
Generale Oreste Baratieri
Cari Signori e Signore, eccoci qui oggi con un’altra storia – non molto conosciuta – che vorrei raccontarvi e che ha come obbiettivo quello di sfatare i classici miti che affermano “L’Italia non ha mai fatto nulla di buono o vittorioso nelle sue imprese coloniali”, e quello di nobilitare il nome di un generale poi caduto in disgrazia per la terribile sconfitta di Adua nel 1896… Stiamo parlando infatti del Generale Oreste Baratieri! Se certo questo nome, per i giusti motivi che non vado qui a ripetere, è legato indissolubilmente alla tremenda disfatta di cui sopra è anche giusto doverlo ricordare per quello che fu il suo più grande successo. Ma come sempre partiamo dall’inizio.
Gli italiani sconfiggono i loro nemici nella battaglie di Agordat e Serobeti, e così i Dervisci decidono di organizzare un violento contrattacco! Contrariamente al sistema in uso nel Mahadismo, dove una risoluzione improvvisa del Califfo o il capriccio di un capo desideroso di mettersi in vista decidevano spesso da un momento all’altro le loro ragioni militari, questa volta la preparazione dell’impresa contro l’Italia è molto accurata.
Colonnello Giuseppe Arimondi
Tuttavia il Califfo non aveva fatto i conti con la determinazione del Colonnello Giuseppe Arimondi! Avendo ottenuto informazioni dai ricognitori e dalle spie in territorio sudanese vicino Cassala, Arimondi fa immediatamente affluire rinforzi ad Agordat – tappa obbligata dei dervisci – riuscendo a mettere insieme una forza di 2.400 uomini fra ascari e soldati suddivisi in 7 compagnie di fanteria, due squadroni di cavalleria, due batterie da montagna e tre bande del Barca in soli 3 giorni prima ancora che i Dervisci partano! Nonostante questo tuttavia la disparità numerica è ancora enorme, ma Arimondi non si perde d’animo! Schiera le sue truppe in formazione “in linea” o “aperta” ed attende… finalmente arriva il gran giorno! L’emiro Ahmed Ali guida circa 10-12.000 uomini da est di Cassala ad Agordat contro i 2.400 ascari ed italiani comandati dal colonnello Giuseppe Arimondi. In tre ore gli italiani sparano 80.000 colpi di fucile e 210 dalle batterie. I dervisci lasciano sul campo oltre mille morti, un migliaio tra feriti, dispersi e prigionieri, 72 bandiere, 700 fucili, una mitragliatrice di fabbricatura inglese (che i dervisci non furono in grado di adoperare e che avevano tolto alle truppe di Hicks Pascià), numerose cotte di maglia di ferro medievali, la tenda rossa catturata al negus Johannes, una tromba di ottone fabbricata dalla ditta Pelitti di Milano e due cammelli carichi di catene, prevedendo di sconfiggere e catturare il presidio del forte. Conclusa la battaglia, il corpo crivellato di ferite di Ahmed Alì viene deposto come un trofeo di caccia ai piedi di Arimondi.
Alcuni prigionieri dervisci confessano che lo schieramento in linea assunto dagli italiani li aveva sorpresi, essendo abituati ad affrontare il quadrato inglese concentrando l’attacco in un unico punto. La tattica di Arimondi è riuscita perfettamente! I dervisci sono sconfitti pesantemente! Gli italiani contano 3 ufficiali caduti (Capitano Forno, Tenente Gino Pennazzi e tenente Colmia) e due feriti, un sottufficiale italiano caduto e un ferito, 104 indigeni caduti e 121 feriti. Arimondi riceve la promozione a generale, Galliano a maggiore ed una medaglia d’oro al valor militare, inoltre sono date altre 12 nomine a cavalierati, 39 medaglie d’argento e 42 di bronzo. Dopo essere stato informato della vittoria in quella che ormai è diventata la Seconda Battaglia di Agordat, Baratieri decide di rientrare in fretta in Eritrea e di mettere a punto un piano per passare all’offensiva stavolta!
Tale corpo d’operazione del Regio Corpo Truppe Coloniali d’Eritrea esce da Agordat il 12 luglio guidato da Baratieri in persona. Da Auasciait il 14 luglio Baratieri telegrafa a Roma: “Spero attaccare Cassala martedì”. Egli non lo poteva sapere ancora, ma proprio martedì 17 alle 10.00 del mattino avrebbe annunciato la sua vittoria assoluta! Ma procediamo sempre con ordine. Il 16 sera l’esercito italiano arriva e si accampa, come previsto nella gola di Sabderat, le pattuglie inviate in ricognizione verso Cassala non rilevano alcun grosso movimento, anzi rilevano che tutte le forze nemiche sono tranquillamente assonnate in città non sospettando minimamente ciò che sta per succedere. I ricognitori stimano che in città vi siano circa 2.600 uomini suddivisi in 2.000 fanti Mahadisti e 600 cavalieri Baqquara. Nonostante il gran numero di soldati e cavalieri nemici si deve pensare che tali soldati avevano ancora una concezione di combattimento di stile medievale, i cavalieri vestivano infatti corazze imbottite sotto un elmo di ferro ed una lunga cotta di maglia metallica, anche i cavalli erano protetti da una protezione imbottita e da uno Chamfron in cuoio a protezione della testa del cavallo stesso. Erano armati, solitamente, con lance con ampia punta a foglia, di una spada kaskara e di una pistola a pietra focaia. I fanti invece indossavano un’armatura imbottita più che efficace contro i nemici tribali dei Mahadisti, ma inutile contro le armi da fuoco. Erano armati con una lancia più leggera e con una spada kaskara e per la difesa erano forniti di uno scudo in pelle concavo con un grosso ombone e due tacche sul bordo. Dunque in sostanza i soldati mahadisti/dervisci erano abbastanza protetti per il corpo a corpo, ma erano fortemente svantaggiati nei combattimenti a distanza, infatti tutte le loro armature li rendevano bersagli grossi e lenti… ideali per truppe armate con armi da fuoco come le nostre!
Fatta dunque questa precisazione necessaria, continuiamo la nostra storia. Baratieri, deciso ad attaccare l’indomani l’accampamento Mahadista, il 16 notte tiene un grande rapporto ed impartisce gli ordini agli ufficiali per l’operazione! Essendo un’operazione a sorpresa, l’avvicinamento deve essere fatto nel silenzio più assoluto… e nonostante l’imponente numero di uomini la marcia degli italiani è silenziosissima e così Baratieri ed i suoi arrivano molto vicini alla città (alle 6.00 di mattina gli italiani sono sul piano di Cassala), mentre le truppe mahadiste stanno uscendo dall’altro ingresso della città per un’altra scorreria. A questo punto però la presenza italiana non può più passare inosservata ed infatti alcuni cittadini di Cassala notano i nostri soldati e scatenano il panico in città. Baratieri ordina di spiegare le forze come da programma in 2 forti quadrati. Quello all’avanguardia era quello del Maggiore Stefano Hidalgo, il grosso invece era al comando di Baratieri. I militari italiani notano diversi civili in fuga verso il fiume Gasc, i quali però attirano le forze mahadiste – specie la cavalleria – che, una volta resesi conto delle forze italiane, si gettano loro contro con ferocia, ma vengono accolte dalle fucilate del quadrato di fanteria dell’avanguardia di Hidalgo e dopo pesanti perdite si ritirano… a questo punto il quadrato si apre per far passare lo squadrone di cavalleria “Cheren” che si lancia all’inseguimento dei nemici. Questi ultimi però hanno distaccato un nucleo di cavalieri nei pressi di una vicina boscaglia che attacca di sorpresa i nostri cavalieri
infliggendo loro una ventina di perdite (tra cui quella del comandante Carchidio di Malvolti, colpito da diverse lance) e costringendolo a tornare vicino ai quadrati italiani che nel frattempo avanzavano verso la città coperti dai cannoni. A questo punto però le cose per i sudanesi volgevano al peggio: i quadrati italiani protetti dai cannoni e dalla cavalleria sono inarrestabili e le forze nemiche subiscono perdite pesantissime. I rinforzi del III Battaglione poi mandano in rotta le forze che presidiano in maniera confusa l’entrata di Cassala ed entrano a loro volta in città combattendo ed eliminando casa per casa i nemici barricati. Alle 09.00 il generale Baratieri e il generale Arimondi giungono sul piazzale del mercato mentre continua la lotta nell’interno dell’abitato.
Pingback: Appello dell’ass. Pinter per salvaguardare la tomba di Oreste Baratieri | L'ITALIA COLONIALE
La curiosità verso questo glorioso episodio bellico mi è nata inizialmente poiché ho una casa a Milano, appunto in Viale Cassala. E mi fa piacere questa coincidenza che mi porta a ricordare assai spesso questo episodio d’armi.
Gianpaolo Rosati.
"Mi piace""Mi piace"