1923,
Mogadiscio, il Quadrumviro della Marcia su Roma,
Conte de Vecchi di Val Cismon, sbarca come Governatore nella più remota colonia italiana: la Somalia.
Vi rimarrà fino al 1928, dopo averla unificata, nord e sud, pacificata, disarmando tutte le cabile, e realizzato industrie, ferrovie, scuole, dighe, canali e concessioni agricole sperimentali.
In Mogadiscio realizzò la
più grande cattedrale dell’Africa Orientale, intitolata alla Consolata, ed ogni città e villaggio avevano una chiesa cristiana di fianco alla locale moschea.
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Nelle nuove città di fondazione, come il Villaggio Duca degli Abruzzi, vennero realizzate contemporaneamente sia chiesa sia moschea per i lavoratori italiani e indigeni.

A Mogadiscio il Governatore era solito essere ospite (foto a sinistra) nella moschea Giama,
“del 1238, la più importante della vecchia città, caratterizzata da un minareto cilindrico, sormontato da una terrazza, e sull’arco della preghiera il nome del costruttore Gululè bin Mohamed ben Abdul Aziz”.
Stessa cosa avvenne nel 1928 durante la
visita ufficiale dell’allora
Principe di Piemonte Umberto di Savoia, che inaugurò il
1° marzo la nuova Cattedrale, cerimonia che vide in chiesa anche la presenza dei notabili somali e successivamente, il
3 marzo, venne accolto dal
Cavalier Ufficiale Abibacher, primo Cadì di Mogadiscio, nella
moschea Giama.
In mezzo alla strada, come guida, era una pezza di damasco indiano giallo. Sulle terrazze delle case le donne degli arabi e degli indiani, velate e coperte con i “bui-bui” neri lanciavano il loro solito strillo festoso, ai lati della strada i bambini indiani con i loro costumi di gala, in seta e velluto, con braccialetti, catene e ciondoli d’oro, lanciavano fiori sul passaggio del Figlio del Re ed applaudivano. Una dimostrazione calorosa ed esteticamente notevole.
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Il Cadì, a nome dei sudditi musulmani, lo ricevette con questo discorso: «Nel nome di Dio clemente e misericordioso, a Sua Altezza Reale Umberto Savoia, Principe di Piemonte: che Iddio ti sia compagno. Noi, santoni, cadì, capi, notabili, con tutti i sudditi della Somalia italiana, uomini, donne, grandi, piccoli, fedelissimi alla sovranità di Sua Maestà grande il Re d’Italia, che Dio renda sempre più grande nel suo regno, dal mare alle terre, salutiamo Vostra Altezza Reale e preghiamo ogni protezione e benedizione di Dio sul vostro augusto capo. […] Alziamo le nostre mani nell’atto della preghiera per Vostra Altezza Reale. Lodiamo e ringraziamo Iddio per averci fatto vedere Voi, Figlio del nostro amatissimo Re. Chiediamo a Dio di prolungare all’infinito la vita del nostro Principe e di mantenerlo sempre sano, felice e lontano dai pericoli e di conservare a noi il suo alto pensiero. Chiediamo a Dio di rendere il vostro Regno più grande e più potente in tutto il mondo. Chiediamo ancora a Dio di far durare a lungo il regno dell’Augusto vostro genitore, grande Re d’Italia, di proteggere il suo esercito vittorioso e glorioso. Viva il Re, viva il Re». (estratto dal libro
“Viaggio nella Somalia italiana – La visita del Principe Umberto di Savoia nelle fotografie ritrovate di Carlo Pedrini“)
Era il 1928, l’Italia era fascista, il colonialismo italiano era in procinto di raggiungere il suo culmine e l’Islam conviveva pacificamente in casa propria con il cristianesimo.
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E Una cosa moltoimportante la convivensa tea le religion rispettanda gli altri sarai rispettato
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Grazie Alberto per queste chicche storiche!
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Tale episodio di convivensa comincio’ alla fine delli anni trenta e fini’ esattamente nel 1969, quando avvenne un colpo di stato da militari Somali..A quei tempi, come ci hanno raccontato i nostri antennati, entrampi le parti godevano di una estrema serenita’ ed amicizia.
Certamente e’ una cosa da rimpiangere.
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Grazie Ahmed Omar per la tua testimonianza
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