“Perchè siete andati via? Si stava bene quando c’eravate voi. C’era lavoro e non c’era la guerra”

Una testimonianza dall’aeroporto di Mogadiscio.

DCIM100GOPROQualche tempo fa mi trovavo in volo verso Mogadiscio.
Subito dopo l’atterraggio, appena sceso dall’aereo, incontro un cruciff (l’addetto dell’aeroporto che indica al pilota dove “parcheggiare” l’aereo).
Era un ragazzo sulla ventina, somalo, che accorgendosi del fatto che ero italiano, si avvicina e comincia a parlarmi. Mi parlava con un’enfasi particolare e non capivo inizialmente il perché, mentre io mi mantenevo un pò diffidente. Presentazioni, poi mi chiede da dove vengo.
A quel punto inizia a farsi più appassionato nelparlarmi, poi capisco perché e mi si apre un mondo. Qualche anno addietro ero ancora un pò restio a credere alla “storia non raccontata”, tendendo più invece a quella che troviamo sui libri…
Faccio una sintesi della parte più interessante della conversazione, che si svolse più o meno così (il tempo non aiuta a ricordare bene ogni singola parola):
Somalo: “Quindi sei italiano? Bella l’Italia! Belle macchine! Sono fatte bene e durano tanto!”
Io: “Ma perché, avete macchine italiane qui?”
S: “Non più tante ormai, qualche camion ancora c’è e funziona. Adesso sono tutte cinesi” (penso si riferisse alle auto orientali in genere)
Io: “Capisco…”
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Qualche secondo di pausa poi mi fa all’improvviso una domanda, quella che mi ha sorpreso di più:
 
“Perchè siete andati via? Si stava bene quando c’eravate voi. C’era lavoro e non c’era la guerra” (civile).
Parecchio stupito, resto un attimo in silenzio. Ammetto di essermi sentito in imbarazzo… E anche un pò confuso. E io che pensavo che ci odiassero!
Mi mantengo sul vago e chiedo:
“Come vanno le cose qui in Somalia?”
“Non bene, c’è la guerra, la fame e tiriamo a campare. A nessuno interessa di noi.”
Su questo avrei da argomentare visto che al Checkpoint Pasta, dei ragazzi italiani ci sono rimasti purtroppo… Ma lascio perdere e sto zitto, annuisco e lui continua:
“Adesso qui ci sono solo cinesi e turchi che costruiscono.”
Io: “Beh sò che stanno facendo ad esempio la ferrovia Addis Abbeba – Gibuti, è un bene no?”
Non mi risponde, fa la faccia vaga. Io stesso realizzo che forse avrebbero preferito vedere altre facce da quelle parti.
Va via perché arriva un altro aereo ma dopo poco ritorna e mi dice,tutto contento:
“La mia famiglia è una famiglia di pescatori, da generazioni. Qui peschiamo ancora così come ci avete insegnato voi italiani.”
Sorrido, di cuore e rispondo: “Ma davvero? Mi fa piacere sentirti dire questa cosa!”
S: “Si e anche i pesci, li chiamiamo come voi in Italia!”
Segue a elencarmene alcuni in un italiano molto accentato… Poi mi elenca i nomi di alcuni tipi di coltivazioni che abbiamo importato, sempre in italiano.
A questo punto devo andare.
Lo saluto, è stato un vero piacere conoscerlo. Lui mi saluta con un mesto sorriso.
Se non lo avessi mai incontrato forse non avrei aperto gli occhi su questa vicenda, continuando stupidamente a credere solo a certe cose e rifiutarne altre per partito preso. Per non pensare differentemente da quanto ci insegnano.
Noi italiani sicuramente non siamo stati dei santi qui. Sicuramente non tutti saranno della stessa opinione del ragazzo somalo che ho incontrato. Ma una cosa è certa: durante l’era coloniale, qualsiasi stato ha giocato sporco, altri hanno giocato sporchissimo ma questo i
libri non lo dicono. Non che sia una giustificazione, ma la differenza se non altro sta nel “dopo”. Leggevo che ad esempio gli italiani abolirono la schiavitù da quelle parti a differenza di altri e che si lavorava spesso insieme, non con la frusta in mano.
Gli italiani hanno costruito strade, ponti, porti, fari, città e reso la loro vita un pochetto migliore forse.
Io non c’ero, non posso affermarlo per certo ma le testimonianze restano e quella che ho toccato con mano io mi ha sorpreso.
Senz’altro abbiamo preso con la forza alcuni territori africani, in un periodo dove la corsa coloniale era attualità ed era ben giustificata, era sinonimo di grandezza e di potenza.
Ma ci sono persone lì che ci ricordano tutt’ora così e le conclusioni le lascio a voi.
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11 thoughts on ““Perchè siete andati via? Si stava bene quando c’eravate voi. C’era lavoro e non c’era la guerra”

  1. Pingback: Italia-Somalia, una testimonianza | L'ITALIA COLONIALE

  2. NON SIAMO STATI BRUTTI SPORCHI E CATTIVI COME GLI ALTRI (FRANCESI E INGLESI) ABBIAMO DATO LAVORO E DIGNITA’ UMANA A QUEI POPOLI RISPETTANDO LE LORO RELIGIONI E CULTURE ,MA DI CIO’ NON NE PARLA NESSUNO

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  3. Confermo appieno quanto riportato in questo articolo. Un paio di anni fa sono stato nel Puntland. Molti anziani ancora parlano italiano e i ragazzi capiscono qualcosa. L’unica strada asfaltata che esiste, quella che va da Garowe a Bossaso, è stata fatta dagli italiani. Molte persone confidano negli italiani per risolvere i loro problemi e si meravigliano che la nostra politica estera non faccia di più da loro. Avremmo la strada spianata più di qualsiasi altro paese per intervenire in Somalia sia nel bene che nel male, cioè sia per aiutarli a riappacificarsi che per affari. In ogni modo, così come un poco in tutto il Corno d’Africa -che fu in linea di massima colonizzata dall’Italia- è davvero sorprendente vedere come quest’area sia culturalmente molto, ma molto più vicina a noi di quanto possiamo pensare. Ho parlato con dei ministri che sono meravigliati di non vedere la collaborazione e la cooperazione degli italiani. In quel paese avremmo davvero il tapeto rosso sotto i piedi e potremmo contribuire più di qualunque altro a fare risorgere la Somalia ed a trarne poi i benefici economici che inevitabilmente ne potrebbero derivare. Ma con l’attuale cecità della politica estera del nostro paese auspicare certe cose è pura fantasia.

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  4. Io vivo a Malta da tre anni, lavorando negli hotel ho avuto numerosi colleghi africani, molti ex coloniali, beh alcuni sanno solo Faccetta Nera in italiano, ma tutti mi hanno sempre detto erra meglio quando Roma era anche la nostra capitale.

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