Il 29 giugno 1924 il Regno d’Italia prende possesso del Giubaland, la regione più a sud della Somalia al confine col Kenia, ceduta dagli inglesi che la amministravano. Per l’Italia prenderà il nome di Oltregiuba.

Ma gli inglesi non cedettero il loro territorio prima di lunghe discussioni e trattative, che ebbero esito positivo grazie anche al viaggio ufficiale del 24 maggio 1924 del Re Vittorio Emanuele III a Londra. L‘Inghilterra concesse all’Italia, col protocollo di Londra del 15 luglio 1924, il territorio d’Oltre Giuba: “A proposito dell’accordo anglo-italiano per il Giubaland il Messaggero scrive – riportava La Stampa il 25 maggio – che l’opinione pubblica accoglierà con immediata e sincera soddisfazione la notizia della conclusione dell’accordo stesso, alla vigilia del viaggio dei nostri sovrani a Londra, che deve fra l’altro manifestare la mai smentita cordialità dei rapporti che unisce con le corti e i governi, i popoli d’Italia e di Inghilterra […] La questione del Giubaland è stata risolta indipendentemente dalla questione del Dodecaneso, che per molto tempo in Inghilterra si voleva invece abbinare ad essa.”

Anche il Corriere Italiano, rilevando l’importante conclusione dell’accordo si compiaceva per la rinuncia inglese all’abbinamento della questione del Giubaland con quella del Dodecaneso: “L’attuazione dell’art. 13 del patto di Londra, base giuridica e inoppugnabile della tesi sostenuta dal nostro Governo, viene oggi a togliere di mezzo l’ultima nube che ha, a tratti, adombrato i nostri rapporti con l’Inghilterra, decretando automaticamente il decadimento di quella questione del Dodecaneso così artifiziosamente suscitata da chi pensava di avvalersene in sostegno di pretesti e che non può diplomaticamente sussistere.”

Affermazione che letta oggi lascia molto a desiderare alla luce dei rapporti con gli inglesi sia in quegli anni sia poi con lo scoppio del secondo conflitto mondiale.
La nuova regione verrà poi annessa ai territori italiani con R.D.L. solamente il 7 maggio 1925, poiché la ratifica britannica si fece attendere dieci mesi, fino al 1° maggio 1925.
E non prima di altri due mesi, il 1° luglio 1925, si procedette, e non senza ulteriori discussioni, all’occupazione effettiva del territorio.
Stesso modus operandi degli inglesi, per esempio, per i territori dell’Haud e alcune zone dell’Ogaden, che riconobbero all’amministrazione etiopica con un trattato nel 1897, ma l’effettiva cessione avvenne solamente nel 1954 venendo incorporata nella provincia dell’Harar creando un diffuso risentimento popolare che portò alla nascita del “Fronte Unito Nazionale”, riaccendendo così l’antagonismo somalo verso l’Etiopia.
Il nuovo territorio ceduto all’Italia ebbe una breve esistenza come Colonia d’Oltre Giuba, dal 16 luglio 1924 al 31 dicembre 1926. Venne amministrata da un funzionario del Gabinetto del Ministero delle Colonie del tempo, Corrado Zoli, palermitano e compagno di D’Annunzio nell’impresa di Fiume, inviato appositamente come «Commissario generale per l’Oltre Giuba», per farsi carico dell’eredità – non felice – degli inglesi.
La regione era infatti afflitta da lotte inestinguibili fra clan ed era fino allora stata trascurata per la sua povertà.

Ma soprattutto l’Oltregiuba era “privo di vie di comunicazione, mancante di centri di consumo che portino un impulso alla scarsa e uniforme produzione, rispecchia attualmente, in misura ancor più modesta, le forme e le caratteristiche dell’economia indigena della Somalia.” (2)
L’Oltregiuba verrà poi definitivamente incorporato nella Somalia Italiana il 30 giugno 1926 con il R.D.L. 10 giugno 1926, n. 1118 affinché “il Giuba segnasse non una linea di demarcazione, ma un legame fra le popolazioni affacciantisi sulle rive di esso” (3) e verrà anche regolata nuovamente la divisione territoriale ed amministrativa con i Decreti Governatoriali n. 5062 del 1° luglio 1926, e n. 5079 del 14 luglio 1926.
In appena un anno il Regio Commissario Zoli, con pochi mezzi e uomini a disposizione fece del suo meglio. Chisimaio era “rinata a nuova vita. Le strade rifatte, le case imbiancate, alcune belle costruzioni (ospedale, Banca d’Italia, scuola, distillatore, chiesa e due palazzine per alloggi); illuminazione elettrica pubblica e privata, un rimorchiatore per i servizi del porto; caffè, negozi, circoli. Irriconoscibile dall’epoca dello sbarco italiano.” (4)
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NOTE
1. Documenti Diplomatici Italiani, II, doc. 542
2. Gorini M.P., Per le nostre colonie, Vallecchi, Firenze, 1927
3. Ciasca R., Storia coloniale dell’Italia contemporanea, Ulrico Hoepli, Milano, 1938
4. Vecchi B.V., L’Italia ai margini dell’Etiopia, Bietti, Milano, 1935
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