Giovanni Dieghi un eroe da non dimenticare, dispero in AOI nel 1941.

Giovanni Dieghi, quarto da sinistra, ritratto con altri ufficiali a Malciaussia (Usseglio) durante il richiamo del 1938 in occasione della crisi dei Sudeti. (Gentile concessione L. Greco)
Credo che la mia famiglia conosca i Dieghi da quasi un secolo. Da quando, cioè, essi acquistarono, nel 1922, la ex Scuola della piccola frazione di Viù dove anche i miei antenati materni vivevano, il Salvagnengo.
Tornato dalla guerra e dalla lunga permanenza lontano da casa, egli si reinserì serenamente nella vita civile, si sposò e dopo tante privazioni volle acquistare una casa in montagna per la villeggiatura.

Giovanni Dieghi, presumibilmente nel 1938 circa ed in uniforme modello 1934, alla prese con una mitragliatrice Fiat Revelli 14/35. (Gentile concessione L. Greco)
Come s’usava a Torino nei primi decenni del secolo scorso. Tra le mete più gettonate d’allora, vi erano le Valli di Lanzo e lui finì per acquistare un grazioso ed incantevole edificio nella frazione Salvagnengo di Viù ove poteva camminare, distrarsi, riposare, godersi i paesaggi ed andare a caccia assicurando, al contempo, aria buona e salubre alla moglie ed alle figlie. La casa “Dieghi” divenne ben presto un luogo di ritrovo e le immagini del tempo ci mostrano persone dai volti distesi, rilassati e gioiosi. Era, quella, una residenza dai padroni accoglienti e gioviali. D’estate, dunque, vi regnava un’atmosfera piacevole ed assai diversa da quella del mondo che, intorno, cambiava ancora e preparava, purtroppo, nuovi conflitti. Dalla seconda parte degli anni’30 il nostro Giovanni dovette rinunciare a quel paradiso montano che tanto amava e che, fortunatamente, fu buon rifugio per la sua amatissima famiglia.

Una foto storica, è il 4 luglio 1940, dietro Dieghi scrisse: “Da Kassala conquistata il nostro glorioso tricolore vibra innalzato a monito degli anglosassoni”.
Su ogni persona egli aggiunse un numero cui fece seguire il nominativo: 1) tenente Fiorentini aiutante maggiore 2) 1o Capitano Veneri comandante battaglione 3) capitano Venier comadante 2a compagnia 4) capitano Donnini comandante 1a compagnia 5) il sottoscritto comandante 3a compagnia 6) capitano Bino Ficani addetto
comando piazza 7) tenente Marazzani comandante 4a compagnia e tenente Dassenzio. (Gentile concessione L. Greco)
Il nostro Giovanni, in quel periodo, si trovava laggiù, nell’Africa Orientale Italiana in servizio nel 102° battaglione coloniale formatosi in Eritrea da pochi mesi. Ai primi di luglio il reparto si mosse per prendere parte alla conquista di Cassala (operazione da tempo studiata con attenzione dallo stato maggiore) guidato dal 1° capitano Veneri con a disposizione tre compagnie fucilieri comandate dai capitani Donnini, Venier e dal nostro Dieghi ed inoltre una compagnia di mitraglieri agli ordini del tenente Marazzani. Il nemico disponeva di poche forze, era lontano da eventuali rifornimenti ed impossibilitato a riceverne in tempi celeri. L’operazione riuscì e le forze italiane raggiunsero il loro obiettivo. Giovanni Dieghi scattò, in quei giorni, numerose fotografie e dietro ognuna appuntò reparti, nomi e cognomi e circostanze senza mai nascondere un comprensibile orgoglio per la brillante azione compiuta. Citò anche, affettuosamente, i nomi di tutti gli Ascari che, eroicamente, combattevano al suo fianco ed uno in particolare commuove. Scrisse, infatti, il nostro capitano: Ascaro Bahata Gonder (circa 70 anni) due volte reduce della conquista di Kassala (17 luglio 1894 – 4 luglio 1940). La didascalia non nascondeva una certa ammirazione per quel glorioso soldato indigeno, già reduce delle campagne coloniali ottocentesche. Dopo i combattimenti che condussero alla presa di Cassala, il 102° battaglione coloniale transitò nell’8a Brigata Coloniale dislocata a Tessenei sul fiume Gasc lungo il confine con il Sudan. Di questo periodo, sono numerosi scatti fotografici che il Dieghi produsse durante le ricognizioni compiute nella zona ad ovest anche per procedere ad interruzioni della ferrovia Cassala-Cartum e Cassala- P. Sudan. Il nemico non aveva alcuna intenzione di restare con le mani in mano e le forze inglesi, in breve, ripresero l’iniziativa tentando con vigore ed ampiezza di mezzi di riprendere i territori perduti. Territori difesi con strenua ed accanita resistenza dai nostri combattenti. Il Comando Superiore, in vista d’un imminente e massiccia offensiva, ordinò il ripiegamento delle nostre forze. È di questo periodo la gloriosa carica di Cherù condotta dal leggendario Amedeo Guillet contro i blindati britannici per favorire la ritirata degli altri reparti italiani. La cavalleria italiana ed indigena si insinuò come una furia tra i carri inglesi che non poterono sparare tra loro, seminando un caos che per ore ed ore rese immobili le unità nemiche. Chissà se il capitano Giovanni Dieghi, in quelle ore terribili, incontrò mai il tenente Guillet? Non lo sapremo mai perché fu proprio in quei giorni dominati dalle difficoltà, dai continui attacchi inglesi, dalle difficoltà nel tenere le posizioni che il nostro protagonista perse la propria vita. Mentre gli inglesi sparavano in forze, anche lui sparò, sparò con disperazione, con coraggio, con accanimento. Le circostanze di quell’episodio sono chiaramente percettibili dalla motivazione della medaglia d’argento al Valore Militare concessa, tardivamente, nel 1951 alla memoria del nostro eroico ufficiale:

Il capitano Dieghi ritratto, tra i suoi Ascari, il 4 luglio 1940 a Kassala (Sudan). (Gentile concessione L. Greco)
Dieghi Giovanni di Pietro, distretto di Torino, capitano di complemento, 102° battaglione coloniale (alla memoria). Comandante di compagnia ascari, in duro e sanguinoso combattimento affrontava con indomito coraggio preponderanti forze di fanteria e corazzate nemiche attaccanti, ributtando ripetutamente l’attacco. Rimasto con pochi uomini alla difesa della posizione, circondato, anziché arrendersi, continuava a combattere finché cadeva colpito a morte. Esempio di alto senso del dovere e di sublime sacrificio. A. O., 23 gennaio 1941.

I combattenti italiani, tra loro il capitano Dieghi, si spingono in pattuglia oltre i terriroti conquistati il 24 luglio 1940. (Gentile concessione L. Greco)
Un valoroso disperso ma mai dimenticato, un uomo il cui coraggio resta vivo nei ricordi della sua famiglia e di coloro i quali, leggendone le vicende, non potranno che provare un brivido nel cuore, di stima, ammirazione e rispetto. Sentimenti che ne perpetuano la memoria anche nel nostro cinico ed immemore secolo.