Ieri a Mogadiscio è stato assassinato Abbas Sheikh Siraji ministro dei Lavori pubblici della Somalia. Era il ministro più giovane, 31 anni, in carica solo dal 21 marzo 2017. È stato freddato a colpi d’arma da fuoco mentre era alla guida della sua auto nei pressi del Palazzo Presidenziale dalle guardie del corpo ufficiali del Difensore civico del Paese.

Siraji è stato il più giovane ministro del gabinetto del primo ministro Hassan Ali Khaire. Nel 2011 fu tra i primi rifugiati somali a tornare nel proprio paese dal campo profughi di Dadaab in Kenya, dove era cresciuto sin dall’età di 7 anni, quando la sua famiglia era fuggita nel 1991 dopo il crollo dello Stato somalo a causa della guerra civile.
Il campo profughi di Dadaab è considerato ancora oggi il più grande campo per rifugiato al mondo dove vivono circa 250 mila somali “senza case, senza acqua, senza scuole, senza posti medici, senza elettricità” come lo stesso neo ministro aveva dichiarato pochi giorni fa al TEDx event a Mogadiscio.
Idolo dei giovani somali che lo consideravano un modello di successo da seguire, aveva studiato scienze informatiche all’univesità di Garissa e Nairobi.
Un grave episodio che rallenterà nuovamente il processo di dialogo e pacificazione che la Somalia sta cercando di portare avanti dall’elezione a febbraio del nuovo Presidente Mohamed Farmajo che sulla morte del ministro ha dichiarato “Sono profondamente triste dalla morte del ministro Abass, giovane, diligente e patriottico”.
Da oggi il Presidente dovrà guardarsi non solo dai terroristi islamici di Al-Shabaab che ha promesso di combattere duramente ma anche dai nemici interni.
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di © Alberto Alpozzi – Tutti i diritti riservati
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