Asmara, Febbraio 1935 – La città è un cantiere a cielo aperto, si sta preparando la logistica per l’arrivo di 300.000 soldati con al seguito mezzi corazzati, cingolati, veicoli di ogni genere e non si sa come fare per farli transitare lungo le arterie che da Massaua portano all’altopiano.
Da Roma giunge l’ordine perentorio che entro Settembre di quell’anno, tutto deve essere pronto. Il 3 ottobre il triumviro De Bono varcherà il Mareb per occupare l’Etiopia.
Vengono fatte delle gare per l’assegnazione dei lotti, alcuni dei quali vengono vinti dalla Società Italiana Costruzioni e Lavori Pubblici con sede in Asmara. A questa il compito più arduo: costruire i ponti.
Ma come si fanno a costruire otto ponti lunghi dai 30 ai 160 metri in soli sette mesi?
Il presidente della SICELP era l’Ing. Carlo Scalera mentre la Direzione de lavori fu affidata al Maggiore Ruggero Finzi, del genio Militare. In effetti in un primo momento si pensava di costruire dei ponti in strutture metalliche, come quello sul fiume Barca ma i materiali sarebbero dovuti arrivare dall’Italia e non c’era tempo.
Non c’era nemmeno tempo per studiare l’effetto delle piene dei fiumi durante la stagione delle piogge e non c’erano mezzi d’opera e si doveva lavorare in ambienti con escursioni termiche pazzesche.
Il guado più serio da attraversare era quello del torrente Disset, nei pressi di Dogali.
A capo dell’Ufficio Tecnico della SICELP di Asmara c’erano due giovani ingegneri: Guido Sassi e Attilio Arcangeli, esperti nelle costruzioni in calcestruzzo. Ebbero l’idea di realizzare ponti ad archi appoggiati e articolati in grado di sopportare le straordinarie sollecitazioni termiche e i carichi ingenti dell’artiglieria pesante. I ponti non avrebbero avuto nessun ingombro al di sotto del piano stradale.
La loro idea tecnicamente la più innovativa al mondo fu brevettata in Asmara, dove tutt’ora si trova negli archivi.
Sulla base di questo progetto furono realizzati i ponti sulla strada di montagna Genova-Valle del Po.
La strada fu completata esattamente in sette mesi, compreso il tratto Nefasit-Decamerè che attraversava la Piana d’Ala.
I primati dell’ingegneria italiana in Africa Orientale
di © Pasquale Santoro – Tutti i diritti riservati
Pingback: I 180.000 uomini che in sette mesi costruirono la strada più ardita del mondo | L'ITALIA COLONIALE