Chiunque abbia una conoscenza dell’Africa Orientale, anche rudimentale, sa bene come la Dancalia sia uno dei luoghi più inospitali della terra, con ampie aree sotto il livello del mare, temperature medie di 35 gradi e massime di oltre 50 gradi. Naturalmente tutta la zona scarseggia d’acqua e le manifestazioni geotermiche sono frequenti.
E’ ovvio che in questa regione infernale la presenza umana e la fauna siano occasionali e rarissime anche se al giorno d’oggi attira sempre più turisti interessati a vivere un’esperienza unica.
Il punto più conosciuto, ma anche il più desolato, è
Dallol dove si trova un vulcano che ha avuto l’ultima eruzione nel 2011 e che è situato piuttosto addentro nell’entroterra, in territorio etiopico ma prossimo all’incerto confine con l’Eritrea.
Quest’area è nota, più che per l’estrazione del sale che avviene in maniera artigianale, per gli estesi giacimenti di carbonato di potassio, chiamato comunemente potassa, che è un prodotto fondamentale per la confezione dei fertilizzanti e degli esplosivi.
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Una della tante concessioni minerarie nella Dancalia italiana rilasciate ad Adriano Pastori (dalla Rivista coloniale)
Le prime prospezioni vi furono svolte dai fratelli Adriano e Tullio Pastori all’inizio del ‘900: si trattava di due cercatori di miniere e di tesori, più avventurieri che scienziati, che nel 1912 ottennero dall’Etiopia la concessione per le ricerche e lo sfruttamento dei giacimenti minerari su una superficie di 50 chilometri quadrati per 35 anni. Nel 1917 la concessione venne ceduta alla Compagnia Mineraria Coloniale che intervenne con larghi mezzi e cominciò a far funzionare la miniera senza la necessità di particolari impianti dato che il minerale veniva raccolto a cielo aperto.
Il momento era particolarmente propizio dato che la prima guerra mondiale aveva reso impossibili le importazioni dalla Germania e dalla Russia obbligando la ricerca di forniture alternative.
In pochi anni furono estratte circa 51000 tonnellate di minerale ma dopo il 1920, una volta riprese le importazioni dai grandi paesi produttori, la richiesta diminuì radicalmente anche se fra il 1925 e il 1929 vennero scavate altre 25000 tonnellate di silvite, una roccia composta da cloruro di potassio.
A rendere poco conveniente lo sfruttamento dei giacimenti contribuì anche la scarsa sicurezza della zona, oggetto di incursioni da parte delle tribù Afar e di difficoltà e angherie di vario genere da parte del governo etiopico.
Il problema fondamentale della miniera di Dallol era quello di avviare il prodotto attraverso un territorio deserto fino alla costa lontana qualche decina di chilometri. Scartato l’impiego dei cammelli che venivano impiegati per trasportare il sale fu sperimentato un moderno sistema strada/rotaia.
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Particolare del porto di Mersa Fatma con in primo piano i binari della ferrovia (Fotografia dell’epoca)
Venne costruita una linea ferroviaria che dal piccolo porto di Mersa Fatma sul Mar Rosso si inoltrava verso l’interno per circa 65 chilometri fino alla “Cantoniera di Colulli” situata a circa 18 chilometri di Dallol presso un altro e più piccolo giacimento di potassa, da dove partiva una pista per Dallol percorsa da autocarri “tipo Libia”, cioè Fiat 15 TER della portata di circa tre tonnellate ciascuno. Ad ogni modo Colulli era collegata al mare anche da un’altra pista camionabile parallela alla ferrovia.
A causa del clima i lavori di costruzione furono penosi per tecnici e operai ma procedettero molto rapidi perché il percorso si snodava quasi sempre su un terreno naturalmente livellato e compatto: la linea entrò in esercizio nell’aprile 1918.
Per i binari fu scelto lo scartamento ridotto tipo Decauville di 600 millimetri, inferiore a quello di 950 mm della ferrovia Massaua-Asmara e a quello normale europeo di 1435 mm, ma notevolmente più economico.
Le ferrovie Decauville erano chiamate così dal nome dell’azienda francese che per prima aveva prodotto il materiale e gli impianti di questo tipo: si trattava di linee con scarsa potenzialità ma di basso costo e di rapidissima realizzazione garanzie anche alla fornitura di tratti di binario più o meno lunghi già montati.

Il percorso della ferrovia (Mappa dell’epoca)
La linea partiva da Colulli (o Culluli) dove le misurazioni fatte dalla Regia Marina rilevarono una depressione di 112 metri sotto il livello del mare e dove venne costruita una casetta per il ricovero del personale. Il percorso puntava poi verso nord quasi rettilineo, attraversava poche vie carovaniere e qualche località dove si trovavano magri pozzi d’acqua per terminare a Mersa Fatma dove il minerale veniva caricato su sambuchi e avviato a Massaua per il suo trasbordo su piroscafi diretti in gran parte in Giappone, il principale paese importatore della potassa dancala.
Riguardo ai rotabili, tutti acquistati usati, che prestarono servizio sulla linea le fonti sono estremamente contraddittorie.
L’unico dato certo è che sia stata in servizio una macchina Henschel proveniente dalla ferrovia Fossano-Villanova di Mondovì il cui scartamento, da 950 mm fu portato a 600.
La provenienza piemontese non deve sorprendere perché la Compagnia Mineraria Coloniale apparteneva alla Banca di sconto con sede a Torino e quindi è presumibile che per l’acquisto del materiale ci si sia rivolti a qualche azienda della stessa regione.
Ad essa si affiancavano una, due o forse tre macchine Orenstein & Koppel e forse comparvero per un breve periodo anche tre locomotorie Porter provenienti dalle saline di Massaua che poi, risultando superflue, furono trasferite in Somalia. Altre fonti parlano di locomotive di costruzione Decauville o scartate dalla linea Addis Abeba-Gibuti.
Mentre in tutta l‘area continuò (e continua ancora oggi) il traffico di sale, la ferrovia fu esercitata fino al 1929 e abbandonata. Tullio Pastori ottenne una seconda concessione nella zona nel 1933, ma ad essa non seguirono operazioni di scavo.
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Locomotiva della Fossano-Mondovì dello stesso tipo quella impiegata sulla linea di Dallol (Da G.Gatti Le ferrovie coloniali italiane)
La ferrovia risulterebbe essere stata smontata dagli inglesi dopo il 1941, ma altre fonti attestano che fosse ancora esistente nel 1945 a quindici anni dalla dismissione.
Dal dopoguerra fino al giorno d’oggi vi sono state a Dallol saltuarie campagne di prospezioni geologiche, svolte da imprese statunitensi negli anni ’50 e ’60 e in tempi recentissimi da parte del Canada e della Cina, tutte con la prospettiva di riprendere in modo molto massiccio l’estrazione del potassio con metodi e mezzi moderni considerato che i sondaggi hanno dimostrato che quello della Dancalia è uno dei giacimenti più ricchi della terra.
In questo nuovo quadro l’impiego del mezzo ferroviario è tornato alla ribalta nell’ambito dei progetti, spesso faraonici, relativi a una ripresa dell’attività della miniera di Dallol. Fra le proposte c’è sia la costruzione di una nuova linea in direzione di Macallè dove si salderebbe alla futura – benché per ora inesistente – rete etiopica, sia ripristinando, ovviamente in chiave moderna, il vecchio tronco verso la costa.
Mohamed mi spiega: ‘Gli afar non sanno ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. E’ arrivata l’Allana Potash con tutto il suo potere e i suoi soldi. Vuole il potassio della Dancalia. Gli afar sono indifferenti. Capiscono che possono guadagnare dei soldi. Va bene così’. Dicono che sotto la Piana del Sale ci sia il terzo deposito al mondo di potassio. E’ un grande business. Dal prossimo anno dovrebbero cominciare le estrazioni di almeno trecento pozzi. A gennaio, saranno seicento i lavoratori dell’Allana in questo deserto di sale. Metamorfosi di una terra.ei pressi del Dallol, una zona geologicamente spettacolare della Dancalia etiope (vedi mio album Dallol) l’antico fondo marino cela enormi depositi di potassio. Per questo, pur essendo una della zone climaticamente più inospitali del pianeta, ha attratto l’interesse di avventurieri prima e compagnie minerarie organizzate poi. Il potassio è stato ed ancora è il più universale dei concimi chimici: aumenta il rendimento dei terreni, accresce la resistenza alle malattie delle piante. Ma non solo.
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Dallol oggi caldaia di locomotiva abbandonata (Da Internet)
Ecco allora spiegata la presenza di un villaggio-fabbrica abbandonato proprio nei pressi del Dallol. La storia della estrazione del potassio dal sottosuolo dancalo inizia più di un secolo fa. Furono due fratelli italiani, Adriano e Tullio Pastor, avventurieri, cercatori di risorse minerarie da sfruttare, arrivati in Dancalia ai primi del ’900, a rendersi conto che sotto il Dallol vi era del potassio. I due fratelli nel 1912, ottennero una concessione mineraria dal Negus d’Etiopia in questa regione estrema del suo regno, ai confini della colonia italiana dell’Eritrea. Ma l’affare era troppo grande per i due fratelli e la concessione passò di mano nel 1917: per sfruttare il potassio della Dancalia arrivò una multinazionale italiana: la Compagnia mineraria coloniale. La Compagnia era controllata dalla Banca Italiana di Sconto, legata a Fiat e Ansaldo, le grandi e nascenti industrie del nord. Erano gli anni della prima guerra mondiale e il potassio, che serve anche a fabbricare munizioni, in quei tempi di conflitto era merce preziosa. La più grande miniera era a Stassfurt in territorio prussiano e quindi nemico. Finito il primo conflitto mondiale, anche il business del potassio dancalo declinò, la Compagnia fu liquidata nel 1929 e la miniera abbandonata.
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