QUANDO WINSTON CHURCHILL SI ARRESE AGLI ITALIANI

Camillo Ricchiardi, giovane ufficiale
“Lord Churchill, mani in alto per favore!”. Con queste esatte parole il comandante della Legione Italiana facente parte delle truppe volontarie al fianco dei boeri durante la Prima Guerra Anglo-Boera(1899-1900) appunto, prese in custodia un allora giovane ufficiale/reporter inglese di nome Winston Churchill, ma, come sempre, facciamo un passo indietro ed analizziamo le cose dal principio. Siamo nel 1899, le neonate repubbliche dell’Orange e del Transvaal (a maggioranza olandese-boera) hanno da pochissimo ottenuto l’indipendenza dall’Inghilterra in maniera più che civile(gli inglesi infatti le reputavano terre povere e senza alcuna valenza strategica), ma non appena alcuni cercatori d’oro rilevano grandissime vene aurifere e ricchi giacimenti di pietre preziose, l’atteggiamento britannico-prima di banale indifferenza- riguardo le due giovani ex colonie cambia drasticamente. L’impero Britannico, con la scusa di “riportare ordine in quelle terre per proteggere i cittadini anglosassoni” e di “liberare i neri dalla schiavitù”- ebbene sì gli inglesi dissero proprio così- dichiara immediatamente guerra alle due colonie e le attcca con migliaia e migliaia di soldati. Ma i Boeri non si piegano ed anzi rispondono contrattaccando con atti di guerriglia che causano subito agli inglesi pesanti perdite. Tuttavia i Boeri sono pochi in confronto alle preponderanti forze dell’Impero Britannico e quindi chiedono aiuto! Molte sono le nazioni europee (Germania ed Italia in primis- la prima perché ogni cosa che mettesse in cattiva luce o provocasse danni agli inglesi era la benvenuta, la seconda perché negli italiani erano ancora forti le idee risorgimentali che trovavano diversi punti di contatto con quello che stava succedendo) che mandano- o concedono di mandare- uomini a rimpinguare le fila dei Boeri. Tra questi vi sono moltissimi italiani, supportati dalla nostra stampa e dai nostri servizi segreti che erano ben contenti, assieme a quelli francesi di limitare un po’ l’espansionismo britannico, magari riuscendo anche a combinare qualche redditizio affare in loco. E qui inizia la nostra storia che vede contrapposti i nostri due personaggi! Partiamo dal primo, ovvero dal comandante Camillo Ricchiardi: Giuseppe Camillo Pietro Ricchiardi nasce ad Alba il 4 luglio del 1865, figlio di Giovanni Ricchiardi e Rosa Volpiano. Arruolatosi nell’Esercito Regio, Camillo Ricchiardi frequenta l’Accademia Militare e la scuola di Cavalleria di Pinerolo da cui esce sottotenente per prestare servizio presso il Genova Cavalleria e poi come Tenente al Piemonte Reale Cavalleria. Nel 1889 chiede il congedo, sollecitato probabilmente dal colonnello Gerolamo Emilio Gerini, ufficiale italiano entrato al servizio di Rama V re del Siam come Direttore Generale dell’istruzione militare, si trasferisce in quel paese occupandosi dell’organizzazione dell’esercito e dell’educazione militare di uno dei figli del regnante.

Camillo Ricchiardi. Foto di gruppo volontari
1899 riesce a raggiungere le repubbliche boere del Sudafrica. Qui, in breve tempo, diventa comandante con il grado di colonnello della Legione Volontaria Italiana, un gruppo di circa 200 italiani e non solo, che combattevano a fianco delle truppe boere contro gli inglesi, innovando i sistemi di guerriglia con la creazione dei primi commando. In gran parte della sua carriera-specialmente a cominciare dagli impieghi all’estero- alcune fonti sostengono avesse sempre avuto contatti con operativi dei Servizi Segreti Italiani, ma questo non è mai stato accertato con certezza e, molto probabilmente, non si saprà mai con certezza nemmeno ora (3*). Del secondo personaggio invece, Lord Winston Churchill, non mi dilungherò data la già ampia conoscenza e notorietà del personaggio. Mi limiterò a dire che in quel tempo era un giovanotto ben piazzato inviato in Sud Africa a partecipare a quella guerra con un ruolo non del tutto chiaro: era ufficialmente un inviato del “Mornig Post”- quotidiano inglese- eppure vestiva l’uniforme del South African Light Horse (un reggimento coloniale di cavalleria inglese) aggregato alle truppe del Regno Unito impegnate nella Guerra Anglo-Boera. Il giovane Winston era palesemente in una posizione anomala, poiché ufficialmente non poteva ricoprire contemporaneamente i due incarichi di giornalista e ufficiale (rimane ancora poco chiaro l’effettivo ruolo della sua persona in quel

Il treno con a bordo Churchill mentre imbarca il Reggimento Dublin Fusiliers, poco prima della partenza per Ladysmith
determinato conflitto). Nonostante questa situazione particolare, viene comunque assegnato ad un treno blindato che il 15 novembre 1899 avrebbe dovuto percorrere la tratta Estcourt-Chieveley per operare una ricognizione in forze sui movimenti dei boeri. Scrittore prolifico, Churchill ha pubblicato una mole enorme di ricordi della sua esperienza militare e politica, ma almeno in questo caso la descrizione dei fatti riportati è di pura fantasia, o per lo meno presenta grossolani errori e mistificazioni troppo grandi per essere semplici “errori di memoria”. Lo statista inglese ha scritto addirittura un fortunato libretto dal titolo “Come sono sfuggito ai boeri”, dove ha evitato accuratamente di citare alcuni dei momenti più interessanti, tra cui il fatto che il treno sul quale viaggiava era stato attaccato e catturato da un gruppo di italiani, che gli era stata fatta salva la vita proprio dal comandante di questi italiani e che – con tutta probabilità – la sua fuga dalla prigionia era stata agevolata segretamente dai carcerieri. In ogni caso, mai un cenno sulla presenza di italiani nelle truppe boere. Troppo umiliante forse la cattura da parte di volontari irregolari, italiani per giunta? Ma prima di porci questa domanda, analizziamo meglio la dinamica che ha portato alla sintesi di eventi fatta poco più in alto. Tutto inizia a Chieveley, lungo la ferrovia per Ladysmith, una località che vide scontri particolarmente cruenti tra le truppe inglesi e quelle boere. Winston Churchill, alla ricerca di emozioni e di materiale da inviare al “Mornig Post”, era salito su un treno che nelle intenzioni del comando inglese doveva partire da Estcourt per saggiare la presenza di truppe nemiche e cercare di rompere l’assedio di Ladysmith, dove gli inglesi erano stati costretti a rifugiarsi sotto l’incalzare dell’esercito di Pretoria.

Camillo Ricchiardi al consiglio di guerra
Dum(1), messi al bando dalla conferenza dell’Aia nel 1898 per la quale valeva la fucilazione(anche sul posto e senza processo) per chiunque ne avesse fatto uso o semplicemente si fosse trovato in possesso di tale munizionamento. Proprio mentre sta cercando di gettarli via la mano di Ricchiardi blocca il braccio di Churchill, il quale si volta visibilmente preoccupato verso Ricchiardi che invece ha un leggero sussulto! Quest’ultimo infatti aveva bloccato Churchill quando lui era rivolto dal lato opposto e quindi non poteva immaginare di chi fosse il braccio che aveva fermato! Ma una volta visto in faccia lo riconosce subito! Ricchiardi ora ha un problema grosso: la sua vittoria ha superato di molto, forse addirittura di troppo le sue aspettative! Sa bene che Winston Churchill è tutt’altro che una figura di poco conto ed averlo preso prigioniero è si un grande vanto ma è anche una grande responsabilità! Suo padre era un personaggio molto potente ammanicato direttamente con la più alta elite politica britannica ed europea e chi poteva immaginare quali sarebbero state le reazioni che si sarebbero potute scatenare se Churchill fosse stato passato per le armi sul posto e senza processo, nonostante così prevedesse la legge per chi avesse fatto uso o semplicemente trasportasse quei proiettili? Interrogato da Ricchiardi su dove li avesse presi Churchill risponde (e questo è scritto proprio nelle sue memorie) in questo modo:” Non lo so, li ho appena raccattati nell’erba!”. Nonostante la palese falsità di tale affermazione, prudentemente, Ricchiardi decide di credergli ugualmente e getta via lui stesso i due caricatori proprio poco prima che arrivino altri uomini per vedere di capire cosa stava accadendo dietro quel vagone! Ricchiardi salva così la vita a Winston Churchill e con le parole che abbiamo scritto all’inizio di questo articolo, lo avvia verso il luogo di “prigionia”. E qui, se si analizza il diario di Churchill riguardo l’episodio in questione si rilevano diverse “falle”: oltre a ciò che abbiamo detto poco più sopra, nel diario vi è scritto che lui stesso aveva avuto l’idea di sganciare la locomotiva per mettere in salvo i pochi uomini rimasti sopra di essa mentre lui prendeva eroicamente il comando-e qui la prima grossa falla…Churchill ufficialmente era un giornalista, gli oltre cento soldati inglesi non avevano altri ufficiali a coordinare le operazioni? Churchill aveva già combattuto in Sudan e in India e aveva dunque esperienza militare, ma come mai gli era permesso in qualità di giornalista di dare ordini alle due compagnie? Una delle tante incongruenze della sua presenza in Sud Africa- dei restanti uomini mentre imperversava uno scontro a fuoco “violentissimo ed atroce”…Questa è chiaramente una visione completamente e volutamente mistificata dei fatti volta a rendere “eroico” il suo personaggio quando in realtà i fatti andarono molto più vicino a quello che scrisse invece Ricchiardi stesso (anche lui lasciò delle memorie) che afferma:”“La prima brillante operazione, fu la cattura d’un treno blindato a Chievelrey. Tra i prigionieri eravi il giornalista Winston Churchill, fuggito più tardi da Pretoria”. Ma è riguardo la sua cattura che si può notare la falla più grossa che toglie ogni dubbio sul fatto che il resto del racconto sia una colossale mistificazione: Churchill afferma di essere stato catturato niente meno che dal Generale Botha- comandante supremo delle truppe boere- in persona! Cosa non possibile dato che nei cartigli militari ufficiali egli risulta distaccato al comando di completamente altro settore! Tornando a ciò che stava accadendo a Churchill ed alla sessantina di prigionieri fatti da Ricchiardi, possiamo dire che il trattamento da loro ricevuto è buono, anzi molto buono rispetto invece a chi fra i Boeri cadeva in mano inglese…I Boeri erano infatti molto miti e corretti riguardo i prigionieri ed alle convenzioni di guerra, cosa che altrettanto non si vedeva da parte inglese…Spesso i primi acconsentivano a scambi di prigionieri liberando sulla parola i soldati nemici che dichiaravano di appartenere a reparti della Croce Rossa- anche qui per la maggior parte delle volte erano falsità belle e buone- e in più di una occasione evitarono di dare il colpo di grazia a feriti inglesi, asserendo che “non si deve chiedere troppo a Dio”. Dopo la cattura, Churchill viene inviato a piedi verso Colenso con gli altri soldati inglesi catturati e dopo una breve sosta in questa località il gruppo viene fatto proseguire per Pretoria. Il “carcere” dove viene destinato Churchill è la States Model School: ben lungi dall’essere un “lager”, si trattava di una detenzione privilegiata per ufficiali, come ora si dichiarava Churchill,- che nel frattempo aveva presto abbandonato la sua posizione nella quale diceva di essere solo un giornalista pur di avere una detenzione con tutti i confort- in un edificio governativo, con poche caratteristiche della prigione. La struttura è tutt’oggi esistente all’angolo tra la Van der Walt Street e Visagie Street, tornata alla sua funzione originaria di scuola superiore. Per inquadrare ancora di più la mitezza della reclusione di Churchill è illuminante quanto scrive il 19 novembre 1899 in un dispaccio informativo inviato a Roma il console italiano di Pretoria a proposito di Churchill: “Anche oggi arrivò qui una sessantina di prigionieri inglesi, fra cui il figlio del celebre Lord Randolph Churchill” (…) “Gli inglesi (…) farebbero miglior figura (…) se evitassero delle brutture, come quella della fuga del giovane Lord Churchill, prigioniero di guerra sotto parola!”. Churchill era dunque libero di muoversi dietro la parola d’onore di non tentare la fuga, come si usava all’epoca per gli ufficiali catturati. Churchill nei suoi ricordi tuttavia parla di “spregevole prigionia”, dalla quale sfugge- contravvenendo quindi alla parola data- la notte tra l’11 e il 12 dicembre, un mese dopo essere stato catturato. L’inglese riesce ad evadere scavalcando il basso muro di cinta, in un momento in cui la guardia boera non vedeva. O faceva finta di non vedere. Infatti più di qualcuno ritiene, ed in realtà lo afferma implicitamente anche lui stesso nelle sue memorie, che Ricchiardi stesso avesse dato ordine alle guardie di “girarsi dall’altra parte” in caso Churchill avesse tentato la fuga. Come detto Ricchiadi aveva fatto le sue corrette e lungimiranti considerazioni già alla cattura di Churchill, riconfermate dalla richiesta di un incontro di persona in ambiente protetto con niente meno che il console italiano a Pretoria di cui sopra…pare strano che un console chieda un incontro protetto con il capo di una banda di volontari, irregolari per giunta, che nulla ha a che vedere (o avrebbe a che vedere) con le istituzioni di Roma. Tuttavia, come si può ben immaginare al console italiano (ed agli occhi dei nostri servizi segreti) non era passato inosservato un corpo di ben 200 volontari italiani e sopratutto del suo comandante che già in passato si supponeva aver avuto contatti coi nostri servizi segreti…il contenuto di questo incontro protetto è ignoto, ma molto probabilmente il console italiano avrà fatto notare al nostro comandante Ricchiardi le “preoccupazioni”- seppur taciute- che attanagliavano il parlamento di Roma riguardo la sorte del giovane lord e da qui l’idea che se anche fosse fuggito…la gloriosa impresa della sua cattura non ne sarebbe stata intaccata e così in effetti pensava pure il comandante Ricchiardi che infatti evidentemente si era adoperato perché ciò accadesse! Con qualche peripezia Churchill riesce dunque a ritornare dietro le linee, ma degli italiani che aveva incontrato durante la sua prima, ingloriosa, azione in Sud Africa non fece mai menzione, anzi fu lo stesso Louis Botha, anni dopo, ad avvallare per motivi di opportunità personali e politiche il falso incontro con lo statista a Chievelrey, anche se dalle cronache dell’epoca Botha risulta, come detto prima, operativo in un altro settore degli scontri(2). L’unico indizio che ci porta sulle tracce dei volontari è il commento di Churchill, che parla di “uomini non in divisa”. Gli unici che non portavano la divisa erano appunto le truppe irregolari volontarie. Il nostro caro comandante ed i suoi uomini avranno diversi e molteplici successi, grazie al sangue freddo ed alle loro innovative e rischiosissime tattiche di infiltrazione e sabotaggio, diventando in breve tempo per gli Inglesi un vero e proprio incubo, mentre per i Boeri dei veri eroi! Il carattere particolare del nostro personaggio fece sì che persino il generale Botha in persona lo notasse, tanto da giungere presto a richiedere ed apprezzare i suoi consigli! Da non dimenticare infatti un’altra felice avventura di Ricchiardi, quando, dopo aver fatto saltare un ponte ferroviario vicino a Olifantsfontein, senza alcuna perdita, lasciò un cartello indirizzato al comandante inglese, Lord Roberts, sul quale, con caratteri cubitali, era scritto: “Verremo presto nuovamente a vederti. Dì ai tuoi soldati di non dormire tanto. Legione Italiana.” In breve tempo il comandante Ricchiardi raggiungerà il grado di colonnello e i suoi Scouts arriveranno a oltre 300 combattenti dei quali almeno 200 italiani.