Ettore Muti e la Beffa di Addis Abeba

ettore_muti_mE’ davvero difficile iniziare a parlare di un personaggio così spettacolare e al contempo praticamente sconosciuto alle folle, grazie al “folle” delirio “perbuonista” di voler cancellare dalla storia tutto ciò che è stato legato al periodo dell’epoca Fascista.
Tuttavia al buon Ettore Muti non interessavano né gli onori né gli allori, tanto è vero che pur avendo accettato di malgrado la carica di Segretario del Partito Fascista, dopo poco tempo riuscì ad abbandonare quell’incarico, che rappresentava nel suo immaginario il ruolo del grasso burocrate per poter tornare alle sue avventure e alla vita militare.
Dunque è bene fare una premessa iniziando a descrivere un giovanissimo Ettore Muti, figlio di un impiegatuccio e di una patriottica massaia, la quale gli trasmise quel fervore e quel sangue bollente che portava il giovane “Gim dagli occhi verdi”, così era soprannominato, a marinare la scuola per recarsi nelle piazze a gridare “W l’Italia!”.
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Evento degno di nota, quando la scuola commissionò un tema ai propri alunni sullo “studente modello” e in quell’occasione Ettore scrisse quanto lo studente modello doveva essere diligente, educato, sottomesso ai maestri, pacifista e volenteroso, schivo delle cattive compagnie… ma chiudendo il tema con la frase “ Si ma questo non è un ragazzo, è un aborto di natura!” sollevando un vero e proprio polverone nel quale intervennero anche autorità politiche a lodare il patriottismo del giovane.
Spinto quindi da questo suo furore il giovanissimo Ettore a soli 14 anni fuggì da casa riuscendo a ottenere i documenti di un suo compaesano maggiorenne coscritto per la Prima Guerra Mondiale, si arruolò tra gli Arditi dove si distinse per il suo coraggio e la ferocia in combattimento, arrivando a compiere imprese spericolate a meritarsi una Medaglia d’Argento che rifiutò per paura di essere scoperto e mettere a rischio l’amico che gli aveva dato i documenti.
Muti partecipò anche all’impresa di Fiume guadagnandosi l’ammirazione del Vate D’Annunzio che di lui scrisse “Voi siete l’espressione del valore sovrumano, un impeto senza peso, un’offerta senza misura, un pugno d’incenso sopra la brace, l’aroma di un’anima pura”.
Le imprese di Ettore Muti non si contano, Arrigo Petacco ne descrive le gesta nel libro “Ammazzate quel Fascista!” e ci si rende conto della sua personalità mistica di spavalderia, generosità, impeto e sregolatezza che ne hanno fatto il mito.
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AOI,1940_Ettore Muti_Duca d'AostaDurante il colonialismo, il “Guerriero Alato”, altro soprannome attribuito a Muti, compì mirabolanti imprese ricevendo il battesimo aereo e dimostrando la sua superiorità di soldato in ogni ambito, sia a terra che nei cieli; il suo apparecchio era il primo ad uscire e l’ultimo a rientrare, spesso e volentieri con numerosi buchi sulla carlinga a testimoniare l’audacia con cui affrontava ogni missione.
Ettore mantiene tuttavia viva anche la sua indisciplina (che gli costerà in alcune occasioni anche la cella di rigore), allontanandosi per battute di caccia, anche utilizzando il proprio aereo e organizzando banchetti pantagruelici nel campo base dove accanto alla sua tenda aveva allestito anche una specie di mini serraglio con oche e galline proventi di una razzia, dando spettacolo ogni sera con urla ed esclamazioni a torso nudo palpando e sorbendosi le uova fresche; a tal proposito il Duca Amedeo D’Aosta ingolosito, mandò un ufficiale a chiedere qualche uovo per se, ma l’irriverente Ettore replicò “Le galline sono mie e non le dividerei nemmeno col duce in persona”.
Nonostante questo suo atteggiamento di irriverenza e spavalderia Ettore fraternizzava con tutti, fregandosene dei gradi o degli status sociali, aggregandosi a prostitute e soldati dei reparti indigeni quanto agli ufficiali.
In pochi mesi il suo petto si coprì di medaglie per gli oltre 40 atterraggi di fortuna di cui tre in territorio nemico, respingendo gli assalti di fanteria con le armi di bordo, compiendo imprese come quella che sarà ricordata come “La Beffa di Addis Abeba”, quando Muti di sua iniziativa e senza dire niente a nessuno passò e ripassò più volte a volo radente sull’aeroporto, sfiorando il terreno ben due volte e facendo il saluto romano, ripartendo sotto i colpi di artiglieria e sorvolando persino il centro città, compiendo di fatto l’impresa di “un’ala littoria nei cieli della capitale” così come titolarono poi i giornali entusiasticamente; riuscì a rientrare con il suo trimotore sforacchiato dai colpi di mitragliatrice, incolume, acclamato persino da Mussolini, sebbene invece Badoglio per quel gesto indisciplinato gli assegnò dieci giorni di rigore, ma non poté opporsi successivamente al riconoscimento di una medaglia per quel gesto valoroso.
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ETTORE MUTI in Africa Orientale
Un secondo tentativo stavolta in compagnia di Galeazzo Ciano venne reiterato il 30 aprile del 1936, con lo scopo di rapire il Comandante dell’aeroporto, ma l’impresa fallì a causa dei danni ingenti inflitti dai mitraglieri nemici e si dovettero accontentare di lanciare il gagliardetto della “Disperata” nella piazza centrale, come ammonimento che anche un solo aereo poteva portare scompiglio in territorio abissino.
Muti aveva quasi deciso di rimanere permanentemente in quei territori così selvaggi, dove poteva dare sfogo al suo desiderio di avventura, terminata la guerra di Etiopia infatti Ciano era stato nominato Ministro degli Esteri e avrebbe potuto aiutarlo per la formazione di un esercito a difesa delle colonie, tuttavia una nuova guerra si avvicinava e l’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire …
Molte altre sono le avventure che videro protagonista quest’uomo che al volgere della fine del conflitto venne fatto assassinare la notte tra il 23 e il 24 agosto 1943, tradotto in arresto da un plotone di Carabinieri, per ordine di Badoglio che pur essendo a conoscenza del fatto che Muti non aveva né le capacità politiche né l’interesse a ricoprire incarichi di rilievo, temeva potesse fomentare le frange più estremiste del Fascismo.
Ad oggi Ettore Muti resta il soldato più decorato d’Italia e d’Europa con ben 11 Medaglie d’Argento, 3 croci di guerra, 2 croci di guerra tedesche ed una croce di guerra spagnola, oltre a svariate onorificenze; inoltre detiene il record mondiale di ore di volo in guerra, ma ciò che sicuramente ricorderemo più di lui è il suo indomito ardore, il suo sprezzo per il pericolo e gli ideali che ha rappresentato pienamente in quello che era il “superuomo italico” e che ormai è solo un lontano piacevole ricordo.
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di Francesco Digiorgio – © Tutti i diritti riservati

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