Quando l’Inghilterra minacciava di costruire un canale tra Gaza e Akaba

Testo estratto da “Il faro di Mussolini”, di Alberto Alpozzi, cap. 2, pagg. 19-23, “IL CANALE DI SUEZ”. Guarda a fondo pagina il booktrailer del libro.

 
Canale di SuezIl 17 dicembre 1866, tre anni prima dell’apertura del canale di Suez il Times scriveva: “Siccome noi siamo fermamente convinti che i lavori saranno difficilmente eseguiti e non potranno essere certamente conservati, non possiamo concepire alcuna apprensione davanti all’eventualità di un risultato. Quanto al denaro non ne uscirà molto dalle tasche britanniche…”
Infatti i capitali erano a maggioranza francesi con ben 21 mila sottoscrittori privati che vennero ricercati dal diplomatico francese Ferdinand-Marie visconte de Lessèps che non voleva sottostare alle regole imposte dai prestiti di banchieri come i Rothschild. La parte restante del capitale fu messa dall’Egitto e a capo dell’iniziativa vi fu proprio Lessèps.
Il nuovo collegamento aprì quindi molteplici interessi delle nazioni europee sulla nuova e comoda via di comunicazione che vide aumentare esponenzialmente, di anno in anno, il numero dei passaggi dei bastimenti, generando un giro d’affari immenso per la compagnia del canale. Gli inglesi furono costretti a ricredersi e lo fecero passando dall’osteggiare l’opera all’entrare direttamente nel direttivo della Compagnia comprando, con una segreta e magistrale operazione bancaria del primo Ministro Britannico Disraeli, Lord Beaconsfield, le 176.602 azioni del Khedivé sfruttando i problemi finanziari dell’Egitto e riuscendo così anche ad inserire tre uomini nel consiglio di amministrazione.
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La manovra permise all’Inghilterra di entrare in possesso del 44% del capitale della Compagnia di quella “grande sciocchezza” nella quale dicevano non avrebbero mai investito. Era il 26 novembre 1875 e l’Inghilterra si assicurò il controllo della nuova rotta per le Indie.
Solo dieci anni prima il Times scriveva: “Qualsiasi progetto di comunicazione tra il Mediterraneo e il Mar Rosso sarebbe impraticabile ed in ispecie quello preventivo fatto dagli ingegneri del viceré d’Egitto; quand’anche praticabile, il progetto non recherebbe nessun vantaggio alla navigazione, che continuerebbe a prendere la via indiretta del Capo di Buona Speranza”.
1936_Nuovo canale SuezParole subito dimenticate quando le navi della Regina ebbero il primato per numero di passaggi attraverso l’inutile istmo ma soprattutto quando il 17 novembre 1869 il governo inglese pagò una grossa somma per avere il privilegio di aprire, con una propria nave, la parata delle 60 navi che sfilarono da Port Said a Suez.
I primi bastimenti italiani ad oltrepassare il nuovo canale furono invece la nave Emilia, capitanata da Enrico De Albertis, e il Maddaloni, comandata da Nino Bixio.
I vaticini degli scettici inglesi del Times furono completamente disattesi: anno 1870 passaggi 460, anno 1890 passaggi 3.389 e anno 1910 passaggi 4.553.
Una curiosità degna di nota circa l’interesse strategico e commerciale dell’Inghilterra nel mar Rosso viene da un articolo dell’Illustrazione Italiana del 5 aprile 1936 dal titolo “L’Inghilterra vuol costruire un nuovo canale per emanciparsi da quello di Suez?”
Il progetto inglese prevedeva un nuovo canale di 230 km tra Gaza e Akaba, ad est della frontiera fra Egitto e Palestina, corrispondente proprio all’attuale linea di confine di Israele con la penisola del Sinai.
Un progetto 55 km più lungo di quello di Suez più la presenza di notevoli dislivelli, da ovviare con numerose chiuse, fronteggiando ingenti spese.
Non venne mai realizzato ma pare venne tenuto nel cassetto come deterrente verso gli uomini di stato egiziani durante i negoziati.
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