
Regia Nave coloniale Eritrea
“Molto ho sofferto, ho corso molti pericoli fra l’onde e in guerra: e dopo quelli venga anche questo!”. Queste le parole del mitico Ulisse a Calipso, nei versi del celebre poema “Odissea” di Omero. I cari lettori che si prenderanno la briga di leggere questo articolo si potrebbero chiedere il perché di questa mia citazione che poco sembra attinente con la storia che sto qui per raccontare, accaduta moltissimi anni dopo ed in circostanze e luoghi completamente diversi. Io risponderei loro che il vantaggio di aver studiato materie classiche e storia al liceo è stato proprio quello di studiare ed apprezzare la straordinaria intelligenza e complessità dei pensieri degli antichi che, con le loro opere- anche di fantasia- sono stati in grado di prevedere con un grado più che buono di veridicità eventi che sarebbero occorsi anche centinaia e migliaia di anni dopo. Ed infatti non ho scelto a caso la citazione e l’opera dalla quale essa proviene… anche io ora voglio raccontare di un viaggio, una piccola grande Odissea, che ha avuto per protagonista una nave, un coraggioso capitano ed un valoroso equipaggio, ma che tuttavia non ha avuto il riconoscimento di memoria che le spetta. Come sempre però, partiamo dall’inizio. Siamo nel 1941 e la colonia italiana di Eritrea è investita in pieno dalla seconda guerra mondiale e dalle offensive britanniche. Nonostante gli atti di incredibile eroismo dei nostri Ascari e dei nostri soldati che grazie alle loro gesta stanno vendendo a caro prezzo ogni singolo metro di terra agli inglesi, è chiaro a tutti i comandi italiani che l’impero tanto agognato da Mussolini è destinato a crollare. Il comando di SuperMarina per primo, nel tentativo di salvare le nostre forze navali dislocate nel Mar Rosso ormai in procinto di esser chiuse nella morsa britannica che sta per isolarle dalla nostra base di Massaua, ordina a tutte le navi militari e civili di caricare tutte le persone e le merci possibili e di mettersi in salvo nel più vicino porto “Amico” (i più vicini erano i porti del Madagascar, colonia francese dichiaratasi fedele al governo di Vichy).

Il cannoneggiamento dall’incrociatore britannico Leader contro la Ramb II
L’ammiraglio di squadra Bonetti, comandante delle forze navali in Mar Rosso, tuttavia, è conscio del fatto che solo delle navi veloci, leggere e dalla grande autonomia avrebbero potuto avere qualche possibilità di sfuggire alla morsa nemica…egli dunque dà ordine che tutte le navi con queste caratteristiche tentino l’impresa, lui ed il grosso della flotta cercheranno di tenere impegnati gli inglesi il più a lungo possibile affrontandoli in campo aperto, ben consci delle relative conseguenze che ciò comporterà. Tra tutte le navi presenti in Eritrea solo 3 hanno le caratteristiche corrette per poter tentare questa impresa: i due incrociatori ausiliari “Ramb I” e “Ramb II” e la Regia Nave “Eritrea”, un avviso coloniale molto ben progettato e costruito che era appositamente stato creato per tenere i collegamenti con la madrepatria ed, all’occorrenza proteggersi con i suo 4 cannoni da 120mm più 2 cannoncini semiautomatici da 40 mm antiaerei e 2 mitragliere da 13,2 mm antiaeree. Ecco dunque la nave protagonista della nostra Odissea! Preparandosi per la partenza vengono stipate al suo interno grandi quantità di cibo, acqua, carburante, munizioni e medicine.

Ramb I intercettata dall’incrociatore britannico Leader.jpg
L’equipaggio composto da 13 ufficiali e 221 marinai (fra questi vi è anche un ascaro eritreo di nome Mohammed Shun Omar) viene scelto con molta cura ed è così anche per il comandante, Marino Iannucci, che, per citare l’inizio di questo articolo, aveva “corso molti pericolo fra l’onde ed in guerra” rendendolo una persona con grande esperienza e sangue freddo. Così approntata la Regia Nave “Eritrea” lascia la base di Massaua all’imbrunire del 18 febbraio 1941, cominciando così la sua Odissea. La sera seguente supera agevolmente lo stretto di Bab el Mandeb, sfuggendo alla ricognizione aerea inglese di base ad Aden. Il 22, quando la nave si trova a circa 250 miglia dalla costa somala, il comandante Iannucci è costretto ad ordinare il “posto di combattimento” per l’avvistamento di un’unità sconosciuta, individuata ad una distanza di circa 30 chilometri. Passato un quarto d’ora, il comandante ha più chiara la situazione, distinguendo con il binocolo alcune caratteristiche della nave che si rivela essere un grosso incrociatore ausiliario inglese da 12/14.000 tonnellate, presumibilmente armato con più pezzi da 152 millimetri. Fortunatamente, l’unità inglese (dopo avere, a sua volta, avvistato l’”Eritrea”) effettua un’improvvisa manovra di allontanamento, dando la chiara impressione di volere evitare lo scontro.

Comandante Marino Iannucci
Il comportamento del nemico agevola Iannucci che fa subito accostare a dritta l’Eritrea, favorendo l’allontanamento. L’equipaggio italiano tira un sospiro di sollievo. Ma la calma dura poco…gli inglesi infatti hanno capito le intenzioni degli italiani ed ordinano alle loro navi di porsi sulle rotte verso il Madagascar bloccando così la strada agli italiani. Poco dopo infatti le due navi “Ramb I” e “Ramb II”, partite assieme all’”Eritrea” vengono entrambe intercettate ed affondate dall’incrociatore britannico “Leader” e per la nostra Regia Nave “Eritrea” ed il suo capitano Iannucci sanno che ora, per la salvezza, resta una sola destinazione sicura: la base navale di Kobe, in Giappone ad oltre 17.000Km di distanza! Il nostro “Ulisse” Iannucci però non si abbatte ed ordina ai suoi uomini di prepararsi alla lunga traversata e di puntare la prua della nave verso il vasto Oceano Indiano. Le insidie e gli imprevisti tuttavia non sembrano voler abbandonare i nostri valorosi marinai, la sera dopo infatti Iannucci ordina nuovamente di andare ai posti di combattimento per via dell’avviso ricevuto dalle vedette che hanno avvistato un vascello navigante a fari spenti che si sta avvicinando a velocità sostenuta! Iannucci capisce che deve essere un avviso scorta nemico di classe “Pathan” e cerca di sfuggire alla sua vista mettendo i motori al massimo, ma la nave nemica non desiste e rimane alle calcagna dell’”Eritrea” probabilmente nell’intento di portare sulla sua posizione navi più grosse e meglio armate, cosa possibile visto che diversi convogli britannici pesantemente scortati stanno solcando quelle stesse acque diretti da e per l’India. Cosa che preoccupa ancora di più Iannucci sono i ben 750 fusti di benzina aggiuntivi caricati fino all’orlo che sono posti proprio sul fianco del ponte esposto alla nave nemica e nel caso questa avesse sparato colpendo la nafta ci sarebbero stati non solo il pericolo di saltare letteralmente in aria, ma anche di perdere (nel caso non si fosse avverata la prima sciagura) prezioso carburante senza il quale la missione sarebbe stata compromessa. Nonostante le manovre evasive ed i tentativi di fuga di Iannucci la nave nemica è sempre alle sue calcagna, le vedette italiane, per via dell’oscurità, riescono a vedere a mala pena la nave avversaria che alle volte sparisce addirittura dalla loro vista e sale così sempre di più il rischio di essere intercettati da preponderanti forze nemiche. Lo stress dell’equipaggio è al massimo livello! C’è tuttavia un fattore calmante in tutto questo… come abbiamo detto poco sopra, fra l’equipaggio era imbarcato un unico ascaro eritreo di nome Mohammed Shun Omar che fa la guardia assieme ai suoi compagni italiani, descritto come “un personaggio decisamente strano, di quarant’anni, alto e recante sempre un turbante bianco in testa… si dice che sia dotato di poteri extrasensoriali e che sappia prevedere il futuro, o per lo meno quello prossimo.

Ramb I intercettata dall’incrociatore britannico Leader
Difatti molti marinai si consultano con lui chiedendogli se la suddetta nave nemica farà loro del male o meno; E’ solito infatti, in circostanze drammatiche come questa, che i marinai, stirpe notoriamente scaramantica, si appellino non soltanto a ciò che è noto ma anche all’ignoto. Mohammed guarda dunque l’oscurità, senza battere ciglio, in totale silenzio, poi si volta verso i compagni e li rassicura sussurrando: “Tranquilli, la nave nemica non aprirà il fuoco”. Ed in effetti accade proprio così! Iannucci però se ne deve sbarazzare ed anche alla svelta! Ormai la nave nemica viaggia parallela alla sua ad una distanza di neanche 2 chilometri e la possibilità di uno scontro a fuoco è più che concreta; Iannucci tuttavia non vuole assolutamente uno scontro a fuoco e così prende una decisione! Ordina una brusca virata in direzione opposta alla rotta della nave nemica e nello stesso tempo ordina di rilasciare una fitta cortina nebbiogena che grazie all’oscurità farà in modo di far scomparire la sua neve dalla vista di quella nemica il tempo sufficiente per allontanarsi e sparire dal raggio delle vedette nemiche. La manovra riesce! La brusca virata e la cortina nebbiogena che investe completamente l’”Eritrea” disorientano la nave nemica che cerca invece di aggirare la cortina di sopravento per poi accostare a sinistra e riprendere il contatto. La manovra nemica tuttavia fallisce e l’”Eritrea” può così scomparire nella notte…Come racconta lo stesso comandante Iannucci: “Alle 23,00, dopo accuratissime esplorazioni, le mie vedette si accorsero che il nemico era stato seminato. La missione poteva quindi procedere e l’Eritrea si avventurava in pieno Oceano Indiano, in direzione sud-sud est”, lasciandosi alle spalle l’isola di Socotra, e il nemico con un palmo di naso”. L’8 marzo 1941, dopo circa 16 giorni di navigazione piuttosto tranquilla- salvo qualche violenta, ma fortunatamente breve tempesta- nel corso della quale l’Eritrea non incrocia navi nemiche, l’unità italiana raggiunge le acque a sud di Giava, tra la grande isola olandese e il piccolo isolotto di Christmas. Tutto procede per il meglio: il morale dell’equipaggio è altissimo e i motori dell’unità non sembrano affaticati dalla lunga traversata. Ora tuttavia sorge un problema: la nave è a metà del suo viaggio e le rotte ed i passaggi che l’”Eritrea” può solcare per arrivare al Pacifico sono obbligati ed, ovviamente, ben sorvegliati. Come fare dunque? Ma ecco che, Iannucci escogita un sistema degno proprio dell’eroe omerico dell’Odissea! Esattamente come Ulisse è uscito dalla grotta di Polifemo, ovvero nascondendosi sotto l’addome delle pecore tanto amate da Polifemo per non essere intercettati da quest’ultimo e quindi uccisi, “travestendosi” di fatto da pecore stesse, così proverà a fare Iannucci con un sistema ovviamente diverso nei dettagli ma dalla stessa idea di base! Iannucci infatti afferma nel suo diario di bordo: “Fra tre giorni mi troverò nei mari della Malesia. Le rotte e i passaggi sono obbligati; non ho come in Oceano Indiano la possibilità di evitare di essere avvistato da qualche nave nemica e di sfuggirle scegliendo la rotta che più fa comodo nei 360° dell’orizzonte. Sono quindi costretto a provvedere al camuffamento della nave. Ed escludendo che possa trasformare l’Eritrea in un mercantile, non mi rimane che cercare sull’almanacco navale un’unità militare appartenente ad un paese neutrale che abbia una sagoma abbastanza vicina alla nostra”. Il nostro Comandante sa bene che la metà orientale dell’isola di Timor è in mani portoghesi mentre l’altra è in mani olandesi, quindi nemiche.


Bella storia, grazie. L.
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