
L’invito quindi è a leggerlo tutto e con attenzione, tenendo conto che si compone di cinque parti assai diverse fra loro, per gli argomenti trattati (storiografia, diritto, cristianizzazione, origini dei popoli e della cultura europei, elementi costitutivi), per lo stile con sui vengono esposte (racconto greco, trattatistica giuridica romana, testimonianza cristiana, narrazione celtica, razionalismo nordico), per la tesi sostenuta (l’Europa è il prodotto dell’Impero, gli Stati nazionali fondano sull’antico Diritto romano, l’integrazione europea scaturisce dalla Cristianizzazione dei popoli, l’Europa unita è un “progetto divino” che si sostiene sulle antiche aeternitas).
Non è il caso di aggiungere altro, anche perché il testo è ricco di informazioni e presenta spunti di riflessione continui. Uno di questi riguarda, ad esempio, il colonialismo sia nella sua prassi storica, sia per le implicazioni che esso ha avuto nella storia europea e mondiale in ogni epoca. Sostiene, infatti, l’autore che le prime forme di civiltà tipicamente “europee” sono nate nella Magna Grecia e in Anatolia grazie all’opera dei Greci dell’età classica, che dal VII secolo a.C. iniziarono a fondare avamposti, empori, porti o nuove polis lungo tutte le coste del mar Mediterraneo e del mar Nero, secondo un modello politico, economico e sociale che verrà ripreso continuamente da tutte le successive esperienze coloniali europee. Furono i Romani a applicare quel modello su vasta scala nell’Europa continentale che via, via cadeva sotto l’Imperium dalla penisola iberica alle Gallie, dall’arcipelago britannico alle lande germaniche, dalle montagne balcaniche ai deserti nordafricani: essi conquistavano e fondavano nuove città, colonie e fortini militari (in gran parte esistenti ancora oggi), quasi sempre popolati da coloni romani/italici che vi si insediarono anche per secoli. Per poi riemergere nell’età medievale a formare alcune delle dinastie regali più importanti della storia continentale, capaci di reggere l’Impero Cristiano (Reich) o i vari regni cristiani che si generarono da esso per “gemmazione”, man mano che il cuore dell’Impero di spostava ad Oriente. Dopo l’ultimo tentativo di attuare la Res Publica Christiana sotto Carlo V (membro di una dinastia che vantava origini romane e ha retto le sorti dell’Europa dal XIII secolo d.C. fino alla Prima Guerra Mondiale), il “vecchio continente” si è avvitato in una spirale di guerre senza fine culminate nella Seconda Guerra Mondiale, mentre il resto della Terra veniva progressivamente colonizzato dalle nuove potenze statuali sorte in Occidente: si formarono così i grandi imperi coloniali europei (si veda il capitolo “L’impero Asburgico: la Protesta, i nuovi Stati sovrani, l’età delle guerre, il Colonialismo”).
Uno degli aspetti che emerge al proposito è il differente modello coloniale messo in essere dalle potenze cristiane europee: mentre Portogallo, Spagna, Francia e Italia riproposero il modello tradizionale greco-romano orientato alla missione “evangelizzatrice” che era stata propria dell’Impero Cristiano e della stessa storia europea, le nazioni protestanti del Nord (Gran Bretagna e Paesi Bassi su tutte) preferirono un modello “moderno” improntato allo sfruttamento economico e privatistico delle colonie (attraverso le famose “compagnie delle Indie”). Gli effetti furono molteplici, sia in Europa che per l’intero pianeta: gli imperi cattolici (fra cui quello italiano) mirarono a costituire comunità miste di cristiani, rette da istituzioni di natura pubblica collegate alle strutture di potere della madrepatria, dovendo così accollarsi il finanziamento e la gestione in loco delle nuove entità socio-politiche così formate; gli altri si poggiarono su alcuni siti strategici al controllo delle rotte commerciali e alla loro difesa, impostando un regime di dominio rigido e schiavistico, affidato appunto alle compagnie coloniale e protetto dalle truppe nazionali. I primi lasciarono in eredità dei veri e propri stati nazionali già organizzati (vedi l’America Latina), i secondi servirono a depredare le colonie e furono il fondamento di quel che fu definito “neo-colonialismo”, un modello di dominio economico vigente ancora oggi grazie alle multinazionali.
Questo punto è chiaramente espresso nel capitolo “Stati sovrani e secolarizzazione (1648 d.C.): Leviathan dominus est”, dove si racconta come il connubio di interessi fra la finanza, le imprese coloniali e le monarchie protestanti settentrionali costituì quel meccanismo, oggi chiamato “globalizzazione”, che mira ad aprire qualsiasi mercato esistente sul pianeta per includerlo nell’immenso unico sistema economico globale saldamente controllato da lobby di potere di matrice anglo-franco-statunitense. Il medesimo potentato che a partire dagli anni ’50 del XX secolo d.C. diede vita al progetto di “integrazione europea” (a noi oggi noto come Unione Europea), nonché al più complesso e ampio sistema di governante planetaria interpretato dall’Onu.
Oltre a raccontare la storia della colonizzazione, dell’Europa prima e della Terra dopo, il saggio riporta in allegato una serie di Cartine Storiche De Agostini che aiutano il lettore a comprendere il corso degli eventi continentali e della formazione degli stati nazionali. Vi si trovano un interessante Glossario di termini antichi utilizzati nel testo, l’Indice dei Luoghi e dei Nomi citati, nonché una ricca e variegata Bibliografia. Nel complesso, questo libro è un valido strumento per conoscere la Storia d’Europa nella sua completezza a partire dalle radici etno-culturali, che l’autore ha potuto riscoprire in venti anni di ricerca personale.