Libia 1915-16. Il fronte dimenticato

Durante i primi anni del 1900 sono stati moltissimi i conflitti, piccoli e grandi, che investirono questo nostro piccolo grande globo. Tuttavia, per moltissimi di questi oggi si hanno pochissime informazioni o non se ne hanno affatto e così, il ricordo di questi molti conflitti “ di secondo livello” lentamente scompare. Per scongiurare che ciò accada anche per questo particolare evento, lo scopo di questo articolo è appunto quello di serbarne la memoria.

Artiglieria italiana

Se io vi parlassi di “Campagna dell’Africa Settentrionale” potrei scommettere che a moltissimi di voi verrebbero in mente le epiche scene di battaglia delle truppe Italo-Tedesche al comando di Erwing Rommel e lo sferrargliare di carri attraverso le dune del deserto…non vi si potrebbe dar torto. Come non vi si potrebbe dar torto se, al pensiero della Grande Guerra, vi venissero in mente solo trincee, i martoriati campi di Verdun e le nostre bellissime Alpi e Dolomiti; ma se io vi dicessi che c’è stato un evento che lega entrambi questi pensieri? L’evento di cui in oggetto è trattato pochissimo nei manuali di storia (alcuni non ne trattano affatto) perché considerato non solo secondario, ma in alcuni casi addirittura quasi “non pertinente” con l’evento a cui in realtà è più che legato: La Grande Guerra. Ciò di cui andremo con ordine ora a spiegare è il fronte dimenticato della Libia o, Campagna D’Africa Settentrionale 1915-1916. Nel 1915, come tutti sanno l’Italia dichiarò guerra all’impero Austro-Ungarico entrando di fatto nelle potenze dell’Intesa; ciò gettò nel panico sia i tedeschi sia i loro alleati ottomani che si videro il Mediterraneo completamente bloccato ed ostile a tutte le loro unità. Come se non bastasse, il possente embargo messo in atto dagli anglo-francesi alle potenze centrali cominciò sin da subito ad avere effetti devastanti per le loro economie e per l’aspetto sociale stesso; i tedeschi intuirono bene che non avrebbero potuto andare avanti per molto in queste condizioni, l’unica strada per ribaltare la situazione a proprio vantaggio sarebbe stata quella di colpire le potenze dell’intesa dove faceva più male, ovvero proprio alla loro principale via di rifornimenti del Mediterraneo: Il Canale di Suez. L’allora Impero Ottomano confinava con l’Egitto tramite la Palestina e dunque un attacco in tale direzione era possibile, il problema era che ovviamente gli inglesi se lo aspettavano e per questo avevano triplicato le difese in quell’area.

Fanteria italiana in attesa.

Serviva dunque un’operazione che sviasse attenzioni, uomini e risorse dal fronte del Sinai per far sì che si indebolissero le difese in quella zona. Il comando di tale operazione veniva affidato agli ottomani con l’appoggio e la supervisione tedesca. Gli ottomani non persero tempo e da subito iniziarono a contattare in via clandestina gli esponenti di una tribù specifica con cui mantennero sempre i contatti: i Senussi. Tale tribù aveva il vantaggio di essere dislocata territorialmente sia in Libia che in Egitto, era fortemente integralista dal punto di vista religioso e fortemente combattiva nonché anticoloniale. Insomma perfetta per creare un’ottima spina nel fianco non solo degli inglesi, ma anche degli italiani che avrebbero potuto correre in soccorso dei primi, e coi quali, fra l’altro, gli ottomani volevano pareggiare i conti dal 1912. I Senussi tuttavia aveano raggiunto nel tempo importanti accordi di autonomia sia con gli Italiani che con gli Inglesi e questo aveva se non altro portato una piccola parte di loro a ponderare molto attentamente le proposte turche; tuttavia questa primaria opposizione interna venne superata una volta messa in moto la Jihad che gli imam turchi lanciarono contro tutte le potenze dell’Intesa. Nonostante le continue provocazioni a posti di controllo ed a stazioni carovaniere sia gli italiani che gli inglesi continuarono a cercare di far finta di non vedere per cercare di mantenere lo status-quo pacifico all’interno dei rispettivi territori aumentandone tuttavia il controllo anche con azioni combinate e con pattuglie miste anglo-italiane.

Fanteria italiana in marcia 1915

Bisogna dire che la situazione non fu per nulla favorevole alle potenze dell’Intesa: gli italiani videro-nella sola Tripolitania- scendere il numero dei loro contingenti da 100.000 a 70.000 uomini in soli due mesi, negli altri distretti i numeri scesero in modo ancora più vertiginoso. La situazione per gli Inglesi fu ancora peggiore, per via della disastrosa campagna dei Dardanelli, l’Egitto disponeva soltanto delle forze strettamente necessarie a mantenere il controllo del territorio. Ecco dunque i motivi di tanti sforzi per mantenere la pace. Tuttavia la situazione era destinata presto a precipitare; i turchi, aiutati da un paio di sottomarini tedeschi riuscirono a trasferire in breve tempo in Libia ed Egitto diversi addestratori e armi, tra cui molte mitragliatrici. Il 15 agosto del 1915 un comandante di sottomarini britannico venne colpito ed ucciso dopo essere andato ad indagare su movimenti sospetti a terra, nella costa vicino a Sollum, il che causò un incidente diplomatico fino a quando i Senussi dissero-facendo palesemente finta- che il loro gruppo scambiò il sottomarino per una barca italiana. Sir John Maxwell , il comandante delle truppe britanniche in Egitto, finse di credere alla scusa, supponendo che fosse stata una provocazione forzare la mano alle sue truppe. Subito dopo, i Senussi iniziarono ad addestrarsi intorno a Sollum con artiglieria e mitragliatrici e poi Maxwell ottenne documenti grazie ai servizi segreti congiunti italo-britannici provenienti dal Grand Senussi- il massimo capo tribù- diretti a leader e giornalisti musulmani in Arabia e in India, in cui si sollecitava la Jihad.

Mappa operazioni

Gli Italiani inizialmente protestarono vigorosamente contro Maxwell per non essere intervenuto annientando il presidio nemico a Sollum, ma poi le accuse caddero in quanto anche dal comando generale di Roma arrivò l’ordine di cercare di ignorare per quanto possibile questo tipo di provocazioni. Il fronte si aprì ufficialmente il 14 novembre del 1915 quando un folto gruppo di Senussi attaccò il posto di controllo anglo-italiano di Sollum. Le forze italiane ed inglesi subirono gravi perdite, ma riuscirono a respingere gli attaccanti infliggendo loro altrettante perdite. Era ovvio che a questo punto la questione non poteva più passare inosservata e dunque sia italiani che inglesi dichiararono lo stato di guerra contro i Senussi all’interno dei loro territori.

1916. Hyderabad Lancers

I comandanti italiani ed inglesi di tutte le piazzeforti più importanti si misero in comunicazione e decisero che la strategia migliore sarebbe stata quella di lasciare ai Senussi tutte le aree desertiche e le oasi più piccole e scarsamente difendibili per ritirarsi su posizioni meglio attrezzate e difendibili sulla costa. E così venne disposto. Tuttavia se così parve semplice a parole nei fatti la situazione si rivelò ben più difficile: esattamente due giorni dopo i fatti di Sollum gli inglesi subirono un violento attacco da parte di oltre 300 Senussi a Sidi El-Barrani da cui furono costretti a ritirarsi nel vicino monastero di Zaura e solo per il provvidenziale contrattacco di una colonna italiana supportata da un gran numero di ascari libici, inviata in aiuto degli inglesi, questi ultimi evitarono il disastro. I Senussi a quel punto si ritirarono e decisero di non affrontare più i nemici in campo aperto dedicandosi a quello che riusciva loro meglio ovvero atti di sabotaggio ed imboscate. Questo rese tutte le operazioni di evacuazione italiane verso la costa un vero inferno, vi furono vittime sia civili che militari in gran numero (specialmente le prime) e vennero perse praticamente tutte le posizioni in Marmarica e nel Fezzan- da citare tuttavia l’eroica resistenza di Zuara chiamata “la fedelissima” in quanto nonostante fosse stata occupata dai Senussi, la popolazione locale sempre stata in ottimi rapporti con gli italiani con i quali commerciava un gran quantitativo di beni si ribellò contro i Senussi stessi causando loro non poche perdite e grattacapi fino alla rioccupazione italiana- accolta con grandi festeggiamenti-nel 1916.

Ribelli senussi

Agli inglesi non andò certo meglio; essi persero tutte le loro posizioni nell’Egitto del Sud inclusa l’importantissima oasi di Siwa che sarebbe poi diventata il centro comando operazioni turco-tedesco fino ad addirittura il 1917! Insomma sia per gli italiani(specialmente dopo la forte sconfitta del colonnello Antonio Miani a Gasr Bu Hadi, dove vennero persi una quantità enorme di rifornimenti ed armi) sia per gli inglesi il 1915 fu un “annus horribilis”, ma tutto sarebbe stato diverso nel 1916. Infatti ora che tutti o quasi riuscirono a raggiungere la costa e quindi posizioni estremamente più difendibili la situazione migliorò considerevolmente; la strategia italiana stava dando i suoi frutti! Gli italiani, come gli inglesi, avevano capito che presto il furore e la gioia dei Senussi per le loro conquiste sarebbero stati placati in quanto è vero che essi riuscirono a mettere le mani su moltissime oasi, ma è anche vero che quasi tutte erano fortemente dipendenti in fatto di cibo da città grandi come Tripoli, Toburk, Homs, Alessandria e così via; sarebbe stato sufficiente solo attendere e la fame avrebbe fatto il resto! Altre buone notizie arrivarono dal fronte britannico: gli inglesi riuscirono a rafforzare il loro contingente in Egitto con truppe australiane, sudafricane ed indiane, fatte arrivare apposta per combattere i Senussi (va comunque fatto notare che, anche con tali rinforzi gli anglo-italiani rimasero in inferiorità numerica in quanto poterono contare su un totale di 45.000 uomini -15.000 italiani e 30.000 inglesi- contro gli oltre 60.000 Senussi). Mentre gli Italiani si riorganizzarono con le consuete colonne celeri e forze aeree- memori della guerra italo-turca- per incursioni in profondità, gli inglesi si unirono a noi con la loro Western Desert Force, unità creata con gli stessi obbiettivi e con la stessa tipologia di mezzi degli italiani. I frutti di tale collaborazione non tardarono ad arrivare: i Senussi subirono pesanti perdite ed i tedeschi dal canto loro divennero furiosi in quanto accusarono sia i turchi che i Senussi di aver perso di vista l’obbiettivo principale- indebolire l’Egitto ed il canale di Suez- dedicandosi unicamente ad inutili e dannose scorrerie.

I Senussi replicarono tramite i turchi che fossero necessarie più armi e rifornimenti per far ciò che i tedeschi chiedevano; i tedeschi dunque, controvoglia, acconsentirono ad inviare regolarmente un sottomarino tra Misurata e Sollum che avrebbe consegnato il necessario. Sia gli italiani che gli inglesi ne vennero a conoscenza e furono proprio gli inglesi a proporre l’idea di un blocco navale di fronte alle coste di Libia ed Egitto; idea che venne attuata ma senza il supporto italiano in quanto gli inglesi fecero pressioni affinché gli italiani si impegnassero solo via terra. Gli italiani protestarono- a ragione- in quanto secondo il piano britannico il blocco avrebbe dovuto essere sostenuto in larga parte da unità della guardia costiera egiziana, unità vetuste, lente, e poco armate- prede perfette per i temibili U-boot tedeschi- e soltanto da pochissimi cacciatorpediniere inglesi. Non serve dire che gli u-boot affondarono quasi subito due unità egiziane aprendo così una grossa falla nella linea di blocco che non venne mai sanata riuscendo così a sfuggire di continuo alla caccia britannica. Nonostante questo inconveniente, la situazione per i Senussi cominciò ad essere insostenibile. In Egitto la Western Desert Force continuò a falcidiare guerriglieri ed in Tripolitania e Cirenaica la situazione andò anche peggio: i raid aerei e quelli delle colonne celeri fecero strage di nemici, inoltre le insurrezioni di diverse altre tribù berbere alleate degli italiani mandarono in crisi le operazioni dei Senussi in Marmarica e Tripolitania. Zuara venne rioccupata e la popolazione aiutò gli italiani ad installarvi in brevissimo tempo un aeroporto nel quale arrivò la Squadriglia di Tripoli del corpo aeronautico d’armata con i suoi molti velivoli da ricognizione e bombardamento “Farman MF11 Shorthorn”, i quali garantirono agli italiani il dominio dei cieli e quindi la possibilità di attuare veloci e potenti raid in profondità specialmente nelle cittadine libiche di Agelat e Sorman le cui guarnigioni Sanusse vennero presto annientate. Sempre nel 1916 gli inglesi assestarono un colpo violentissimo (e dal loro punto di vista, decisivo) ai Senussi durante la battaglia di Agaia, mentre dalle parti italiane un parente del Grand Senussi Sayed Ahmed, tale Sayed Hilal, si presentò a Tobruk- di fatto arrendendosi-davanti al comandante della guarnigione italiana, chiedendo pietà e cibo per i popoli affamati nella Marmarica (Ecco che l’intuizione poco sopra esposta dei comandi italiani si rivelò corretta!), il comandante italiano accettò, ma in cambio egli avrebbe dovuto ordinare a tutti i suoi adiabat (i capi guerrieri messi a capo delle bande che si dedicavano alle scorrerie) di riconsegnare almeno 1.000 fucili l’uno, di quelli che presero agli italiani nel 1915 dopo la sconfitta di Gasr Bu Hadi. Hilal accettò e questo non solo pose fine alle lotte in Marmarica, ma si rivelò utilissimo anche nel fornire informazioni agli italiani per un raid nel porto di al-Burdi Sulaiman a maggio e poi nel vecchio campo di Sayed Ahmed a Masa’ad; i raid avevano l’obbiettivo di distruggere i depositi di armi e munizioni e catturare Sayed Ahmed stesso. La distruzione dei depositi fu portata a termine, ma Sayed Ahmed riuscì a fuggire entrambe le volte. Sempre nel 1916 venne intavolato un tavolo di pace e nello stesso tempo il tentativo diretto da parte dei turchi di attaccare Suez fallì miseramente: i Senussi non erano riusciti ad indebolire gli anglo-italiani e le posizioni a Suez in modo sufficiente e la jihad non aveva sortito gli effetti desiderati in quanto i mussulmani sia di Libia che d’Egitto non si erano per nulla sollevati in forza contro gli occidentali. Il trattato prevedeva per la parte italiana una più ampia autonomia ai Senussi- pur mantenendo lo status-quo ante- la tutela della religione islamica sunnita a patto che però non si radicalizzasse mai e che tutti i mussulmani consegnassero le armi alle forze italiane. Gli inglesi prevedevano per i Senussi più o meno le stesse cose con in più un accordo commerciale favorevole nei loro confronti su molte merci. Questo ufficialmente segnò la fine della campagna del Nord-Africa, gli anglo-italiani poterono contare 800 morti e 2.000 feriti, mentre per i Senussi si contarono più o meno 4.000 tra morti e feriti (queste però sono solo le perdite conteggiate fra militari)*. Nonostante questo accordo tuttavia degli scontri continuarono sino alla fine della guerra; una parte oltranzista dei Senussi, incluso Grand Senussi Sayed Ahmed, non accettò la sconfitta e continuò a combattere spaccando il fronte interno in diverse faide tra chi invece voleva la pace. Nel 1917 Sayed Ahmed rimase sempre più isolato e con poco seguito fino a quando suo nipote Sayyid Mohammed Idris , che si era opposto alla guerra sin dall’inizio, decise di spodestare suo zio, prendere il posto a capo dei Senussi e fare un accordo di pace stabile con inglesi ed italiani: L’accordo di pace tra gli inglesi, gli italiani ed i Senussi concordato il 12 aprile 1917, riconobbe Idris come emiro di Cirenaica (che alla fine divenne re Idris I di Libia). Idris venne obbligato a consegnare tutti i cittadini britannici, egiziani o alleati che erano stati fatti schiavi durante le scorrerie ed a consegnare o espellere gli ufficiali ottomani ed i loro alleati, giurando fedeltà eterna agli italiani ed ai loro alleati. Con questo accordo definitivo la pace venne stabilita fino alla fine della guerra; Sayed Ahmed riuscì sfuggire agli italiani sino all’agosto 1918 quando un sommergibile austro-ungarico riuscì a farlo riparare in Turchia, a Costantinopoli, da dove continuò a condurre propaganda panislamica. In conclusione questo articolo vuole porre l’accento su questa storia dimentica che non solo vale la pena ricordare per le azioni-molteplici- di eroismo da parte italiana sia in termini militari che umanitari (vennero tratti in salvo moltissimi civili, anche stranieri, ed indigeni nelle grandi città costiere) ma vuole anche rendere omaggio a tutti i nostri caduti in terra d’Africa durante la Grande Guerra. Senza tutti quei soldati molto probabilmente, la guerra avrebbe potuto prendere una piega molto molto diversa. La pacificazione totale della Libia richiederà ancora molto tempo e fatica, ma questa è un’altra storia… Le ultime considerazioni come sempre io le lascio a voi.

di Leonardo Sunseri

NOTA * Alcune fonti dicono: 57 morti e 118 feriti italiani, 76 morti e 79 feriti dell’Impero Britannico, 1000 Senussi morti o feriti.

BIBLIOGRAFIA

1) Martin Gilbert, “La grande storia della Prima guerra mondiale” Mondadori, 1^ edizione, giugno 2017.

2) Gian Paolo Bertelli, “Tripoli bel suol d’amore. I Ferraresi nella guerra Italo-Turca”, stampato in proprio, Ferrara settembre 2010.

3) https://archiviostoricogalvanin.altervista.org/zuara-1912-1943/

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