Mogadiscio durante il periodo coloniale italiano nella sua qualità di capitale, di capoluogo di Governo e di base di partenza per le operazioni militari per la
campagna etiopica (1935-36) sentì l’urgente necessità di sviluppare una struttura urbanistica per adeguarsi alla accresciuta popolazione.
Il vecchio
piano regolatore del 1928, redatto durante il governatorato del Quadrumviro Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon, necessitava di essere aggiornato per il grande incremento demografico e al sempre crescente sviluppo commerciale ed industriale che si stava delineando.
Già prima del 1936 si erano andata prospettando la necessità della sistemazione del quartiere Scingani, attraverso il quale passava il traffico tra il porto ed il centro cittadino e, prima che fossero realizzate nuove arterie stradali periferiche anche quello diretto verso il retroterra.
Questo quartiere era composto di vecchie case in stile arabo incastrate l’una nell’altra intorno a strette e tortuose viuzze che rendevano difficoltosa la viabilità. Occorreva quindi, con il nuovo Piano Regolare del 1938, sistemare adeguatamente la zona data la sua posizione in riva al mare procedendo a coraggiosi sventramenti, per dare alle varie strade, e soprattutto all’arteria centrale, un andamento più rettilineo e commisurato all’intensità del nuovo traffico oltre a svolgere pienamente la sua funzione di via d’accesso al centro cittadino per chiunque arrivasse a Mogadiscio dal mare.
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Vennero costruite nuove e moderne residenze sia per gli italiani sia per gli indigeni nelle località periferiche.
Questo fu il primo grande lavoro iniziato per l’attuazione del nuovo piano regolatore. Venne creata una nuova arteria, il Corso Regina Elena, che ha inizio nel centro cittadino, dal Corso Vittorio Emanuele e termina alla Dogana. Un nuovo rettifilo di lungo 750 metri e largo 57 con marciapiedi. L’opera costò 2.175.240 di vecchie lire, oltre, beninteso, le spese di espropriazione e di demolizione delle vecchie casette.
Altra importante sistemazione fu quella del quartiere di nord-est, detto anche della Torre Mnara, dalla vecchia torre che caratterizza la località. In origine la zona era coperta da capanne indigene, ora era destinata a divenire un moderno e bel quartiere in riva al mare, in prossimità del Lido. L’arteria principale fu il prolungamento del viale XXVIII Ottobre. Il costo dell’opera iniziale fu di 2.000.000 di Lire.
Negli altri quartieri, furono realizzati numerose nuove strutture pubbliche e diversi nuovi edifici realizzati sia dall’iniziativa privata sia da Enti pubblici.
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Procedevano anche gli studi per la sistemazione del nuovo porto, già ampiamente ammodernato negli anni precedenti, tra i quali la sistemazione della zona per l’impianto dei serbatoi di nafta a Ras Siff, ai quali dovevano accedere le navi petroliere, grazie ad appositi nuovi pontili.
Per l’accesso da terra era stata costruita una strada che, partendo dalle carceri, con uno sviluppo di 900 metri arrivava a Ras Siff. Con una larghezza di 8 metri e muri di sostegno, data la natura del terreno costò 610.000 lire.
Numerose altre sistemazioni stradali furono eseguite in quegli anni per una spesa complessiva che ammontava a diversi milioni.
A questi lavori naturalmente bisognava aggiungere quelli di straordinaria e di ordinaria manutenzione che si resero necessari subito dopo il periodo bellico specialmente per riparare i danni subiti dalla rete stradale urbana a causa dell’intenso traffico dei mezzi pesanti che dal porto transitavano verso le linee.
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