4 aprile 1924 l’Italia accende in Somalia il primo faro di Guardafui per contrastare la pirateria
Testo e foto estratti dal cap. 23 “Inaugurazione del faro” pagg. 146-152 del libro “Il faro di Mussolini” di Alberto Alpozzi, 2017 Eclettica Edizioni. GUARDA A FONDO PAGINA IL BOOKTRAILER e LEGGI QUI LE RECENSIONI DEI LETTORI

Il 9 aprile 1924 La Stampa riportava i telegrammi intercorsi tra il “Duca del mare” Thaon di Revel e il governatore della Somalia Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon: “Da oggi il Capo Guardafui col suo nuovo faro Francesco Crispi sarà la sentinella avanzata della civiltà italica nella importantissima via di comunicazione dei mari asiatici e africani col Mar Rosso e il Mediterraneo. Oggi che per ferrea volontà del Governo nazionale si assicura in quei paraggi l’incolumità alle vie e ai traffici ringrazio V.E. per il valido ausilio dato dall’autorità coloniale al personale della R. Marina ed invio il mio saluto augurale – Revel”.
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Il governatore de Vecchi di Val Cismon, rispose: “Ringrazio a mia volta per opera mirabile compiuta questa colonia da gloriosa Marina che in tempi lontani le ha già donato suo sangue. Ricambio con profonda riverenza e affetto concittadino saluto augurale”.

In concomitanza con il termine dei lavori, in data 4 aprile 1924, venne pubblicato il foglio d’ordini n° 82 del Ministero della Marina, nel quale l’art. 1 recitava:
“Il segnalamento del Capo Guardafui, frutto di accurata preparazione e di rapido e non facile lavoro, è oggi compiuto. Con quest’opera, il nostro Paese assicura alla navigazione internazionale, in uno dei punti più frequentati e pericolosi del traffico mondiale, il faro tante volte richiesto e promesso.
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In nome di S.E. il Ministro delle Colonie e in nome mio, rivolgo agli organi dipendenti del servizio idrografico e agli ufficiali e agli equipaggi della Regia Nave Marechiaro, che ha seguito il lavoro e della Regia Nave Magnaghi, che vi ha efficacemente contribuito, il plauso più vivo – Il Ministro: Revel”.
Così poi scrisse Arnaldo Cipolla, inviato speciale de La Stampa in Estremo Oriente, il 24 giugno 1924: “Ho veduto lampeggiare il nuovo faro italiano di Capo Guardafui. Finalmente! Era mezzo secolo, era dall’epoca dell’apertura del Canale di Suez, che la navigazione mondiale invocava il sorgere di un faro sul promontorio estremo orientale del massiccio africano sulla punta protesa verso l’India della Somalia settentrionale Italiana. Il Capo Guardafui nel Sultanato di Alula era a buon diritto chiamato il più insigne cimitero di navi del mondo.
Punto obbligato di riferimento per le navi che provenivano dai mari del sud africano e da Ceylon, cioè dai nove decimi dei bastimenti diretti per il corridoio del Mar Rosso al Mediterraneo racchiudeva un pericolo permanente per essere facilmente confondibile con un promontorio vicino e di forma quasi eguale che nascondendo il Guardafui fu spessissimo la causa di disastri marittimi. […] Insomma il faro al Guardafui era reclamato dalla navigazione di tutti i paesi ed il ritardo dell’Italia ad elevarlo ci aveva fatto spesso giudicare con severità da ogni specie di navigatori.
Ma l’Italia, per dire il vero, non aveva che una responsabilità molto relativa nel fatto che il Guardafui rimaneva nelle condizioni che l’aveva trovato la navigazione quando il Capo di Buona Speranza cessò di segnare la strada dall’Europa per l’Estremo Oriente.

Ma i tempi sono cangiati anche al Guardafui. Il mullismo è morto da un pezzo, la pirateria migiurtina si è trasformata in una industria a base di saline e di pesca di perle e il Sultano di Alula, invece di concluder con noi quelle convenzioni di una volta per la costruzione del faro al Guardafui, praticamente inattuabili, aveva mandato da qualche anno la sua gente a far da muratore per l’erezione sul promontorio della torre del faro, degli edifici per la stazione Radio del forte e della costruzione delle casermette che ora ospitano la compagnia eritrea che garantisce al faro la sua benefica e normale funzione.
E il faro lampeggia luminosissimo per molte miglia innanzi sull’Oceano Indiano, e il navigatore che lo avvista venendo dal largo, quella soddisfazione che tutti gli ufficiali di rotta e i comandanti di navi provano vedendo dopo una lunga navigazione un faro importante che suggella l’esattezza dei calcoli, rivolge un pensiero di gratitudine all’Italia.
E questa del pensiero di gratitudine non è retorica ma verità vera poiché il Guardafui era come dicevano i capitani marittimi una brutta bestia di giorno e ancor peggio di notte”.
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BOOK TRAILER DEL LIBRO “Il faro di Mussolini – Il colonialismo italiano in Somalia oltre il sogno imperiale”
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