15 novembre 1914. L’Italia paga i pirati somali per proteggere i commerci internazionali

Invasioni, sottomissioni, genocidi. Questi sono in luoghi comuni che si leggono in certi testi sulla storia (anti)coloniale italiana.
Una sequenza di immagini degne del peggior film horror. Ma allora se abbiamo sottomesso gli abitanti delle colonie, li abbiamo uccisi indiscriminatamente invadendo i loro territori che necessità avremmo avuto di firmare contratti, convenzioni e pagare i Sultani?

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Il Governatore Giacomo De Martino

Strano davvero come una certa narrazione non corrisponda agli eventi e ai documenti.
Ecco qui ad esempio che il 15 novembre 1914, in Somalia, il governatore del Benadir, Giacomo De Martino, strinse una convenzione con il Sultano dei migiurtini Osman Mahmoud, per la costruzione di un faro a Capo Guardafui, promontorio luogo di naufragi, saccheggi e infestato da pirati.
Stando ai testi di cui sopra questa convenzione non esiste, sostituita magari da qualche fucilazione sommaria. Giusto?
Nel 1924, la costruzione del faro, che prenderà il nome di Faro Crispi, interromperà la secolare pratica dei pirati somali di far naufragare le navi con finti fari, proditoriamente accesi, per poi saccheggiarle e uccidere gli equipaggi.
L’accordo prevedeva che venisse garantita la sicurezza dei cantieri e anche l’invio di operai e soldati necessari alla loro realizzazione.
E di nuovo: perché stringere un accordo con il Sultano quando pare, sempre dai medesimi ineffabili autori anticoloniali, che quelle terre e quegli uomini abbiano subito solo i soprusi e l’invasione italiana?
Ma nono solo! Già precedentemente fatto nel 1889 dal il Sultano di Obbia, Jusuf Alì, dietro un canone annuo di 1.200 talleri, poi portati a 1.800, che l’Italia versava al Sultano quelle terre divennero protettorato italiano. Uguale fece Osman Mahamud il 18 agosto 1901.
Perché pagarlo? Non gli abbiamo sparato? No?!

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La convenzione del 15 novembre 1914. La traduzione integrale è a fondo articolo

Data corrispondente ad un altro accordo già siglato ad Ollok con il nostro console, il Cavalier Pestaloza, nel quale si stabilivano i precisi doveri del Sultano e dei suoi sudditi relativamente ai naufragi dei piroscafi nei pressi di Guadardafui, come scritto nell’articolo 4:
“Se dovesse succedere, e che Dio non voglia, che una nave di qualsiasi tipo dovesse arenarsi o subire naufragio sulle rive della Migiurtina, in nessun caso può essere saccheggiato il carico o l’equipaggio o essere molestati i passeggeri. Al contrario, il Sultano e gli anziani dei villaggi più vicini alla scena del disastro dovranno immediatamente offrire la loro assistenza e protezione, e dare impianti per il trasporto delle persone ad Aden o in qualsiasi altra sede più vicina, secondo il desiderio delle persone interessate. Il Sultano dovrà organizzare l’attenta sorveglianza del carico e di tutta la nave fino all’arrivo sul posto delle persone aventi diritto a chiedere loro di consegnarglieli. In questo modo il Sultano otterrà per sé e per la sua assistenza, il diritto a una ricompensa adeguata dagli autorizzati a rivendicare la nave e il carico. Questo premio sarà fissato, se necessario, per mezzo del Console Reale di Aden, dopo aver ascoltato le argomentazioni del Sultano, e secondo alle circostanze”.
E poi ancora all’articolo 6:
“Se il governo Reale dovesse desiderare di costruire un faro a Capo Assir (Guardafui) con una base presso il villaggio di Ollok o il villaggio di Damo, e un altro faro ad un certo altro luogo che può essere Alula o Bandar Felek, avranno piena libertà di farlo. Il Regio Governo avrà il diritto di tenere nei luoghi prescelti per la costruzione del faro soldati, dipendenti e servi come riterranno necessario per la guardia e la realizzazione del faro. In quei luoghi l’amministrazione e il governo sarà nelle mani dell’Italia. Resta inteso che i due villaggi di Bandar Alula e Bandar Felek manterranno la loro indipendenza e diritti come sinora esercitati e rimarranno nelle mani di coloro che ne hanno il diritto come in passato”.
La collaborazione del Sultano non fu certo gratis: la spesa fu di 10.000 rupie, da corrispondersi in due rate uguali, una all’inizio e l’altra alla fine dei lavori.
Il faro di Guardafui verrà poi rinnovato nel 1930 e sostituito con una torre in pietra a forma di fascio littorio. Ancora oggi svettante sul punta estrema del Corno d’Africa.

di Alberto Alpozzi

TRADUZIONE convenzione 15 novembre 1914
Data 26 Dul Hegg 1332 = 15 novembre 1914
Noi sottoscritti Sultano Osman Mahamud, Sultano dei Migiurtini e Commissario Crispi, rappresentante del “Muscir” il grande della Somalia Italia, diciamo che abbiamo convenuto in appresso:
Il Governo d’Italia desidera costruire un faro e telegrafo sul “Ras Asir” denominato Guardafui ed il porto sarà nel villaggio di Ollok o Damo e si sbarcheranno tutti gli addetti al faro ed al telegrafo sopra detti, siano essi europei o neri.
Io garantisco e mi rendo responsabile per gli ascari, per il lavoro del faro e del telegrafo di cui sopra. Tutti i suoi lavoratori e gregari godranno tranquillità. Mi rendo responsabile di tutto quello che può accadere ai lavoratori del faro e del telegrafo, siano essi bianchi o neri e così pure tutti i gregari del faro.
In questo senso ci siamo accordati per mettere il nostro sigillo in questo scritto, e questo è avvenuto con consenso ed iniziativa nostra.
Sultano Osman Mahamud Iussuf
Testimoni: scrivano Giama Bilal, interprete Said Iusuf

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