Quando essere padre del comunismo permette di essere razzista e colonialista

Durante la sua vita scrisse però dei testi, poco noti oggi, che non furono solo colonialisti, ma anche razzisti.
Ad esempio il 22 gennaio 1848 (stesso anno in cui venne pubblicato “Il manifesto del Partito comunista”) scriveva sul «The Northern Star» a proposito della conquista francese dell’Algeria: “In fin dei conti, secondo la nostra opinione è veramente di buon auspicio che il capo degli arabi sia stato catturato […] la conquista dell’Algeria è un evento importante e felice per il progresso della civiltà.”
Lo scritto di Engels “apertamente colonialistica – secondo Hosea Jaffe – corrisponde anche col suo appoggio continuo e rinnovato, sia pur nel nome della «necessità storica» o del «progresso delle nazioni», all’emigrazione europea. Nel caso dell’Algeria il movimento era verso una nazione africana.”
In Italia, pochi anni dopo, con il primo acquisto coloniale nel mar Rosso, che diverrà la colonia d’Eritra, il 1° gennaio 1890, Antonio Labriola (uno dei fondatori del marxismo in Italia e corrispondente di Engels) scrisse al suo parlamentare di riferimento, Alfredo Baccarini, una lettera pubblicata il 15 marzo da «Il Messaggero» intitolata “La terra a chi la lavora. La colonia Eritrea e la questione sociale”. Nella lettera chiedeva di proporre una legge che desse ai contadini italiani la proprietà sulle nuove terre in Eritrea. Pasquale Martinetti, suo collaboratore, scrisse allora a Engels per avere una sua opinione sulla nuova questione coloniale italiana.
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Engels così rispose:

Noi socialisti, senza scrupoli di coscienza, possiamo quindi appoggiare l’introduzione della piccola economia contadina nelle colonie già fondate. […] chiedendo per esempio con insistenza al governo che nelle colonie vengano garantiti ai contadini italiani che emigrano gli stessi vantaggi che essi cercano e generalmente trovano a Buenos Aires […].
Se poi il collega Labriola abbia da ridire su questo – crediti di Stato per gli emigranti in Eritrea, colonizzazione da parte di società cooperative e altro – non mi riesce di capirlo dall’articolo de «Il Messaggero».”
Questa lettera, conservata alla British Library di Londra, saltò fuori solamente nel 1996 in occasione delle celebrazioni della vittoria dell’esercito etiope sul Regio Esercito ad Adua, nel 1896.
E sulle nuove popolazioni con cui gli europei entrarono in contatto cosa scriveva Engels?
La «razza» stava sempre più diventando patrimonio comune del «sapere» e della pratica prima e durante i tempi di Engels, ma essa era intrinseca al sistema capitalistico-coloniale che Engels da un lato, seguendo Marx, dissezionava scientificamente, ma dall’altro accettava come «necessità storica».
“La razza stessa è un fattore economico” scrisse nel 1894 in una lettera a H. Stokenberg. Non che egli fosse un seguace di Friedrich Max Muller, il padre dell’arianesimo europeo, tuttavia accettò il concetto di «razza» e l’affermazione indubbiamente gli tornò utile per il determinismo economico.
Inoltre Engels, convinto della “necessità storica” del capitalismo, fece sempre osservazioni razziali derivanti dal pregiudizio colonialistico:
“I mori sono probabilmente i meno rispettabili tra gli abitanti” (Discorso sull’Algeria, 1857).
“…e qualunque sia la superiorità morale degli europei nei confronti degli indù, ci si può chiedere se la superiorità fisica di questi ultimi nel sopportare il caldo e le piogge di un’estate indiana non possa essere loro d’aiuto per piegare di nuovo le forze inglesi” (New York Tribune, n° 5361, 26 giugno 1858).
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Per approfondire l’argomento si suggerisce la lettura di “Davanti al colonialismo – Engels, Marx e il marxismo” di Hosea Jaffe.
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Per ché a nessuna parte dice che questo stronzo erano un ebreo?
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Perché è irrilevante dal punto di vista storico. In discussione sono le sue affermazioni non il suo credo religioso
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