Il 15 ottobre 1935 in Tripolitania, per volere di Italo Balbo, iniziava la costruzione della strada Litoranea che percorrendo 1.822 km avrebbe collegato la Tunisia con l’Egitto attraversando interamente la Libia. Elemento di sicurezza militare, progresso economico e civile, supportò la nuova intensità di traffico e incrementò il turismo della colonia.
L’Italia fascista con il R.D.L. 14 marzo 1935, XIII n. 545 costruendo la nuova strada, atta a sopportare un traffico intenso e pesante, risolse il problema delle comunicazioni costiere e fu “uno dei più importanti passi – scrive l’architetto Mofawak Hawas nella prefazione del dossier “Romanamente vol. 25” dedicato alla costruzione della Litoranea – verso l’unificazione di questa terra che oggi si chiama LIBIA. Questo progetto è un elemento fondamentale nella storia della Libia: la patria è stata unita dopo essere stata separata geograficamente in Cirenaica e Tripolitania”.
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Basti pensare che il Golfo della Gran Sirte era sprovvisto di strade creando una cesura fortissima tra le regioni e “fu con questo progetto – prosegue Mofawak – che tutta la vita sociale ed economica, incrociando questa strada, è diventata effettivamente quello che oggi è la nazione “Libia”. Questa è l’arteria che trasporta la linfa vitale tra Oriente e Occidente”.
Venne costituito a Tripoli con D.L. 30 maggio 1935, un ufficio speciale del Genio Civile per lo studio dei progetti e la sorveglianza dei lavoro. Come Capo Ufficio fu nominato l’ing. N. Troilo che seguì le direttive stabilite dal Governatore stesso: tempo massimo per il costruzione della Litoranea non superiore ai 12 mesi senza superare la spesa prevista di L. 103.000.000, l’esecuzione dell’opera: una strada di 7 metri di larghezza, dei quali 5 bitumati, e 2, uno per lato, di banchina da affidarsi non a una sola ditta, ma ad un congruo numero di imprese, ognuna delle quali avrebbe dovuto, contemporaneamente alle altre, iniziare la costruzione del proprio tronco.
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Gli 800 chilometri previsti per lo sviluppo complessivo della Litoranea vennero quindi suddivisi in 16 tronchi da affidare ad altrettante ditte.
La spesa, per i rispettivi tratti, sarebbe stata quindi sostenuta dai Governi della Tripolitania e della Cirenaica con le normali dotazioni di bilanci cioè il Governo della colonia avrebbe provveduto per conto proprio al finanziamento dell’intera opera senza interessare il bilancio dello Stato Italiano.
Nel gennaio 1936, nel pieno sviluppo dei cantieri della Litoranea, erano impegnati al lavoro oltre 5.000 operai libici di cui 400 nazionali. La giornata lavorativa, sia per gli indigeni sia per i nazionali era di 10 ore, lavorando anche la domenica. Si registrarono complessivamente 330.000 giornate lavorative di operai nazionali e 4.180.000 di operai indigeni.
Con decreto 4 maggio 1936 n. 8277, vennero fissati i contratti tipo di lavoro per gli “operai italiani e libici – sottolinea Hawas – cui furono garantiti i propri diritti.”
La progressione media giornaliera nella costruzione della strada fu quasi sempre costante con 200 metri al giorno con una spesa media di L. 120.000 al km.
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I macchinari e i mezzi d’opera impiegati per la Litoranea furono imponenti:
65 rulli compressori, 37 bitumatrici, 50 frantoi e granulatori, 35 motopompe e compressori, 130 autocarri, 15 soffiatrici, 35 automobli, 60 carri-botte, 9 autotreni, 1 escavatore, 4 trattori, 25 locomotive per decauville con 1.285 vagonetti per 130.000 ml. e 2 impianti di fabbricazione emulsione.
“In questo progetto – spiega Mofawak – libici e italiani hanno affrontato condizioni ambientali difficili e le difficoltà di lavorare insieme e le hanno superate uniti affinché questa terra diventasse un tutt’uno e una patria per chi la abita, a prescindere da chi la governa politicamente”.
La difficoltà maggiore si riscontrò nell’organizzazione della vita degli operai, in zone che, spesso, per centinaia di chilometri, erano prive di qualsiasi segno di vita umana, non avevano sorgenti o pozzi d’acqua potabile o addirittura sprovviste di qualsiasi risorsa idrica. La distanza dai pozzi d’acqua potabile raggiunse i 40/60 km., e quella dai centri abitati i 200/250 km.
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Si crearono dei veri e propri nuclei di città nomadi, di migliaia di abitanti, che si spostavano via via che il lavoro procedeva, con le macchine, gli attrezzi, gli animali, i magazzini e i viveri dei vari cantieri.
Le Imprese furono obbligate a fornire gratuitamente nei cantieri l’acqua sufficiente a soddisfare le necessità degli operai.
Il trasporto degli operai, dal luogo dell’ingaggio al luogo del lavoro era a carico delle Imprese. E tutte le maestranze furono ingaggiate su base volontaria ed erano protette da regolari contratti.
Conclude la prefazione Mofawak: “La LITORANEA LIBICA è anche la rappresentazione di come il lavoro riunisca i popoli.”
di Alberto Alpozzi
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Per la collana storico-coloniale “Romanamente” esce il 25° dossier. Un numero speciale di 110 pagine con 150 immagini dedicato alla costruzione della litoranea libica nota anche come “Balbia”. “Uno dei più importanti passi verso l’unificazione di questa terra che oggi si chiama LIBIA – scrive l’architetto Mofawak Hawas nella prefazione – questo progetto è un elemento fondamentale nella storia della Libia: la patria è stata unita dopo essere stata separata geograficamente in Cirenaica e Tripolitania”.
Tutta la costruzione della LITORANEA LIBICA detta “BALBIA”: la storia, la realizzazione, i cantieri, le macchine, le maestranze, le case cantoniere, le case di ristoro e l’Arco dei Fileni progettato dall’architetto Florestano Di Fausto! Consueto grande formato A4 (21×30 cm)
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