Idee e motivazioni del colonialismo italiano decenni prima del fascismo

La pietra posta dalla spedizione Franchetti a ricordo del Giulietti e dei suoi compagni uccisi in Dancalia

La pietra posta dalla spedizione Franchetti a ricordo del Giulietti e dei suoi compagni uccisi in Dancalia

“La difficoltà sta nell’aprire, far conoscere ed assicurare una via che dal confine Abissino attraversi lo sconosciuto paese dei Dankali nostri confinanti, popoli selvaggi e predoni e conduca ad Assab. Ecco il gran problema che costò all’Italia la preziosa vita del Giulietti, del Bianchi, ecc, ed alla cui soluzione si sono impegnati altri intrepidi viaggiatori. Si raggiungerà lo scopo? E raggiunto il compenso sarà adeguato al sacrifizio?”

Questo era il testo Gli Interessi italiani in Africa contenuto nella mappa “La Baja di Assab – Seguire la spedizione militare italiana” della Vallardi Editore.
Il novarese Giuseppe Maria Giulietti, barba, baffi e casco coloniale, già volontario nel 1866 con Garibaldi, fu ucciso nel bassopiano Dancalo in una località detta Acquabollente nel maggio 1881, mentre il ferrarese Gustavo Bianchi venne assassinato nel 1884 durante il secondo tentativo di raggiungere Assab attraverso la Dancalia.
In patria l’iniziativa della Società Rubattino e i viaggi di esplorazione di Sapeto, così come di numerosi altri connazionali, destarono vivo interesse tant’è che nel 1871, da Firenze dove era stata fondata nel 1867, la Società Geografica Italiana si trasferì a Roma favorendo gli studi coloniali ma soprattutto finanziando e istituendo premi per le esplorazioni africane.
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Nino Bixio

Nino Bixio

Già nel 1861, Gerolamo Bixio detto “Nino”, nella seduta parlamentare del 4 marzo “aveva tuonato alla Camera per dimostrare a quelle orecchie dormienti, intuendo problematiche future, che l’Italia dopo l’apertura della nuova via d’acqua, avrebbe di certo dovuto disporre nel mar Rosso di almeno un porto e – ci precisa Franco Bandini in Gli italiani in Africa – indicò proprio Assab” chiedendo che fosse presto presidiata.

“Non è senza significato che le alte voci incitanti ad un orizzonte più consono alla nostra nuova posizione – scrive ancora Bandini – nascessero dagli uomini di mare, dai grandi viaggiatori, dagli esploratori, dagli scienziati: da tutti coloro che avevano avuto più modo di osservare, fuori dai confini, che cosa succedeva nel mondo, che stavano formandosi, magari in modo turbolento e sotto alcuni aspetti irresponsabile, un’idea dinamica della società moderna, intuendone un aspetto essenziale e, nei prossimi cento anni, decisivo: quello della rottura dei vecchi equilibri per cui, in primo luogo, un atteggiamento statico sarebbe stato di per sé travolto dai fatti”.
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Cesare Correnti

Cesare Correnti

Scrisse invece Cesare Correnti, Senatore del Regno d’Italia, fondatore e secondo presidente, dal 1873 al 1879, della Società Geografica Italiana: “L’Africa ci attira invincibilmente. È una predestinazione. Ci sta sugli occhi da tanti secoli questo libro suggellato, questo continente mummificato, onde pur ci venne primamente la civiltà, e che ora ci esclude dai grandi Oceani, ci rende semibarbaro il Mediterraneo, e costringe l’Italia a trovarsi sugli ultimi confini del mondo civile. Bisogna vincere questa natura ribelle. Il pensiero del profetico fondatore d’Alessandria e della vittoriosa rivale di Cartagine è divenuto l’istinto dell’Europa civile, il bisogno dell’Italia. Ma ora le conquiste si fanno studiando. Conoscere val quanto possedere; e per conoscere davvero non bisogna starsene solo ai libri, ma convien fare; e noi si ha a fare subito, a non voler essere gli ultimissimi.

Questa crociata (e voglia Dio che sia davvero una crociata di civiltà) si predica da più anni; ed ora siamo all’assalto generale. Tutti gli screpoli sono stati spiati, tutte le porte scassinate, tutte le brecce aperte. La Numidia, divenuta europea, promette di correggere i suoi mari importuosi e di convertire il deserto; il rinato impero faraonico sente la necessità di assicurarsi la strada maestra all’Africa centrale e di ricongiungere alla seconda capitale dell’Islam i neofiti del Sudan equatoriale. E a noi? In tanto affollamento di genti e di stati, che ci chiudono d’ogni parte l’orizzonte, codesto dell’Africa è ancora l’unico spiraglio, da cui ci si mostri un po’ di luce”.
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Manfredo Camperio, eroe delle cinque giornate

Manfredo Camperio

A Milano invece, l’eroe delle Cinque Giornate, il Capitano Manfredo Camperio, fondò anch’egli una Società con scopi simili e, anch’essa senza finanziamenti del governo, contribuendo al sorgere nella nazione di un vero e proprio movimento colonialista.

Invitava gli italiani a portare “la bandiera, pacifica e civilizzatrice, così nei mari lontani come nelle terre tutt’ora inesplorate, ove aprire nuovi mercati ai commerci”.
Annoterà infatti nel 1887 in Da Assab a Dogali. Guerre Abissine: “Scrivendo questa memoria non ci siamo proposti di esporre un piano di campagna – non ci crediamo da tanto. – Abbiamo solo cercato di far entrare nella pubblica opinione quanto sia necessario di studiar bene il territorio che fa parte della nostra colonia, prima di ingolfarci in una guerra. Il vero scopo di questo opuscolo si può quindi riassumere nel concetto: Esplorare prima di combattere”.
Nelle nuove terre d’Africa che affacciavano sul Mar Rosso anche la penetrazione religiosa ad opera dai missionari fu molto importante: il barbuto cappuccino Guglielmo Massaia di Piova d’Asti, poi divenuto cardinale, nel 1846 venne destinato Vicario apostolico alla missione dei Galla. L’anno seguente venne cacciato e riparò in Aden dove progettò di esplorare la costa africana fino al capo Guardafui per poi aprirsi una strada attraverso Zeila verso i Galla, ma non vi riuscì.
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cardinale Guglielmo Massaia

Il cardinale Guglielmo Massaia

Il missionario pioniere non si diede per vinto e trovati sussidi tra Parigi e Londra nel 1852 si introdusse nuovamente in Abissinia dove ci resterà per 35 anni fondando diverse missioni. Il Massaia, l’Abuna Messias del film vincitore della Coppa Mussolini al Festival di Venezia del 1939, non fece altro che proseguire quelle trattative commerciali già iniziate nel 1857 dall’amico Conte di Cavour con i principi abissini.
Un tema e un periodo non facile per gli esploratori che volevano “riscattare negli eroismi di una guerra coloniale le tristi pagine di Custoza e di Lissa, era una confusa aspirazione, nei migliori, a ricostituire sulle orme di Roma un saldo dominio oltremarino d’Italia – dice nel 1930 Enrico Mandillo in Colonie e Imperi – ma le fievoli voci di questi antesignani, di questi poeti erano sommerse nella irrequieta scontentezza dei più, nella crassa ignoranza dei moltissimi, nella solida ostilità delle masse nelle quali già andavano infiltrandosi i primi germi della luce socialista.

Pure sotto le ceneri della ignavia, della indifferenza, della ignoranza, qualche fiamma ardeva: Ne fan fede le iniziative della benemerita ‘Società Geografica Italiana’, della ‘Società di esplorazioni commerciali’ di Milano, della ‘Società Africana’ di Napoli e di altre associazioni minori che con opuscoli, riviste, conferenze non si stancavano di agitare dinanzi gli occhi, ahimè troppo chiusi, la necessità del movimento, dell’esplorazione, dell’espansione”.
Quando il 29 maggio 1924 Benito Mussolini venne proclamato membro d’onore della Società Geografica dichiarò: “[…] la geografia non è stata mai molto familiare alla maggior parte degli italiani; oserei anzi dire che in Italia essa è più conosciuta da quelli che hanno messo il sacco sulle spalle e sono andati emigrando per il mondo anziché da coloro che hanno la missione di dirigere le sorti del Paese […] e prometto che ogni qual volta la Società avrà bisogno dell’aiuto del Governo, mi troverà sempre pronto a favorirla”.
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Testo tratto da “Il faro di Mussolini” di Alberto Alpozzi, Eclettica Edizoni, cap. 4 “I primi esploratori italiani in Africa” pagg. 30-33
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