Petang, 1900. “Difendete i cristiani”

di Leonardo Sunseri
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Cari Signori e Signore anche questa volta vorrei portare alla luce un evento-molto poco conosciuto- che merita di essere ricordato non solo poiché vede impegnati i nostri valorosi soldati, ma anche perché è una storia che ha come base una motivazione, che ora è divenuta nuovamente- e tristemente- attuale: la difesa dei Cristiani!
Oramai questo concetto potrà sembrare strano agli occhi di voi lettori dato che ormai ben pochi sembrano interessarsi alle sorti dei nostri “fratelli di credo” che vengono spesso e volentieri lasciati a loro stessi in aree fortemente ostili: vedasi ad esempio quello che è recentemente successo in Nigeria…tuttavia non è stato sempre così! Difatti proprio quando ancora l’interesse e la protezione nei riguardi dei nostri fratelli cristiani non era considerata un becero atto di razzismo/fascismo ma bensì un valore fondante nella civiltà occidentale, nasce la storia che sto per raccontare.
OLIVIERI-ANGELOCome sempre partiamo dall’inizio. Prima di cominciare tuttavia è necessaria una premessa: nel raccontare questa storia mi sono basato quasi unicamente su un rarissimo ed interessante rapporto stilato da un nostro soldato che prese parte alle operazioni ed il cui nome e grado sono i seguenti: Sottotenente di Vascello Angelo Olivieri. Quindi spesso cederò a lui stesso la parola.
Ciò premesso si osserva quanto segue: La nostra storia ha inizio nell’ormai lontano 1900, più precisamente tra il giugno e l’agosto dello stesso anno, in Cina. La situazione non è per nulla delle migliori: E’ già scoppiata la rivolta dei Boxer e, come se ciò non fosse sufficiente, l’Esercito Imperiale Cinese, che poco prima aveva cercato di tenersi neutrale nella lotta fra europei e boxer ora si è schierato apertamente coi secondi!
Come ben si sa i Boxer erano “ribelli” di stampo xenofobo, nazionalista e specificatamente anticristiano. Dunque è facile intuire come i bersagli prioritari scelti dai boxer fossero chiese, sacerdoti, cittadini europei e cittadini cinesi convertiti al cristianesimo. Proprio loro saranno al centro di questa storia, ma come sempre, partiamo con ordine!
Le legazioni ormai sono sotto assedio ed i rinforzi sebbene in organizzazione, devono ancora partire.
Ma se le Legazioni ormai posso contare su una buona difesa composta da diversi contingenti multinazionali e su una difesa geografica più che buona (erano all’interno di una sorta di cittadella fortificata con grosse ed alte mura), la situazione non è altrettanto rosea per tutte le proprietà al di fuori!
Chiese e quartieri europei/cristiani (con relative persone annesse) erano lasciati a loro stessi o guarniti con pochi soldati europei che poco o nulla avrebbero potuto fare contro interi battaglioni dell’Esercito imperiale cinese, supportati da migliaia di boxer, eppure a Petang accadde l’inimmaginabile!
La Missione di Petang e tutte le aree di confessione cristiana limitrofe erano sotto controllo di Pierre-Marie-Alphonse Favier (1837-1905), Vicario apostolico dell’arcidiocesi di Pechino e progettista della cattedrale più grande ed importante della zona- presente ancora oggi-: la Chiesa del Salvatore.
Egli aveva capito fin da subito che presto, i boxer ed i loro sostenitori avrebbero rivolto contro di lui e la sua arcidiocesi tutte le loro forze e quindi aveva messo allerta personalmente tutte le chiese e le comunità sotto la sua area di controllo ed aveva fatto portare grandi quantità di cibo e materiali all’interno della missione di Petang- ormai diventata il suo “Quartier Generale”- prevedendo già quello che sarebbe potuto succedere e che poi sarebbe successo. Per ulteriore sicurezza il vicario Favier chiede rinforzi al comando francese che tuttavia non fa altro che confermare il numero di soldati (fanti di marina) già dislocati in zona per la difesa della missione:28!
Favier, molto preoccupato, lancia un disperato appello alle altre potenze, ma tutte rifiutano di inviare rinforzi…tutte eccetto una: L’Italia!
Monsignor Favier nel 1900Il comando generale italiano, e nella fattispecie il Tenente di Vascello Paolini, infatti è il solo a rispondere alla disperata richiesta d’aiuto del Vicario e, sebbene anche il suddetto comando generale sia in seria difficoltà nel gestire la situazione emergente nella difesa del quartiere delle legazioni e degli altri possedimenti italiani, riesce comunque a distaccare un drappello composto dal sottotenente di vascello Olivieri e dai suoi 11 fanti di marina a cui da ordine di raggiungere la missione e di svolgere un compito molto importante: “Difendete i cristiani!” Ecco il compito che riceve Olivieri dal suo comandante, e così dunque il drappello si mette in marcia e, tra mille pericoli, riesce a raggiungere sano e salvo-il giorno 5 Giugno-(accompagnato dal calorosissimo benvenuto e dal sincero ringraziamento di Favier) la missione di Petang, che appare ai loro occhi così come ce la descrive Olivieri nelle sue memorie:” La Missione di Pe-Tang è costituita da un gruppo di fabbricati recinti ed occupanti uno spazio rettangolare della superficie di circa un kmq. La Missione è divisa in due parti, la parte Nord distinta col nome di Yen-Totang è occupata dalle suore di carità; la parte sud (più grande della precedente) è occupata dai missionari. Nella Missione esistono due chiese. La più grande (Cattedrale del Pe-Tang- alias Chiesa del Salvatore[ndr]-) è al centro della porzione sud della Missione; l’altra, più piccola è chiamata Cappella delle suore, trovasi nella parte nord della Missione- Le due parti della Missione sono separate da una strada interna e comunicanti fra loro […]”. Le motivazioni che all’epoca hanno spinto gli italiani ad agire sono molteplici e complesse, oltre al classico “cuore buono” che sempre ha contraddistinti e contraddistingue tuttora i nostri valorosi soldati, un’altra ragione potrebbe essere data dal fatto che gli italiani non avrebbero potuto sottrarsi a tale compito proprio per via dell’eredità storica dell’Italia e di Roma in particolare (sede principale del cristianesimo in occidente), senza contare che un vasto impegno nella difesa dei cristiani avrebbe potuto riavvicinare, seppure sensibilmente, le posizioni del Vaticano a quelle dell’Italia unitaria. Ad ogni modo, qualsiasi fosse la ragione, i nostri soldati seppero svolgere il loro compito con fedeltà e valore tanto da impressionare tutte le altre potenze, alla fine di questa storia!
Continuiamo ora però, con il nostro racconto.
La situazione che si trovano ad affrontare gli uomini a difesa della missione è a dir poco critica. La missione ormai è completamente isolata dalle Legazioni -che distano solo tre km-e da qualsiasi altro centro di difesa europea; i soldati devono contare solo su loro stessi e sulle scorte che Favier ha sapientemente fatto ammassare all’interno della cattedrale poco prima che il peggio succedesse.
difensori di Pe-Tang 1900Come se ciò non bastasse il perimetro della missione è protetto solo da un muro, in alcuni punti addirittura interrotto e nulla più; si può solo contare su di una sezione di muro perimetrale della città imperiale (infatti la missione era all’interno della stessa) e sulla porta del Shi-roi-men che isolava ulteriormente la missione dal resto del territorio. Quest’ultima però era di difficile raggiungimento da parte di chi fosse stato all’interno della missione per via del lungo tratto scoperto che esisteva fra i due punti, dunque era chiaro che fosse necessario un forte aumento delle difese perimetrali più adiacenti alla missione. A complicare ancora di più la situazione vi era il fatto che, giustamente, tutta la popolazione cristiana che non aveva trovato altri rifugi in zona si stava riversando sulla missione di Petang vedendola quale unico faro di salvezza raggiungibile, e Favier, altrettanto giustamente, apriva loro con favore ed affetto le porte della stessa…il problema era che così facendo le scorte di viveri andavano via via diminuendo sempre più velocemente. Si pensi che Favier era arrivato ad ospitare 3.900 persone-secondo Olivieri 2.500-(un numero allucinante se si pensa che la dimensione totale del luogo, come detto, non superava il chilometro quadro) nella sua missione! Per gran parte cinesi convertiti, a cui si aggiungevano un centinaio di europei ed 860 bambini orfani cinesi.
Tuttavia questo fattore ha avuto anche un risultato positivo, se infatti è vero che tutte queste persone consumavano parecchio cibo in più e per la maggior parte erano donne, bambini e vecchi, è anche vero che tutti hanno voluto partecipare ai lavori-aiutando moltissimo i militari- per la costruzione delle strutture difensive della missione riuscendo a costruire in breve tempo parapetti, trincee, rafforzi ai muri e diverse postazioni difensive lungo tutto il perimetro della missione e sui tetti di tutti gli edifici della stessa, seguendo i preziosi e scrupolosi consigli di Faivre che, in accordo coi due ufficiali francesi e col sottotenente Olivieri, era stato nominato “Capo della Difesa” della missione stessa.
Le difese vengono ultimate appena in tempo…già il giorno 15 alle 17.00, un forte gruppo di boxer si presenta verso la missione! I soldati si mettono immediatamente alle posizioni, ma, inspiegabilmente per i boxer come per i difensori, la porta di Shi-roi-men è chiusa e quindi i boxer da prima tentano di farsela aprire con insulti, minacce e urla, ma non ricevendo risposta per ben due ore decidono di riversare la loro furia sulla vicina e purtroppo indifesa missione di Shalal, incendiandola completamente.
Il giorno dopo i boxer, alla stessa ora, si rifanno vivi, ma stavolta, la porta di Shi-roi-men è aperta- nessuno sa come e perché-! I ribelli occupano una parte della cinta muraria imperiale e cominciano a rovesciare all’interno della missione una valanga di proiettili, ma fortunatamente il tiro è impreciso. Olivieri ci descrive così il primo assalto dei boxer alla missione:”Noi siamo tutti ai nostri posti. Sono circa 300 che vengono avanti armati di sciabole, coltellacci, alabarde e torce a vento; vestono un abito bianco o bleu con cintura rossa, turbante rosso e con fasce rosse intorno al collo ed ai piedi. Si avanzano lentamente urlando, roteando le sciabole ed inginocchiandosi ogni 15-20 passi. Una parte dei marinai francesi di guardia alla Gran Porta sono pronti ad accoglierli; li lasciano avvicinare sino a circa 50 metri e ne abbattono quindi una ventina con una prima scarica di moschetteria. I boxer continuano ad avanzare collo stesso sistema; una seconda scarica ne abbatte un’altra ventina[…].”
pechino-1900-te-deum-nella-chiesa-del-salvatore-o-pe-tang-cattedrale-immagine-dal-settimanale-francese-quotidiano-lillustrazione-10-novembre-1900-kn5j1kDopo aver lasciato sul terreno oltre 40 dei loro i boxer si ritirano e lasciano ai nostri assediati un po’ di respiro…ma è solo l’inizio. Nei giorni seguenti i boxer attaccano ed attaccano in continuazione, ma vengono sempre respinti con gravi perdite mentre per gli europei le perdite non superano qualche militare ferito lievemente. I lavori di fortificazione messi in atto dai soldati con la supervisione di Favier sono stati fondamentali e si sono rivelati utilissimi, ma la situazione cambia drasticamente in peggio il giorno 24 di giugno! Le vedette poste nei punti più alti della cattedrale rilevano un forte movimento di truppe verso il lato Nord; quindi i soldati si schierano in quella direzione, ma appena arrivati in posizione difensiva vengono bersagliati da colpi di artiglieria! La situazione è diventata chiara a tutti: i boxer hanno chiamato i soldati imperiali! La situazione all’improvviso diventa critica: la Missione è bersagliata da 3 cannoni Krupp da 80mm manovrati da soldati imperiali addestrati che rendono i colpi di quei cannoni precisissimi (e del resto non c’è da stupirsi, furono proprio i cinesi ad inventare l’artiglieria!) tanto da spingere gli europei ad abbandonare alcuni terrapieni difensivi per mettersi al riparo. Ma nostri soldati, passata la sorpresa, sono ora pronti a rispondere! Sentiamo ancora una volta le memorie di Olivieri:”Corriamo sul terrapieno che protegge il muro Nord e facciamo alcune scariche di moschetteria contro i cannoni, ma il tiro dell’artiglieria cinese è troppo ben diretto ed in seguito ad accordo preso coll’ufficiale francese, sopraggiunto con 5 uomini di rinforzo credo opportuno far discendere i mie uomini dal terrapieno ed allontanarli dalla linea del tiro, mantenendomi però pronto ad accorrere al primo accenno di assalto da parte dei cinesi. Poco dopo sono avvertito che presso i cannoni che continuano a sparare incessantemente si è raccolta una grande quantità di boxer: protetti dai cannoni essi vogliono slanciarsi all’attacco. Riguadagniamo subito il terrapieno disponendosi: gl’italiani sulla sinistra contro due cannoni, i francesi sulla dritta contro l’altro cannone. Scarichiamo a 700 metri i nostri fucili contro la massa di boxer pronta per l’attacco; alla seconda scarica i boxer si danno alla fuga, mentre i cannoni continuano il loro tiro. I cannoni cinesi tirano splendidamente e mano a mano sempre più s’impone la necessità di sloggiare i cinesi dalla loro posizione. A momento opportuno cominciamo un fuoco di salva contro i cannonieri, i quali dopo circa mezz’ora sono obbligati ad abbandonare la posizione trascinandosi via i cannoni e lasciando alcuni morti e parecchie feriti sul terreno. Nel tempo stesso i 5 francesi ottengono lo stesso risultato. Salutiamo questa piccola vittoria con un triplice urrà di “Evviva l’Italia!” ed “Evviva la Francia!” […]”. Credendo che la fine del bombardamento fosse il segnale della definitiva messa a tacere della resistenza all’interno della missione, un nuovo gruppo di boxer arrivati poco dopo da un’altra direzione torna all’attacco della cinta difensiva della missione, ma viene violentemente respinto. A questo punto, gli attacchi frontali cessano, ma vengono ripresi i bombardamenti d’artiglieria a cui si aggiungono anche dei rudimentali, ma molto precisi, razzi sparati da 600-700 metri di distanza che causano incendi alle strutture della missione. Gli incendi vengono sempre spenti ma la situazione è critica. I bombardamenti non cessano, i francesi hanno cominciato a subire le prime perdite, le difese sono ancora in piedi ma hanno subito forti danni e l’esercito liberatore è ancora lontano. Per questo i militari europei cominciano a dispensare ai rifugiati della missione spade, alabarde, bastoni, pugnali e persino alcuni vecchi revolver a spillo. Da parte sua Favier mette disposizione dei militari 5 dei suoi migliori missionari (già ottimi cacciatori) armati con fucili Winchester a ripetizione. Questa forza si rivelerebbe utile in caso di un forte assalto dei boxer alle difese perimetrali della missione. Gli altri missionari sono impegnati nella costruzione di nuove difese e nella riparazione delle altre. Le suore invece svolgono l’utilissimo servizio di infermiere ed addette alla dispensa del cibo. Ora però è diventato proprio quello il problema: il cibo! Nonostante le scorte fossero molto abbondanti, il numero enorme di rifugiati e le settimane di assedio avevano drasticamente ridotto la quantità di cibo disponibile. Tutti i maiali erano stati mangiati ed ora i civili della missione si stanno contendendo le ultime pelli degli asini macellati e le loro interiora. Come se ciò non fosse sufficiente stanno terminando anche le munizioni! Ma nonostante questo il morale generale e specialmente quello dei militari è alto! I successi raggiunti nella difesa sono stati davvero insperati e la volontà di continuare a combattere è chiara nelle parole di Olivieri che dice:” In ogni modo dispongo che un pacchetto di cartucce sia conservato da ciascun marinaio per l’ultimo momento: se ci prenderanno venderemo cara la nostra vita e quelle delle suore e dei cinesi cristiani che siamo chiamati a difendere![…]”.
pechino-1900-te-deum-nella-chiesa-del-salvatore-o-pe-tang-cattedrale-immagine-dal-settimanale-francese-quotidiano-l-illustrazione-10-novembre-1900-kn5j36I giorni passano ed i boxer continuano nella loro opera di assedio bombardando ed attaccando la missione, ma vengono sempre respinti con forza. In una occasione gli europei riescono persino ad impossessarsi di un cannone cinese, cosa che ha fatto schizzare alle stelle il morale degli assediati. Ma la situazione cambia drasticamente l’11 luglio…così Olivieri ci descrive quel giorno:” All’una si sente una forte scossa ed un rombo simile a quello di un terremoto. Trema tutta la missione mentre una grandine di pietre, terra e mattoni cade nei cortili ferendo varie persone ed ammazzando un cristiano. Una grossa mina è saltata in mezzo alla strada che separa all’est la Missione dalle casupole cinesi, ma fortunatamente essendo stata mal preparata i danni che arreca sono quasi insignificanti. Ed ecco un altro mezzo di offesa: la mina! Contro questo nemico sotterraneo non abbiamo alcuna difesa; fare lungo i muri di cinta della Missione una contromina di cinque o sei metri di profondità non è la cosa più semplice, bisognerà quindi esercitare la massima sorveglianza e sentendo dei colpi sotterranei scavare delle piccole contromine in prossimità[…]”. La mina, se anche non ha inflitto danni rilevanti alle strutture della missione ha assestato un colpo devastante sul morale degli assediati, già in parte provati dalla fame che comincia a serpeggiare già da qualche tempo. Ma i soldati sanno che non bisogna perdersi d’animo e continuano strenuamente nella difesa della missione! Passano giorni e giorni e si arriva ad agosto…la situazione col cibo a questo punto però è davvero critica…i civili hanno solo poco più che il riso necessario per vivere, tutti i neonati ormai sono morti per via della mancanza di latte dai seni delle madri denutrite e come se ciò non bastasse ai soldati non restano che un centinaio di cartucce; Olivieri scrive:” Noi non abbiamo che un più che un centinaio di cartucce che conserviamo per il momento estremo tutti decisi a vendere cara la nostra pelle e quella delle suore e delle donne e dei bambini che dobbiamo difendere. Dinanzi allo strazio di tante madri e di tanti bambini che piangenti vengono a chiedere in ginocchio un tozzo di pane, nel pomeriggio decidiamo di fare al mattino seguente una sortita e prendere d’assalto un magazzino di grano distante circa mezzo km da noi”. Ecco dunque che il buon cuore dell’italiano si fa vedere! L’operazione di per se è rischiosissima, ma pur di dare un sorriso a quei bambini i soldati di Olivieri sono pronti al massimo sacrificio! Ad ogni modo l’operazione viene fermata da Favier in persona che, nonostante affamato e smagrito di molto anche lui, lucidamente espone il fatto che un’operazione del genere sarebbe inutilmente rischiosa e priverebbe la difesa della Missione stessa del lodevolissimo e fondamentale supporto delle forze italiane e questo sarebbe un disastro! “Si può ancora tirare un po’ avanti e nel frattempo l’esercito liberatore potrebbe arrivare”, afferma Favier. Olivieri, assieme ai sui marinai, posti di fronte all’evidenza dei fatti capisce e, sebbene a malincuore, decidono di abbandonare l’impresa. Il giorno 4 di Agosto Olivieri scrive:” Siamo al 4 di Agosto; passa quasi calmo. Nella notte piove a dirotto per circa 5 ore e si sentono da lontano colpi di cannone da sud-est, che sarà mai?”. Olivieri non lo poteva sapere, ma quei colpi di cannone erano proprio quelli dell’armata principale di soccorso inviata dagli europei in Cina che stava combattendo facendosi largo fra le fila cinesi per arrivare a Pechino! Favier, non sapendolo, aveva proferito, giusto un paio di giorni prima, parole profetiche. I soccorsi erano in arrivo!
Chiesa del Salvatore oggiMa ahimè a questo esercito di soccorso ci sarebbe voluto ancora un po’ per arrivare e nel frattempo la Missione era ancora sotto forte assedio; non solo! I boxer si erano pure rafforzati fino ad arrivare alla spaventevole forza di 10.000 effettivi! 10.000 contro ormai meno di 41 marinai fra italiani e francesi! Non appena ricevuti questi rinforzi il giorno 10 il bombardamento contro le difese cristiane di Petang ricomincia ancora più violento delle scorse volte. In questa occasione vengono feriti più o meno gravemente diversi cinesi rifugiati, alcuni vengono uccisi ed alcuni marinai francesi ed italiani rimangono feriti. Anche questa volta, gli assalitori sono respinti dalla prode difesa dei marinai italo-francesi, ma il peggio sta per accadere! Proprio mentre i difensori si stanno riposando dopo aver respinto l’ultimo attacco ed Olivieri, assieme a 5 dei suoi marinai, si reca in uno degli edifici per controllarne lo stato e se vi sono ulteriori scorte di cibo o munizioni, un tremendo boato ed una forte scossa di terremoto investono la missione! Praticamente tutti gli edifici-fatta eccezione per la grande cattedrale, che riesce a resistere in forza della sua grandezza e della pietra con cui è costruita- della missione, incluso quello in cui si trovano olivieri ed i suoi uomini, crollano! Nessuno ha dubbi: stavolta i cinesi non hanno commesso errori! Una mina è esplosa proprio sotto la missione! 4 marinai italiani muoiono sul colpo mentre rimangono in vita Olivieri ed il cannoniere Roselli, che però è gravemente ferito. Olivieri nelle sue memorie scrive: “ Una immensa mina dev’essere saltata e dubito che tutti intorno siano rimasti vittime. Non perdo i sensi, tento di fare qualche piccolo movimento ma impossibile, sono completamente sepolto e la quantità di terra, travi e tegole che ho su di me dev’essere enorme. Respiro rantolando, tento di gridare, ma inutile. Che fare? Attendere la morte in quell’orrida posizione, morire sepolto vivo. Ma fortunatamente non tutta la missione è crollata, molti vivono ancora e si precipitano sul luogo del disastro per tentare di salvare possibilmente qualcheduno. Sono accolti con una grandine di proiettili da parte delle truppe imperiali che tentano di impedire qualunque opera di salvataggio. Il mio sott’ufficiale, 4 marinai ed io siamo sotto le macerie e non rimangono di noi che 5 marinai i quali aiutati dai francesi accorsi cominciano l’opera di salvataggio. Dopo ¾ d’ora di lavoro, scavando con le mani riescono a tirare fuori una mia mano che sentono ancora calda; raddoppiano gli sforzi ed in breve riescono a tirarmi fuori la testa e darmi luce ed aria. Era tempo! Mi traggono fuori dalla mia tomba e mi portano in una camera dove le suore mi prodigano le prime cure. Sono ferito alla testa ed al piede destro ma non gravemente. […]”. Anche il Cannoniere Roselli viene estratto vivo, ma in seguito alle ferite, muore poco dopo. Il cannoniere Fanciulli, altro marinaio estratto dalle macerie, è orrendamente mutilato ed ormai privo di vita. Per gli altri 2 ormai viene abbandonata ogni speranza e non vi è più tempo per estrarli dalle macerie. Il tiro contro i soccorritori è troppo intenso. Spunta l’alba del giorno successivo e, nonostante tutto quello che gli è capitato, Olivieri è già sugli spalti a vigilare. Il bombardamento della missione continua, ma non vi sono grandi attacchi di fanteria boxer. All’una di notte tuttavia la missione si sveglia con il rumore di una violentissima scarica di fucileria e diverse salve di cannone…ma non sono dirette contro di loro! Tutti capiscono: finalmente sono arrivati i rinforzi! La gioia nella missione diventa incontenibile ed è perfettamente spiegata nelle parole di Olivieri che scrive:” Non si ha più dubbio, gli europei, l’esercito liberatore, tanto desiderato, tanto aspettato è sotto le mura di Pechino. Nella Missione accade una scena indescrivibile. Tutti escono nei cortili uomini, donne, bambini, tutti vogliono sentire il cannone degli europei; la gioia, l’immensa gioia è dipinta sul volto di tutte quelle 2.500 persone che da più di due mesi sono rinchiuse in questo luogo assediate, bombardate, minate dai loro stessi fratelli. Tutti escono, tutti girano per i cortili pazzi di gioia senza più curarsi delle fucilate che continuano e del cannone che non cessa di bombardarci. In un attimo due mesi di sofferenze sono dimenticati e tutti già pregustano l’immensa gioia della liberazione prossima. Speriamolo, speriamolo caldamente! Pechino è forte! Pechino è difesa![…]”. Nonostante ormai gli europei, con le loro forze di soccorso stiano sfondando tutte le linee di retrovia dei cinesi che assediano la missione, questi ultimi, quasi in un disperato ultimo tentativo di spuntarla posizionano altri due cannoni che rovesciano un volume di fuoco incredibile contro gli ormai stremati e decimati soldati europei a guardia della missione. Tanto che Olivieri crede che i soccorsi non faranno a tempo ad arrivare. Arriviamo al 16 di agosto. E’ mattina, e mentre Olivieri è ancora sugli spalti con il fucile spianato a ripararsi dalle cannonate cercando di colpire i cannoni stessi, ad un certo punto il fuoco nemico diminuisce drasticamente di intensità e le vedette poste sui punti più alti della cattedrale gridano:” Soldati Giapponesi! Soldati Giapponesi! Siamo liberati! Siamo liberati!” Olivieri in un primo tempo nemmeno ci crede, pensando sia un delirio dovuto alla fame ed alla stanchezza, ma invece i soldati giapponesi sono proprio lì! Ed hanno rotto l’assedio della missione! E nel tempo stesso si vedono a seguire truppe britanniche, tedesche, francesi, russe, americane e un gruppo di fanti di marina italiani guidati dal Tenente Paolini in persona! I cannoni cinesi che ancora tiravano qualche colpo contro la missione sono spazzati via dalla cavalleria europea ed Olivieri stesso, con tutte le forze militari e civili disponibili all’interno della missione ordina addirittura un contrattacco sulle mura imperiali mettendo in fuga i boxer che ancora le presidiavano! E così le porte della missione si aprono dopo due mesi d’assedio! La missione ha resistito contro ogni previsione! 41 uomini hanno tenuto testa ad un esercito di 10.000! Favier, impazzito di gioia corre in lungo ed in largo nella missione gridando alla vittoria e rendendo grazie al signore ed ai valorosi sodati che fino alla fine l’hanno difesa! Il missionario americano W.P.A Martin afferma:”La difesa di quella cattedrale costituisce la pagina più brillante della storia dell’assedio. Il risultato ottenuto da Favier, e dai valorosi soldati europei lì dislocati, in difesa della cattedrale di Peitang a Pechino è stata a dir poco un miracolo. La nuova chiesa, o del nord, che si trovava in un terreno aperto, era considerata in grado di difendersi, e monsignor Favier decise coraggiosamente di tenerla a tutti i rischi, preservando così la vita di tremila convertiti che vi avevano preso rifugio.”
Dopo il più che meritato te-deum di ringraziamento nella cattedrale stessa ora bisogna fare la conta dei danni…Favier stima che 15.000-20.000 membri del suo gregge sono stati uccisi mentre Petang era assediata e sono state bruciate i tre quarti delle chiese e delle cappelle nella zona di sua competenza. Per quanto riguarda le perdite a Petang dei 41 marinai a difesa 11 sono morti, 7 sono rimasti gravemente feriti e 15 feriti leggermente. Dei rifugiati invece, le perdite si stimano in 300 persone. Dei 12 italiani che hanno difeso la missione solo la metà esatta, 6, sono sopravvissuti. Ma ciò nonostante la gioia è incontenibile e Favier, dopo aver ringraziato i suoi difensori, si rimette al subito al lavoro per riparare i danni subiti con il cuore nuovamente carico di energia poiché se anche i danni sono tanti, il miracolo di Petang segna il punto da cui tutto si ricostruirà! Ed in effetti così è stato e la Chiesa del Salvatore ancora oggi si staglia su Pechino con tutta la sua nobiltà e la sua fierezza! E così la nostra storia finisce…non mi dilungherò troppo nella conclusione poiché già mi sono dilungato troppo in questo articolo; dico solo che questa storia meriterebbe uno spazio molto più luminoso nella storia nazionale, poiché mette in luce non solo il valore dei nostri soldati-che come sempre ottiene da parte mia la massima stima-ma anche i loro sentimenti più umani di padri, mariti e uomini prima che soldati! Andati a difendere persone di un altro popolo in un posto come quello solo perché nessuno meritava di morire solo perché cristiano…solo perché quelle donne, vecchi, uomini e bambini erano…fratelli! Questa storia, a mia umilissima opinione, dovrebbe insegnare a tutti noi che i nostri fratelli di fede vanno sempre aiutati e supportati poiché se è vero che Dio è onnipotente ed onnipresente ovunque, a volte ha bisogno dell’aiuto dei suoi figli per proteggerne altri che hanno bisogno! Del resto è questo che impone la nostra fede: Aiutare chi ne ha bisogno con affetto nei momenti più complicati! Ed è infatti proprio quello che quei 12 italiani andarono a fare nel 1900 alla missione di Petang…oggi ahimè quegli insegnamenti sembrano dimenticati nel tempo ed a noi non resta che pregare che la società possa ritornare in una situazione migliore per i nostri confratelli sparsi per il mondo e per noi stessi. Dato che per ora le uniche parole che mi vengono in mente sono:” O Tempora, O mores”…la parola finale, come sempre, la lascio a voi.
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NOTE
Il meraviglioso comportamento dei nostri soldati in quella terribile situazione d’assedio è confermata dalle parole di Olivieri stesso che afferma:”In questo periodo d’assedio ho constatato con immenso piacere che i miei marinai sono ottimi elementi.
Il servizio, durissimo è disimpegnato con ottima volontà e sangue freddo non indifferente;al fuoco tutti si portano ottimamente; osservano puntualmente l’ordine da me dato di non bruciare cartucce che nei casi di assoluta necessità e solo quando sono ben sicuri di non fallire il colpo. Restano per ore ed ore alle feritoie sotto una grandine di proiettili, pronti a respingere il nemico se questi si avanza. Non hanno la possibilità di infiammarsi nella lotta perché mancano di cartucce rispondendo al fuoco nemico, e ciò non ostante restano lì fermi ed attenti. Questa bella prova di sangue freddo è il merito, il più grande che io faccio ai miei marinai[…]”.
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BIBLIOGRAFIA
1) Goglia e Grassi “Il colonialismo italiano da Adua all’Impero” Biblioteca Universale Laterza, 2008.

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