviro Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon, Governatore della Somalia (1923-1928) e organizzati dal maggiore degli Alpini Camillo Bechis, entrambi piemontesi. I dubat, o bande armate di confine secondo la denominazione militare, costituirono un nuovo corpo di soldati coloniali d’élite alle dirette dipendenze del Governatore totalmente slegato da Roma e dal comando del Regio Corpo Truppe Coloniali. Furono protagonisti ed eroi delle operazioni militari per la pacificazione dei Sultanati del Nord Somalia (1925-1927) contribuendo alla prima creazione della nazione che oggi conosciamo con il nome di Somalia. Prima di allora la “Somalia”, come entità statale, non esisteva. Frammentata in regioni e clan in guerra costante tra loro non aveva mai conosciuta la pace. Attraverso le imprese dei dubat e della politica coloniale e “romana” del Governatore de Vecchi di Val Cismon approfondendo il panorama sociale, politico e militare si restituisce un capitolo storico poco noto. La lettura storica, basata esclusivamente su documenti, risulta un completamento del periodo esaminato. Vengono poste in luce le motivazioni sociali, storiche e politiche del colonialismo italiano per comprendere come e perché questi guerrieri somali lavorarono e combatterono spalla a spalla con gli italiani.

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One thought on “Civiltà, razza e colore della pelle. Ecco cosa ne pensava C.M. de Vecchi, governatore della Somalia

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