23 ottobre 1942, El Alamein. La Folgore entra nella leggenda

El Alamein_Folgore_Paolo Caccia DominioniIl 23 ottobre 1942 ad El Alamein si combatté la madre di tutte le battaglie e i paracadutisti della Folgore entrarono nella leggenda.
Quel giorno gli inglesi con i loro alleati scatenarono l’offensiva decisiva contro le linee italo-tedesche in Africa settentrionale, lungo un fronte di 15 km difeso dalla Divisione Paracadutisti Folgore.
L’Ottava Armata inglese schierò la 7a Divisione corazzata, i Desert Rats, veterani di della guerra d’Africa, e tre divisioni di fanteria, per un totale di circa 50.000 uomini, 400 pezzi di artiglieria, 350 carri armati e 250 blindati con ingenti scorte di munizioni, viveri ed equipaggiamenti.
Gli italiani schierarono circa 3.500 paracadutisti, più 1.000 uomini provenienti dal 31° Battaglione Guastatori d’Africa e da un battaglione di fanteria della Divisione Pavia, 80 di pezzi d’artiglieria e 5 carri armari. Scarse le munizioni, gli equipaggiamenti, e i viveri.
I rapporti di forza erano di 1 a 13 per gli uomini, 1 a 5 per le artiglierie, 1 a 70 per i carri armati.
I paracadutisti respinsero ogni tentativo di sfondamento e inflissero agli inglesi gravi perdite, che però pagarono con circa 1.100 tra morti, feriti e dispersi. La resistenza italiana si protrasse per una settimana costringendo i comandi inglesi a sospendere ogni altra iniziativa su quella linea del fronte. Il 2 novembre, con l’ordine di ripiegamento, la Folgore abbandonò le posizioni, con la sua linea di resistenza era ancora intatta. I superstiti della Divisione si sarebbero poi dissolti nel corso della tragica ritirata nel deserto.
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di © Alberto Alpozzi  – Tutti i diritti riservati
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El Alamein_Paolo Caccia Dominioni (6)

La BATTAGLIA DEL GRANDE NORD narrata da Paolo Caccia Dominioni in “Alamein 1933-1962”, Longanesi..

El Alamein_Folgore_Paolo Caccia Dominioni 2Fronte di Alamein, ottobre 1942 – Da alcune settimane il capitano Giacomo Guiglia, capo del servizio intercettazioni, s’era accordato con l’amico Sillavengo per un incontro di calcio tra le squadre dei propri reparti, e l’incontro è avvenuto il 13, presso il caposaldo Gabriele Quinto, a soli otto chilometri dalla prima linea, trasformato per l’occasione in arena sportiva. Una folla di spettatori è accorsa a vedersi l’inatteso spettacolo, con la facile fiducia che in guerra si crea quando i soldati hanno deciso che la giornata è definitivamente calma. Ma Guiglia e Sillavengo erano inquieti, e impazienti che la partita finisse presto e che lo spiazzo centrale del caposaldo si vuotasse prima che un paio di Hurricane lo trasformassero in carnaio. Più di mille uomini concentrati sulla sabbia costituivano un bersaglio visibile, dall’alto, anche a venti chilometri, ma la RAF non si era fatta vedere.
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I guastatori del 31°, che giocavano «in casa», avevano vinto per cinque a uno. Intanto Sillav vengo aveva ascoltato dalla parola più che autorevole dell’amico una critica al comandante superiore, Stumme, che non s’era affrettato a mutare lo schieramento difensivo ereditato da Rommel. S’era rimasti con l’infelice dispositivo iniziale per la corsa dei sei giorni, in agosto. Guiglia riteneva che i tedeschi si aspettassero uno sbarco nel Marocco, e che volessero impedirlo con una nuova offensiva proprio su questa fronte: e diceva che Stumme ? Un gran soldato da Russia e da ghiaccio, ma di Africa e di sabbia poco si intende. La confidenza tra i due amici permette una conversazione cosi delicata. E parlando di un’altra Africa, essi El Alamein_Paolo Caccia Dominioni (5)ricordavano la comune avventura della marcia su Gondar, nella primavera del 1936, quando si incontrarono. Sillavengo vi giunse con la primissima pattuglia dei suoi ascari e del 3° bersaglieri: ma non sarebbe toccato a lui, perché la colonna parallela, proprio la III brigata eritrea dove Guiglia stava con una batteria indigena, fu bloccata da un ordine di Starace al generale Cubeddu. Questi dovette fermarsi: l’ordine diceva che a Gondar bisognava entrarci assieme, per dare il gran colpo finale alla marea armata di ras Immirù. Ma la marea non c’era per nulla, era stata già allontanata: e Cubeddu aveva su Starace un vantaggio di almeno dodici ore, che bisognava annullare per il prestigio del partito e del suo segretario generale. Così i primi due uomini a raggiungere Gondar furono il bersagliere Angelo Quarello della decima compagnia e il capitano Sillavengo, che trovarono i sedici ascari dell’abbandonato consolato d’Italia in uniforme, marzialmente schierati per rendere gli onori ai nuovi arrivati. Non v’era proporzione tra la desiderata epopea, le medaglie da distribuirsi e la indeformabile banalità dei fatti. I quali, visti da Gabriele Quinto, nell’ora tragica del momento, sembravano davvero una finzione burlesca.
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El Alamein_Paolo Caccia Dominioni (4)I due amici non s’erano lasciati senza accennare a una prossima «grande partita» di natura ben diversa: e Guiglia aveva riparlato di questa assenza della RAF, mostrando il cielo insolitamente vuoto e dicendo: «Gran brutto segno».
E gran brutti segni hanno recato a Guiglia le giornate seguenti. Le intercettazioni rivelano una grande diminuzione di comunicazioni radio presso il nemico, senza giungere al completo «silenzio radio» che è il sintomo più immediato della vicina azione. Si ha una sensazione di intensa attività verso le alture dello schieramento meridionale, Oaret el Homar, Somaket Gaballa: i messaggi in quella direzione sembrano dei «riempitivi», tanto per far rumore: prevale il messaggio X 279 che significa, nel frasario convenzionale nemico, «sospendo e richiamerà». Anche la ricognizione aerea è più intensa verso sud: forse ci si vuol far credere che quella sarà la zona principale d’attacco.
Ma il 21 scorso, nella cornice di giornate placide, avviene una serie di incursioni furiose sulle basi aeree più avanzate, specialmente a Fuka dove il IV stormo subisce una vera distruzione. Poi calma di nuovo. I sintomi rilevati da Guiglia aumentano, la sua sensibilità si esaspera. Il 23 all’alba decide di lasciare Uadi Nagamish e di percorrere tutto lo Schieramento in linea, accompagnato dal capitano Maderni. La sua vettura corre rapida sulla Pista Bianca, poi sulla Pista Rossa e sulla Pista dell’acqua, saettando nelle traverse per raggiungere i vari comandi; ed egli dice a tutti: «Non è questione di giorni, ma di ore». Ma tutti, specialmente i tedeschi, che pure hanno per Guiglia la più ammirata considerazione, sono scettici. «Non bisogna ‘esagerare», dicono. Guiglia e Mademi, a sera, rientrano, più ansiosi e preoccupati di quando erano partiti.
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8 thoughts on “23 ottobre 1942, El Alamein. La Folgore entra nella leggenda

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