In un precedente articolo era stato analizzato l’approccio delle sinistre italiane al problema coloniale nell’immediato dopoguerra. Come abbiamo visto, pur nella condanna dell’imperialismo, soprattutto fascista, socialisti e comunisti si espressero in alcuni casi a favore dell’amministrazione fiduciaria dei nostri ex possedimenti d’oltremare (se non addirittura del mantenimento delle colonie), riconoscendo i meriti, laddove incontestabili, del Paese nella gestione dei territori dell’ormai ex Impero.

Se all’epoca dei nostri esordi come colonizzatori (l’acquisto di lembo di Eritrea nel 1869 e il successivo espansionismo dei governi Depretis e Crispi)*, le sinistre non avevano ancora un’organizzazione strutturale vera e propria ed una visibilità rilevante, ai tempi della guerra Italo-Turca, cioè la prima vera affermazione del nostro Paese in veste di potenza colonizzatrice, i socialisti potevano invece contare su un partito ben radicato nella società e nelle istituzioni. La comunità socialista, tuttavia, non riuscì ad esprimere una voce unitaria in merito alla politica espansionista giolittiana, ma finì per dividersi tra una fazione anti-militarista, promotrice insieme agli anarchici e ai sindacati rivoluzionari di scioperi e agitazioni in tutta la Penisola, ed una riformista, a sua volta divisa in riformisti di sinistra e di destra.

Leonida Bissolati
Se i primi (riformisti di sinistra) si limitavano a condannare il colonialismo ma in modo generico, senza “riconoscere il reale spessore storico, limitandosi a considerarlo espressione esclusivamente letteraria e filosofica” (Borruso), i secondi sposavano invece apertamente un orientamento filo-tripolino, persuasi del fatto che la conquista della Libia sarebbe stata la soluzione ai problemi delle masse meridionali e siciliane. Tra i riformisti di destra, anche il gruppo di Leonida Bissolati, convinto della necessità di esportare un colonialismo funzionale al capitalismo italiano e plasmato su un indirizzo democratico.
Le tesi del socialismo tripolista ebbero diffusione anche tra le componenti cooperativistiche, mentre “L’Avanti!” e il resto della stampa d’area rimasero ancorati a posizioni anti-giolittiane, ospitando addirittura gli interventi di figure del liberismo e del liberalismo quali Einaudi e Salvemini perché critiche verso la guerra, sebbene da un’angolazione diversa da quella delle sinistre**.
Nonostante la componente anti-tripolista fosse predominante, confermando e segnando una netta progressione nei congressi di Modena (1911) e Reggio Emilia (1912), il movimento socialista uscì dal 1911 estremamente frammentato e diviso.
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di © Davide Simone – Tutti i diritti riservati
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NOTE
*negli anni ’80-’90 del Secolo XIX, Antonio Labriola si disse favorevole all’idea di una colonizzazione dell’Africa, in vista della creazione di una società socialista nel continente. Questa posizione suscitò molte critiche a sinistra. Turati, in particolare, non riteneva che il Socialismo fosse adattabile alla società africana.
**Secondo Einaudi e Salvemini, l’impresa di Libia avrebbe rappresentato uno spreco dal punto di vista economico e dei costi