A Mogadiscio nella zona proibita – Galleria fotografica

Oggi vi portiamo con noi a Mogadiscio nella zona proibita per vedere cosa resta della Cattedrale e dell’arco del Principe Umberto. Le foto sono state fatte tutte dall’interno dell’auto blindata per questione di sicurezza.
Nel vecchio centro storico vi sono le rovine della vecchia Cattedrale italiana inaugurata nel 1928. Fu saccheggiata negli anni 90 durante la guerra civile e quasi definitivamente distrutta nel 2008 quando vennero fatte saltare le due torri.
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Sopravvive ancora l’arco di trionfo, anch’esso realizzato nel 1928, in onore della visita ufficiale del Principe di Piemonte Umberto di Savoia. Da poco restaurato porta ancora le scritte dell’epoca.
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Ad oggi la Somalia vive uno stato di guerra drammatico. La città subisce quasi settimanalmente attacchi terroristici da parte degli gruppo islamico Al-Shabab.
La zona del centro storico di Mogadiscio è praticamente una zona proibita. Off-Limits. Serve un permesso speciale per transitarvi e sempre accompagnati da una scorta armata.
L’Ufficio dell’Ambasciata italiana, gli alloggiamenti del personale e dei militari impegnati nell’ambito della missione EUTM sono posti all’interno dell’International Camp (IC), struttura privata di proprietà della Società Americana Bankroft. La struttura come altre simili è posta all’interno dell’area protetta che circonda l’Areoporto Internazionale di Mogadiscio.
Al calare del sole dopo le ore 17.00 gli accessi all’area aeroportuale vengono chiusi, nessuno può più entrare ne uscire.
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di © Alberto Alpozzi – Tutti i diritti riservati
Foto di © Mahad Jebiye – Tutti i diritti riservati
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7 thoughts on “A Mogadiscio nella zona proibita – Galleria fotografica

  1. I remember taking guitar lessons I was a teenager and nuns keep reminding us how we should stay being good girls, what I couldn’t understand at the time was why we had to enter the back door. That was weird!

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  7. Foto che mi suscitano sentimenti diversi:
    Una nostalgia per qualcosa che non ho mai vissuto ma di cui ho sempre sentito parlare, luoghi che mi piacerebbe moltissimo visitare, respirare la stessa aria dei miei avi, calpestare lo stesso suolo, passeggiare nelle stesse ombre, vivere almeno quel che resta di quella cultura somala che tanto amavano.
    E poi allo stesso tempo una tristezza infinita per il disastro, la distruzione, la miseria che si è impadronita di quelle terre difficili ma una volta prospere, per le architetture distrutte (e non solo le italiane), per la popolazione una volta fiera e amichevole, oggi voltata al banditismo e costretta alla sopravvivenza.

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