Leggi razziali e 8 settembre. I Savoia secondo Montanelli

Vittorio Emanuele III, il re Soldato, attraversò due guerre mondiali, il fascismo, le leggi razziali, l’8 settembre, l’armistizio e la caduta della monarchia. In Italia la monarchia era di tipo costituzionale e regolata dallo Statuto Albertino del 1848, che rimase formalmente tale, pur con modifiche, fino al 1946.
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vittorio emanuele III_benito mussolini - CopiaIl Fascismo prese il potere nel 1922, dopo la Marcia su Roma. Benito Mussolini ebbe nel 1924, come Capo del Governo, la fiducia dei partiti democratici, popolari e liberali dell’epoca con 306 voti favorevoli e 112 contrari ottenendo 35 deputati fascisti al Governo.
Le legge razziali vennero approvate nel 1938: alla votazione, svolta con scrutinio segreto, presero parte 164 senatori, i voti contrari furono nove, i senatori ebrei non si presentarono a Palazzo Madama.
Furono abrogate con due regi decreti del 20 gennaio 1944.
Montanelli: “Premesso che le leggi razziali furono una cosa ignobile, insensata e per nulla condivisa dal sentimento popolare, salvo una esigua frangia di fanatici che forse non si resero conto della loro criminosità, è assolutamente vero che la Costituzione faceva al re obbligo di firmarle come qualsiasi altra legge approvata dal Parlamento”.
Infatti sulla loro approvazione, con firma del re, si pronunciò la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza del 26 giugno 1950 n. 1624: “non possono considerarsi prive di efficacia giuridica per costituzionalità di fronte all’ordinamento giuridico del tempo”.
Prosegue Montantelli: “Altrimenti al re non sarebbero rimaste che altre due alternative: o tentare un colpo di Stato per mettere alla porta Mussolini e il fascismo, o abdicare. Il colpo di Stato sarebbe stato un fallimento perché in quel momento Mussolini aveva in mano tutte le leve del potere, comprese le forze armate, e per di più poteva contare sull’appoggio incondizionato della Germania nazista che non glielo avrebbe certamente fatto mancare. Abdicando, il re avrebbe salvato la propria anima, ma affrettato la sottomissione dell’Italia a Hitler e così aggravato anche la condizione degli ebrei. Non solo, ma avrebbe privato il Paese dell’unico punto di riferimento istituzionale se un giorno si fosse trovato ancor più coinvolto nelle avventure naziste. Come poi avvenne”.
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Umberto-IIL’8 settembre 1943 entra in vigore l’armistizio di Cassibile, dopo la seduta del Gran Consiglio del Fascismo durante la quale venne discusso l’ordine del giorno presentato dal gerarca Dino Grandi, che prevedeva l’estromissione di Benito Mussolini dal governo del Regno d’Italia. Il re Vittorio Emanuele III ordinò quindi l’arresto di Mussolini provocando la caduta del fascismo, affidando il governo al maresciallo d’Italia Pietro Badoglio.
Montanelli: “Noi possiamo avanzare tutte le critiche e riserve che vogliamo al modo con cui il Gran Consiglio del fascismo costrinse Mussolini alle dimissioni. Ma non c’era altro mezzo per liberarsi di lui e i congiurati del 25 luglio poterono adottarlo perché sapevano di avere alle spalle il re, il quale però non avrebbe potuto far nulla senza il pronunciamento del Gran Consiglio. Senza questa intesa, avremmo subito, fino all’ultimo giorno di guerra, la sorte della Germania: bombardamenti a tappeto e trattamento da Paese nemico. II re si disonorò fuggendo a Pescara come un disertore qualsiasi e impedendo a suo figlio di restare a Roma alla testa dei suoi Granatieri e magari di cadere nella difesa della Capitale. Avrebbe salvato il nome dei Savoia e probabilmente assicurato il destino della Monarchia.”
Va ricordato che la Principessa Mafalda di Savoia, figlia secondogenita proprio di Vittorio Emanuele III e della regina Elena, fu l’unica a pagare con la vita restando a Roma. Infatti venne arrestata il 22 settembre 1943 e internata nel campo di concentramento Buchenwald, dove morì nell’agosto del 1944.
Vittorio Emanuele III trasferì il Governo a Brindisi, in Italia, non all’estero. Ma durante la seconda guerra mondiale cosa fecero gli altri sovrani che videro i loro paesi occupati dai nazisti?
In Grecia il re Giorgio II dopo la capitolazione dell’esercito greco avvenuta il 21 aprile 1941 si rifugia a Londra ove forma il governo greco in esilio.
In Jugoslavia il re Pietro II dopo la capitolazione dell’esercito jugoslavo avvenuta il 17 aprile 1941, in concomitanza con quella greca, conseguente alla comune massiccia offensiva tedesca nel sud-Europa, si rifugia a Londra dove costituisce il governo della Jugoslavia in esilio.
In Norvegia il re Haakon VII combatte assieme ad un corpo di spedizione anglo-francese contro l’invasione nazista, ma dopo la battaglia perduta di Lillehammer, il 7 giugno 1940 si imbarca a Narvik diretto a Londra dove forma il governo in esilio.
In Olanda la regina Guglielmina sfugge alla cattura dei tedeschi e il 13 maggio 1940 fu tratta in salvo da un cacciatorpediniere inglese che la trasportò a Londra. Non costituì però un governo in esilio, ma continuò con discorsi e messaggi giornalieri trasmessi da radio “Oranje” da Londra e dal Canada, dove si era successivamente trasferita, ad animare la resistenza del suo popolo contro i tedeschi.
In Belgio il re Leopoldo III, dopo aver, con iniziativa personale non prevista dalla costituzione, firmato il 28 maggio 1940 la resa con i tedeschi decise di rimanere in Belgio ma il suo tentativo di convivere con l’occupante fallì ed egli fu relegato, prigioniero, nel castello di Laeken.
In Danimarca il re Cristiano X di fronte all’irrompere, il 9 aprile 1940, dei tedeschi, nell’impossibilità di opporvisi perché praticamente privo di forze armate, firmò il 9 aprile la capitolazione che prevedeva l’impegno danese di non compiere atti ostili verso l’occupante, e da parte di quest’ultimo di non violare i diritti costituzionali della Danimarca.
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Umberto II lascia il Quirinale_13giugno1946Vittorio Emanuele III abdicò 9 maggio 1946, ma già dal 1944 aveva cessato di esercitare le funzioni sovrane, rinunciando al titolo formale di re, a favore del figlio Umberto. Dopo l’abdicazione si trasferì, con la regina Elena, in Egitto, ospite di re Faruk, dove morì in esilio volontario ad Alessandria d’Egitto, il 28 dicembre 1947.
Il 16 marzo 1946 l’ancora principe Umberto, già luogotenente del Regno aveva decretato che la forma istituzionale dello Stato sarebbe stata decisa mediante referendum, contemporaneo alle elezioni per l’Assemblea costituente.
Montanelli: “Ma quello che gli italiani non capirono il 2 Giugno del ’46 era che non si andava a votare per una persona, cioè per un re che da un anno non era più nemmeno sul trono, ma per una Istituzione che rappresentava il simbolo dell’unità nazionale, la quale si era fatta (bene o male, e magari più male che bene) nel nome e sotto il segno di Casa Savoia. Inutile – dicono – piangere sul latte versato. E lo dico anch’io. Però seguitare a sputare su Casa Savoia è come sputare su noi stessi.”
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di © Alberto Alpozzi  – Tutti i diritti riservati
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5 thoughts on “Leggi razziali e 8 settembre. I Savoia secondo Montanelli

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  2. Queste accuse sono infondate. Il re ha contribuito in maniera pacifista alla fine dei sistemi totali mettendo a disposizione del popolo italiano la sua persona, il bel mondo no? Per questo non poteva essere un eroe perché era molto credente. Tante persone conoscono la realtà. E la realtà è ben diversa. E’ stato il primo martire. Durante l’esilio non si risparmiò, lasciandoci traccia delle verità di fede attraverso la sua famiglia. E la storia va avanti così. Oggi non c’è due senza tre. Ancora si testimonia la Verità, pagando personalmente. E sembra vero. E questo ci piace. Noi abbiamo un Padrone. L’idolatria è un peccato. Questa è la storia. Ci fanno ridere le soap opera. Ma tant’è.

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