Accordo di pace Eritrea-Etiopia. Le truppe di Asmara lasciano il confine

Dopo vent’anni di guerra e facendo seguito alla storica «dichiarazione congiunta di pace e amicizia» tra Etiopia ed Eritrea, siglata il 9 luglio, il governo di Asmara ha ritirato le sue truppe dal confine con l’Etiopia. Un atto concreto per il processo di riconciliazione che arriva a conclusione dell’accordo di pace.
Eritrean ArmyL’intesa è stata firmata dal premier etiope Abiy Ahmed, in carica da aprile, e dal dittatore eritreo Isaias Afewerki: «È imperativo per tutti coloro che tengono alla stabilità di lungo periodo e alla sostenibilità economica della regione di fare tutto ciò che possono per aiutare i due Paesi ad andare oltre la guerra senza senso che ha causato così tanta sofferenza ad entrambi i popoli», ha riportato l’agenzia stampa eritrea.
L’accordo prevede tra l’altro la riapertura delle rispettive ambasciate nei due Paesi, il ripristino di tutti i collegamenti, aerei, marittimi e ferroviari, prima interrotti e soprattutto possibilità per l’Etiopia, priva di sbocchi sul mare, di tornare a usare i porti sulla costa eritrea, creando al contempo nuove entrate per l’Eritrea.
Il primo volo di linea Addis Abeba-Asmara dell’Ethiopian Airlines di mercoledì scorso ha permesso il ricongiungimento di molte famiglie separate a causa del conflitto. Infatti prima della guerra l’Etiopia aveva espulso più di 70.000 eritrei e l’Eritrea aveva fatto lo stesso.
Il riavvicinamento tra i due Paesi è frutto di mesi di lavoro dell’Onu e dell’Unione Africana, sostenuti anche dagli Stati Uniti, sede dei colloqui dello scorso aprile con i rappresentanti di entrambe le nazioni.
Ruolo chiave anche per l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, che recentemente hanno offerto ad Isaias Afewerki ingenti fondi per l’economia e le infrastrutture.
Con la fine della disputa per i confini l’Eritrea potrebbe iniziare l’estrazione di potassio nelle zone contese mentre l’Etiopia potrebbe avvantaggiarsi sui suoi movimenti ribelli, che resterebbero privi di una base da cui attaccare.
Per il regime eritreo però i nuovi sviluppi potrebbero contenere degli elementi di rischio: la pace significa anche non avere più l’alibi della «minaccia alla sicurezza nazionale» per negare i diritti individuali alla popolazione ed inoltre l’eventuale fine del servizio militare obbligatorio, proclamato “necessario” a cause del conflitto, rischia di creare decine di migliaia di disoccupati.
Ora si attendono notizie circa la scarcerazione dei prigionieri politici e chissà, magari, anche elezioni libere…