In tempi in cui si parla dell’Africa esclusivamente in termini migratori, c’è chi come noi ne parla da diversa angolazione e da altri punti di vista.
Per gli italiani l’Africa è associata a documentari piuttosto che vecchi film di successo come “TARZAN”, e questo secondo la mia opinione danneggia sia la possibilità di avere una corretta visione del grande vicino di casa che ci guarda con aria curiosa dal balcone, sia la altrettanto grande possibilità di poter vedere al di là delle apparenze, che troppo spesso i media di tutto il mondo e quelli italiani in particolare, ci forniscono in merito molto spesso fuorviando la verità.
Ma cos’è l’Africa? è davvero rappresentabile dalle persone che vengono imbarcate dalle ONG?
Per noi italiani l’Africa ha sempre esercitato un fascino particolare, anche se nei tempi moderni si pensa più a villaggi vacanze nelle varie località turistiche invece che concentrarsi sull’immenso patrimonio storico-artistico-culturale. Cultura che va al di là delle famose piramidi in Egitto.

Si associa infatti al colonialismo italiano nel continente nero, parte della storia più buia che ci vide nel bene e nel male protagonisti (assieme ai vari popoli che con noi percorsero circa ottant’anni di cammino coloniale), e sembra quasi che tutto quello che successe fosse necessariamente “negativo” per esigenza di classi politiche e culturali del tutto o quasi impreparate ad affrontare certe tematiche.
In questa maniera, fascismo e monarchia (come se il primo fosse venuto in precedenza alla seconda) vengono dipinti come una sorta di “carnefici” di popoli africani, interessati esclusivamente a depredare e schiavizzare.
Da dove arriva questa visione tendenziosa (per esigenze ideologiche)?
I mittenti li conosciamo bene, ma preferirei soffermarmi su un aspetto fondamentale: questa repubblica non può permettersi il lusso di puntare il dito contro il passato nazionale, dato che se il colonialismo è una colpa e le discriminazioni razziali lo sono altrettanto, allora anche questa repubblica è colpevole.
Non entrerò nell’argomento geopolitico specifico dell’AFIS (Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia) ma in qualcosa di ancora più “nascosto”, e cioè la vita di tutti i giorni in quella che oso definire “una moderna colonia politicamente corretta” e cioè l’AFIS dal 1950 al 1960.
Funzionari e militari italiani presenti in Somalia interagirono con gli indigeni per lavoro e per necessità, ma con le donne indigene si creò un caso al tempo molto scandaloso, e cioè i bambini nati da queste relazioni.

Dobbiamo ricordarci che in quei tempi generalmente si metteva su famiglia molto presto in confronto ad oggi, e che le relazioni extraconiugali erano qualcosa di nascosto…. specie quando nascevano dei figli, e specie se questi nascevano con donne indigene.
Se i comportamenti al di fuori dell’etica possono essere considerati colpe personali, di certo questo non si può dire se le istituzioni mettono una pezza più scandalosa del buco per cercare di coprire gli scandali.
Infatti questi bambini, nostri sfortunati connazionali, vennero letteralmente strappati alle loro madri e rinchiusi in collegi contro il loro volere, crescendo senza colpe in un ambiente diverso in cui, a detta di chi visse quelle situazioni, spesso subivano anche violenze solo per aver scambiato con qualche altro coetaneo qualche parola in dialetti locali.
Cosa succederebbe se la nostra repubblica, così “eticamente e moralmente elevata in confronto al passato nazionale”, venisse portata davanti all’evidenza dei fatti ad assunzione di responsabilità?
Credo che comporterebbe un inevitabile arretramento sul piano del giudizio di quei cittadini politicamente non allineati, che magari non votano i partiti ritenuti idonei ad un presunto mantenimento della giustizia e della pace; in altre parole questa repubblica perderebbe definitivamente la possibilità di mistificare i dissidenti con una retorica utile esclusivamente a mascherare le proprie crepe e la perdita di credibilità.
In tutto questo i bambini che nel frattempo con l’indipendenza della Somalia vennero trasferiti in collegi in Italia, e che col tempo diventarono uomini e donne che definisco “patrimonio vivente” di questa lunga e tangibile esperienza africana, hanno pagato sulla propria pelle lo scotto di retoriche utili soltanto a demonizzare un passato nazionale troppo scomodo, per mezzo del quale già dagli anni 50-60 del secolo scorso sarebbero caduti definitivamente tutti falsi storici propinati all’opinione pubblica dal dopo guerra.
Se i governi commisero degli errori all’ombra dell’equatore nell’interesse nazionale, solo la storia lo potrà dire… Ma di quella storia ne farà a pieno titolo anche la Repubblica italiana, in Africa non al di sopra di tutte le istituzioni che la precedettero.
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di Gianluca Cocco