Nel 1928 con la definitiva pacificazione dei Sultanati del Nord e la
creazione della Somalia, operata dal Governatore fascista
Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, la colonia acquisì una nuova organizzazione amministrativa e per la prima volta tutte le regioni vennero portate sotto una stessa bandiera, il Tricolore, divenendo poi geograficamente e politicamente la Somalia quale oggi conosciamo.

In questo periodo di stabilità il governo italiano iniziò a riorganizzare il centro abitato di Mogadiscio e a completare un vasto programma di opere pubbliche che permise il completamento della
ferrovia Mogadiscio-Villaggio Duca degli Abruzzi, la risistemazione della rete stradale e la costruzione di una diga foranea per il funzionamento del porto.
Nel
1928 l’Ufficio delle Opere Pubbliche locale approvò il
Piano regolatore di Mogadiscio con nuovi quartieri di forma regolare rivolti verso la passeggiata a mare mentre lungo i corsi sorgevano gli edifici più rappresentativi, come la
nuova Cattedrale, progettata dall’ingegnere torinese Antonio Vandone Conte di Cortemiglia, e la sede della Banca d’Italia.
La nuova città si sviluppò con isolati dotati di grandi superfici di verde, e il vecchio quartiere indigeno degradato di Scingani venne totalmente ripensato.
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Mogadiscio – Progetto di risanamento del quartiere di Scingani
Al contempo il governo della colonia aveva sollecitato l’I.N.C.I.S. “Istituto nazionale per le case degli impiegati statali”, fondato nel 1924, a realizzare una decina di villette per i funzionari residenti, assegnando sette lotti a ovest di Scingani, tra il Viale Littorio e il Lungomare, la zona dove si sarebbe dovuta sviluppare la nuova città. Nonostante il progetto di un quartiere di villette fosse già stato elaborato l’anno precedente dall’ingegner Bernardino Polcaro, l’I.N.C.I.S. utilizzò i progetti di Vincenzo Gregoretti, un tecnico residente a Mogadiscio, costruendo una decina di case singole con giardino che rimasero come modello progettuale per le successive. Le numerose richieste di alloggi da parte dei funzionari pubblici furono soddisfatte dal nuovo governatore Maurizio Rava che rese disponibili ulteriori lotti di terreno ad est di Scingani, nei quali si sviluppò una sorta di città-giardino, contraddistinta da case basse con copertura a terrazzo, secondo la tradizione locale che teneva conto dei terreni instabili e soggetti a infiltrazioni d’acqua.
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Nelle parole di Franco Monile dal libro “Somalia”:
“Verso la duna, si profila una serena cittadina quasi adriatica, di casette modeste, linde, semi europee, tra abbozzi di giardini in formazione: Incis. […] E la città è sempre Mogadiscio, ma Mogadiscio nuova, europea. Quando anche questo quartiere sarà pronto, non vi sarà più alcuno, funzionario o impiegato, alloggiato nelle poco ariose case arabe dalle finestre misteriose e dalla non meno misteriosa fauna.”
Vincenzo Gregoretti era un ingegnere e architetto di Mogadiscio operante nella colonia somala, progettò anche il teatro e fu direttore dei lavori per la Cattedrale: “…gli ubbidiscono due geometri, due assistenti, dodici muratori bianchi con un capomastro, due falegnami bianchi, un meccanico bianco e due indigeni, dieci muratori indigeni, trentasette manovali e ottatun donne” (da un articolo de L’Imparziale – Quotidiano della Colonia Italiana di Rio de Janeiro).
Il Gregoretti morirà nel 1935, a Cheren, durante la conquista dell’Africa Orientale, era fratello del Capitano di Porto
Bruno Gregoretti, Medaglia d’Argento al Valor Militare, caduto in Croazia nel febbraio 1943, ucciso da partigiani jugoslavi.
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