Colonialismo italiano. L’agricoltura sperimentale in Tripolitania

Stefano Jacini, ministro dei lavori pubblici dal 1864 al 1866, disse: “Non il solo pane esce dalla terra lavorata, bensì un’intera civiltà”.
Su queste basi si fondò quella che l’Italia fascista considerava la “battaglia decisiva”: la conquista della terra per il popolo italiano, basata sulla politica agraria nelle terre d’oltremare.
Infatti osservò Siniscalchi ne “Le concessioni demaniali in Tripolitania” che si doveva “consolidare a tutti i costi, l’occupazione militare con la conquista economica della terra”.


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1926. Il Duce visita l’Istituto sperimentale agrario di Sidi Mesri

Inizialmente, tra il 1911 e il 1922, questo fu reso difficile per la precaria e instabile situazione politico-militare nella quale versava la Libia, da cui la sfiducia da parte di possibili imprenditori di investire capitali.


Fu per il primo il Governatore Giuseppe Volpi che creò un vasto demanio di terreni seguito da una mirata legislazione per la concessione della terra tenendo conto dei grossi investimenti iniziali necessari e i redditi a lunga scadenza.
Gli succedette il generale Emilio De Bono, “aspiro – disse – ad un solo blasone: quello del contadino”, il quale proseguì l’avvaloramento agrario ai fini del popolamento.
Dopo di lui il Maresciallo Pietro Badoglio il quale proseguì l’opera dei suoi predecessori: “a me non restava che calcare la via segnata dai miei predecessori”.

Aratura della steppa presso Azizia in Tripolitania

Vennero istituiti i quadri della colonizzazione in Libia:

I. Comitato di colonizzazione
II. Direzione degli affari economici e della colonizzazione
III. Ufficio per i servizi agrari
IV. Ufficio fondiario
V. Ufficio per i contributi agrari
VI. Commissione arbitrale per le vertenze agrarie
VII. Osservatorio di diritto e di legislazione agraria
VIII. Cassa di Risparmio
IX. Consorzio agrario cooperativo
X. Camera di commercio industria ed agricoltura

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L’Istituto sperimentale agrario di Sidi Mesri visto dall’aereo

Il Regio Istituto Sperimentale Agrario della Tripolitania fu fondato nel 1914 a circa cinque chilometri da Tripoli, nella località Sidi Mesri.
Il decreto che lo istituì gli affidò lo scopo «di compiere esperimenti tecnico-agrari ed eccnomico-agrari in Tripolitania e di studiare ed attuare i provvedimenti diretti a promuovere l’agricoltura locale e la colonizzazione».
I terreni sui quali l’Istituto sorse erano costituiti da sabbia siliceo-calcarea molto sciolta. Erano magri, aridi, con una vegetazione stepposa e rachitica che denunciava il caratteristico passaggio tra il terreno agrario propriamente detto e la duna: la posizione piuttosto elevata di detto terreno ne faceva una facile preda dei venti. In tali difficili condizioni i risultati che si sarebbero ottenuti avrebbero offerto una prova sicura di buona riuscita per gli altri punti della regione, di gran lunga più favorevoli, in generale, all’esercizio dell’agricoltura.

La Sezione di sperimentazione agraria aveva sede presso il R. Istituto Sperimentale Agrario di Sidi Mesri e comprendeva anche il Campo sperimentale per la lavorazione del terreno e colture erbacee di Castel Benito ed il Frutteto sperimentale di Garian.
La vasta e complessa attività dei servizi sperimentali era rivolta specialmente alle ricerche interessanti lo studio dei terreni, delle concimazioni, delle irrigazioni, delle colture sia arboree che erbacee; infine, all’introduzione ed acclimatazione di nuove specie.

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Sidi Mesri. Oliveto presso il Regio Istituto Sperimentale

L’Istituto Sperimentale Agrario di Sidi Mesri, della estensione complessiva di circa Ha 70, distava dal centro abitato di Tripoli circa 5 km. Oltre ad un fabbricato centrale, a due piani, sede degli uffici, laboratori, biblioteca (con 3.000 volumi tematici), magazzini, ecc., vi erano nell’interno dell’Istituto altri tre fabbricati adibiti ad abitazione del personale, una bigattiera per l’allevamento del baco da seta, l’oleificio, oltre ad altri piccoli manufatti adibiti ad uso del personale indigeno di guardia.

Meritano speciale menzione le opere idriche, consistenti in 7 pozzi, di cui 4 trivellati sino alla seconda falda (la profondità in media si spingeva sino ai m. 32): essi davano in complesso oltre 250 mc. all’ora.


Le grandi sezioni nelle quali era diviso il terreno dell’Istituto dedicato alla Sperimentazione erano:

1. Un parco della superficie di circa 9 Ha per la coltura sperimentale di oltre 5000 esemplari di piante forestali, da ombra e da frangivento .
2. Oliveto. Facevano parte di esso tre distinti appezzamenti: il primo, della superficie di ettari 3,20 circa, con n. 167 piantine composte esclusivamente di alcune tra le migliori varietà locali; il secondo, della superficie di circa ettari 2,30 con n. 134 piante, era formato da varianti italiane da olio e da mensa; il terzo, della superficie di circa ettari 6 con n. 158 piante, era formato da varietà da olio locali, importate dall’Italia e dal Suck Tunisino.
3. Mandorleto. Occupava la superficie di circa ettari 1.200 con n. 182 piante, per lo più quasi tutte di varietà locali e 7 italiane.
4. Frutteto asciutto. Occupava circa 3/4 di Ha e vi erano in prova albicocchi e fichi. La scelta di queste due sole specie fu dovuta al fatto che la sperimentazione condotta su altri alberi fruttiferi aveva dimostrato la poca o nessuna convenienza economica della loro coltivazione all’asciutto.

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5. Vigneto. Occupava, diviso in due appezzamenti, la superficie di ettari 3 circa, e comprendeva oltre 7000 viti, in cui erano comprese 85 varietà da tavola.
6. Carrubeto. Occupava la superficie di ettari 8 circa con n. 320 piantine. Era stata portata particolare attenzione sul carrubo perché questa pianta mostra ottime possibilità di adattamento al clima e al terreno della colonia.
7. Frutteti irrigui. Divisi in più appezzamenti, occupavano la superficie di 8 ettari e comprendevano:
agrumi, palma da datteri, pesco, albicocca, susina, melo, pero, cotogno e fruttiferi minori come il nespolo del Giappone, il kaki, il melograno ed il giuggiolo, in più tra i fruttiferi sub-tropicali sperimentati vi erano la Fejoia sellowiana, lo Psidium, la Casimiroa edulis, l’AIberia cafra più 8 varietà di banana.
8. Colture erbacee asciutte. In apposito campo della superficie di ettari 1.200, diviso in 24 parcelle di mq. 300 ciascuna, vennero eseguiti saggi di Orientamento di colture erbacee asciutte (60 varietà di orzo e frumento).
9. Colture erbacee irrigue. Nel campo delle colture erbacee irrigue la colonia offrivae vaste possibilità seppure costose: frumento, granoturco, foraggi, piante industriali (lino, cotone, girasole, sesamo, papavero da oppio, arachide, ramié).
10. Colture da primizie. Sulle colture erbacee da primizie fu eseguita una lunga e vasta sperimentazione interessante la scelta della varietà, la concimazione, la irrigazione.

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Castel Benito. L’immenso vigneto della concessione Bonomo

Campo sperimentale di Castel Benito. Fu assegnato all’Istituto, dal quale distava circa 28 km., nel 1926. Aveva la superficie di circa 50 Ha; un modesto fabbricato, sufficiente ai suoi bisogni, disponeva di un pozzo trivellato, servito da aeromotore, e di una vasca di raccolta per l’acqua, della capacità di 70 mc. Il programma sperimentale in esso svolto riguardava specialmente le ricerche sulla lavorazione del terreno e sulle colture erbacee sia cerealicole che foraggere ed industriali.

Frutteto sperimentale di Garian. Fu impiantato nel 1925. Per mezzo fu effettuata la sperimentazione relativa alla tecnica colturale ed all’introduzione di nuove specie e varietà nelle zone montuose della colonia. Il frutteto, dell’estensione di circa 7 Ha, era dotato di due fabbricati rurali per gli uffici e gli alloggi del personale e di una gran cisterna per la raccolta delle acque.
In questo campo sperimentale, vennero testate 16 varietà di melo, 24 di pero, 28 di pesco, 12 di albicocco, 24 di susino, 3 di mandorlo, 6 di cotogno, 10 di fico, 4 di azzeruolo, 3‘di nespola, 3 di noce, 3 di ciliegio, 2 di sorbo, 15 di uva da tavola, 1 di pistacchio, 1 di carrubo, oltre circa 30 specie forestali.

di Alberto Alpozzi

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