Nell’ex colonia italiana d’Eritrea dal 2011, a circa 50 km a sud di Massaua, una missione archeologica italo-eritrea, diretta dal Ce.R.D.O. “Centro Ricerche sul Deserto Orientale” di Alfredo e Angelo Castiglioni, sta lavorando per riportare alla luce il leggendario porto di Adulis, la capitale commerciale del Regno di Axum, scomparso nel VII secolo d.C. forse a causa di una gigantesca inondazione seguita da un terremoto. Gli scavi infatti, a 6 km dal mare, avvengono attraverso strati di diversi metri di fango e limo che hanno ricoperto tutto preservando quasi intatti le sue vestigia che si estendono per quaranta ettari. Da qui il paragone con Pompei.«Una straordinaria città di pietra, in una parte del pianeta dove è raro trovarne» ha dichiarato Serena Massa, direttrice scientifica della missione e docente dell’Università Cattolica di Milano.
Grande emporio tra Africa ed Europa, un ponte tra il Mediterraneo e l’Oriente da cui arrivava merce preziosa, affacciante sul Mar Rosso fu punto cruciale sulla Via degli Aromi, già nota agli antichi egizi, come testimoniano i bassorilievi di Deir-el-Bahari, fatti realizzare dalla regina Hatscepsut per promuovere il suo personale successo ottenuto con una spedizione navale in cerca di incenso nel leggendario Paese di Punt, probabilmente l’attuale Corno d’Africa. Qui, presso Tohen, si trovava l’aromata emporium, il più rinomato mercato degli aromi dell’antichità. Piccolo villaggio, di quella che oggi è la Somalia, nei pressi del capo Guardafui, chiamato nell’antichità proprio aromata promontorium, “il promontorio delle spezie” o capo degli aromi.Da queste pietre, in Africa Orientale, vi è la conferma di un mondo Nord-Sud «che aveva rapporti molto più stretti di quanto potremmo immaginare», dice la direttrice Massa.
Fino ad oggi sono stati scoperti i resti di tre chiese cristiane del V e VI secolo d.C., di pochi decenni successive all’editto di Costantino del 313, che liberalizzò il culto cristiano.
L’ultima è stata riportata alla luce proprio nella campagna 2018, insieme alla Porta Occidentale della città: «E’ stupefacente – commenta la dott.ssa Massa – ritrovare chiese bizantine oltre i confini dell’Impero, così splendidamente decorate. Un segno di quanto fosse connesso il mondo di allora». Qui oggi, nei campi di mais dei contadini eritrei, affiorano marmi antichi provenienti da Bisanzio, «alcuni segnati con la stessa firma che si ritrova nella Santa Sofia di Costantinopoli», con decorazioni «della più raffinata cultura bizantina del VI secolo».
L’ultima è stata riportata alla luce proprio nella campagna 2018, insieme alla Porta Occidentale della città: «E’ stupefacente – commenta la dott.ssa Massa – ritrovare chiese bizantine oltre i confini dell’Impero, così splendidamente decorate. Un segno di quanto fosse connesso il mondo di allora». Qui oggi, nei campi di mais dei contadini eritrei, affiorano marmi antichi provenienti da Bisanzio, «alcuni segnati con la stessa firma che si ritrova nella Santa Sofia di Costantinopoli», con decorazioni «della più raffinata cultura bizantina del VI secolo».Una missione scientifica, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri italiano, composta da una decina di persone fra archeologi, architetti restauratori del Politecnico di Milano, esperti dell’Orientale di Napoli, del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana e dal Piccini Group come main sponsor privato, affiancati da colleghi e studenti dei musei di Asmara e Massaia. Con loro 40 operai messi a disposizione dal governo eritreo.
Gli scavi di Adulis iniziarono nel 2011 quando il presidente dell’Eritrea Isaias Afewerki chiamò i fratelli Castiglioni affinché portassero alla luce siti archeologici per implementare il turismo. I fratelli Castiglioni scelsero il sito archeologico già mappato nel 1906 dall’archeologo Roberto Paribeni (Ricerche sul luogo dell’Antica Adulis, in Monumenti Antichi, 1907).
«Siamo solo all’1% del lavoro – dice la dottoressa Massa –. Adulis è un tesoro in continua scoperta e in casi del genere i fondi non bastano mai. Nel 2010 i fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni trovarono per intuizione l’area di scavo, che a occhio nudo sembrava un semplice deserto. Ora il nostro sogno è di creare un parco archeologico per rendere conoscibile a tutti questo splendido sito. Abbiamo spesso lavorato in condizioni estreme, ma è un orgoglio rappresentare l’eccellenza del proprio Paese, e poter condividere aspetti valoriali e culturali con il popolo eritreo, a noi storicamente molto vicino».I risultati degli scavi di Adulis sono esposti a Varese fino a domenica 15 aprile 2018 nella mostra “Adulis, la città perduta” a cura della professoressa Serena Massa presso il Museo Castiglioni.
L’esposizione “vuole far conoscere gli scavi e le ricerche scientifiche condotte nell’ambito di questo progetto di cooperazione internazionale: monumentali architetture pubbliche, abitazioni private, spazi artigianali, negozi, magazzini, ecc., che ci offrono la possibilità di gettare lo sguardo sugli aspetti concreti della vita quotidiana che si svolgeva nella città portuale di Adulis, uno dei principali centri urbani del Corno d’Africa tra il I e il VII secolo d.C., emblema di un millenario dialogo tra Occidente e Oriente.”
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di Alberto Alpozzi – © Tutti i diritti riservati
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Guarda il video “Eritrea. La città perduta di Adulis”

Buongiorno vorrei avere un contatto per poter chiedere la Vostra partecipazione a un festival sul argomento le colonie tra Italia e etiopia Eritrea.
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In attesa distinti salutu
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Buongiorno Saba, grazie per il contatto. Ci siamo sentiti telefonicamente questa mattina. Attendendo la chiamata del vostro direttore resto a disposizione. Cordialmente
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