21 Luglio 1921, Sarzana. 100 anni fa la strage nelle memorie di un colono in Somalia

Dante Saccani era un concessionario agricolo in Somalia. Si trasferì nella colonia italiana nel 1924. Possedeva, insieme ai cugini, un terreno nella zona di bonifica di Genale. Prima fu un Ardito nella grande guerra:
“…tre volte ha visto la morte in faccia, tre volte.
– La prima volta è stato a Gorizia. Sella di Dol.
– Camminamenti – trincee – reticolati.”

Poi fu un fascista della prima ora. La morte la vide la seconda volta “nel 1921, in una calda e tragica giornata d’estate, a Sarzana.” Cento anni fa. Era il 21 Luglio 1921.

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Ecco (sotto l’immagine) la narrazione di quei momenti, estratti dal romanzo coloniale “I prigionieri del Sole”, edito da Eclettica Edizioni, a cura di Alberto Alpozzi.
“I prigionieri del sole – Vita dei concessionari di Genale” scritto da Dante Saccani venne pubblicato a puntate nel 1939 sulla rivista L’Italia d’Oltremare. Subì diverse censure e mai venne pubblicato interamente. Oggi per la prima volta questo romanzo coloniale è stato editato interamente con tutte le parti tagliate durante il Ventennio e con l’aggiunta di tre capitoli totalmente inediti. Una magnifica edizione illustrata di 236 pagine, con più di 60 immagini e commentata da più di 200 note. Il testo originale, mai pubblicato, è preceduto da un capitolo di analisi, dall’inquadramento storico e geografico.

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“– Scendere concitato dal treno. Piccoli gruppi di fascisti raccolti sotto la breve tettoia, nella piccola sala, nell’alberato piazzale.
– Fascisti di Carrara dai volti abbronzati.
– Fascisti di Pisa, pallidi sottili studenti.
– Fascisti di Lucca, operosi e semplici.
– Fascisti di Firenze, lieti e fecondi.
– Fascisti della Spezia, taciturni e seri.
– Fascisti della Versilia assolata e dell’aspra Lunigiana.
– Viale della stazione – ville appisolate nei recinti giardini.
– Giovani e giovanissimi dallo sguardo limpido, dal sorriso sereno, avanti e indietro fiduciosamente per entrare nella città silenziosa.
– Non vogliono niente: un nome. Chiamarlo sotto le mura della sua prigione.
– No.
– Soltanto portargli il saluto dei compagni, la voce dei fedeli.
– No.
– Sono ragazzi appassionati che vogliono salutare un capo
– lasciateli entrare, sono disarmati e non faranno nient’altro che cantare la loro canzone di Giovinezza1.
– Una mano s’alza, un impercettibile segno che pochi vedono, e la raffica scroscia – Secca, fredda, rabbiosa.
– Un brivido.
– Occhi infantili sbarrati di inconsapevole spavento.
– Volti adolescenti sbalorditi dall’inaudito delitto.
– Silenzio – stupore – tristezza– vuoto.
– Il lamento di un ferito – il rantolo di una agonia, il pianto di un fanciullo.
– Hanno sparato! Perché? Dio mio perché?
– Sangue – sangue – sangue.

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– Lombardini2 caduto – sangue. Dell’Amico caduto, sangue.
– Maiani caduto, sangue.
– Più avanti altri e altro sangue.
– Volontà caduta, pensiero caduto, anima caduta a terra, col sangue
– Intorno – vicino – lontano – ovunque: spari, grida selvagge, bestiali, colpi e rimbombi.
– Stazione, giardini, ville: spari.
– Binari, posto di blocco, cunetta, cavalcavia: spari.
– Campagne – strade – orti – scarpate: spari.
– Dolce svariar degli ulivi d’argento.
– Vigneti lussureggianti fra gli olmi allineati.
– Piccole case ridenti nella pianura infida:
– Bòn – bòn – bòn.
– Vicino, lontano, ovunque.
– Urli, pianti, grida.
Tramonto rosso, insanguinato. Notte nera, umida, sinistra.
Gemiti strazianti – pon – pon.
Bagliori d’incendi lontani – pon – pon.
L’erba secca che scricchiola sotto i passi cauti – silenzio – non parlare – non respirare.
Il greto chiaro del fiume – i ciottoli rotondi, biancheggianti come teschi: – pon – pon.
L’ombra dei radi cespugli. Mormorio sommesso dell’acqua.
Voci concitate nell’ombra.
– Alt! Silenzio!!! Chi vive?
– Bisagno; parola d’ordine dei fascisti di Spezia.
– Qui noi, fascisti di Ricci3.
– Oh, ragazzi, aiutateci a portarlo di là.
– Chi?
– Il morto.
– Il morto?! Avete un morto con voi?!
– Sì. Bisagno4 – 15 anni.
Era una pena lasciarlo.
Pon! Pon! Pon!

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NOTE
1. “Giovinezza” fu una delle canzoni più diffuse durante il Ventennio. La musica era stata composta da Giuseppe Blanc nel 1909 per accompagnare i versi dell’inno goliardico “Il commiato (o Inno dei laureandi)” scritti da Nino Oxilia. Con testi ogni volta variati, il brano musicale costituì dapprima la base per l’inno degli Arditi durante la Grande guerra (1917, anonimo-Blanc), poi dell’inno degli Squadristi (1919, Manni-Blanc) e, infine, l’inno del Partito Nazionale Fascista (1925, Gotta-Blanc)
2. Rizieri Lombardini, squadrista
3. Renato Ricci, fondatore del fascio di combattimento di Carrara, aveva preso parte con D’Annunzio all’avventura di Fiume
4. Augusto Bisagno, squadrista spezzino. Aveva diciotto anni non quindici. Mutilato e ucciso nei giorni immediatamente precedenti ai fatti di Sarzana, insieme a Amedeo Maiani

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IL LIBRO – I prigionieri del sole chi sono? Sono Arditi, ufficiali ed eroi della Grande Guerra. Sono tutti italiani. Giovani. Ora sono in Africa a combattere una nuova battaglia: la colonizzazione agricola della Somalia. Nella colonia è appena sbarcato Cesare Maria de Vecchi, il primo governatore fascista. Sono gli anni più duri. La colonia è poco più di un protettorato e il governatore deve affrontare i clan che si ribellano alla consegna delle armi da fuoco. Mentre nei Sultanati del nord si svolge una guerra coloniale, intanto nel sud, con il supporto del governo, si bonificano e coltivano migliaia di ettari. Una nuova diga, decine di chilometri di canali e molta fatica trasformano la fitta boscaglia in un piccolo Eden: il comprensorio agricolo di Genale. Ma quali erano le condizioni di vita dei primi coloni italiani? Fu davvero un paradiso artificiale come raccontava la propaganda dell’epoca oppure un inferno? Gli indigeni erano tutelati da un contratto oppure erano schiavizzati come la letteratura anti-coloniale ha raccontato? La Somalia fu depredata delle sue risorse oppure i suoi deserti vennero resi fertili dagli italiani? A tutti questi interrogativi risponde il romanzo di Dante Saccani in una versione inedita, curata da Alberto Alpozzi. Alla sua prima apparizione nel 1939 il testo subì diverse revisioni. Tutte le volgarità e gli incontri con le sciarmutte vennero eliminati. In questa versione, Alpozzi restituisce il romanzo nella sua originalità senza censure e lo completa con tre capitoli inediti. Un romanzo coloniale unico nel suo genere. Una scrittura autentica ricca di echi futuristi. Una fedele cronaca delle vite e dei sogni dei giovani coloni italiani. Veniamo coinvolti e trasportati in luoghi lontani nel tempo e nello spazio rivivendo eventi e uomini reali. Senza censure, senza propaganda e senza nichilismo uno stupefacente reportage per conoscere la vera Somalia coloniale degli anni Venti.

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