Le vicende del possedimento cinese di Tientsin sono già state descritte, in modo sommario ma esauriente ne “L’Italia coloniale”, nell’articolo che tratta del grande incendio che scoppiò nella città nel 1927.

Come per tutti i dipendenti territori coloniali e assimilati, come possibile, l’Italia fu attenta a dare alla concessione che le era stata assegnata dalle convenzioni internazionali un’insieme di servizi moderni e indispensabili alla vita dei pochi italiani che nei primi tempi vi si erano stabiliti e della numerosa popolazione cinese.
Fra questi venne istituita anche un’organizzazione antincendio che per parecchio tempo, prima che a metà anni ’20 diventasse di competenza del Municipio, era affidata alla Regia Marina che, interessata a proteggere la sua polveriera e la sua caserma con proprio personale specializzato, si assunse anche il compito degli eventuali soccorsi alla popolazione civile.
Ovviamente ci si poteva fidare ben poco del corpo dei pompieri locali, che come in tutta la Cina erano ancora fermi al medioevo.
L’esistenza del parco antincendio italiano è documentata fin dagli anni 1904-1905.
Quando il motore automobilistico raggiunse un certo livello di affidabilità fra i primi a servirsi del nuovo mezzo vi furono proprio i pompieri: infatti fino ad allora erano dotati di carri a cavalli e di pompe a vapore: i primi dovevano essere curati e nutriti anche nei periodi, magari lunghi, di inattività e le seconde prima di diventare operative richiedevano parecchio tempo per arrivare alla pressione necessaria mentre al contrario l’autopompa eliminava entrambi i problemi e poteva accorrere molto più rapidamente.

Fra le varie versioni era presente anche l’autopompa che in pratica per i vent’anni successivi e anche di più fu la principale protagonista del mondo dei pompieri.
Torniamo a Tientsin. In parallelo con la motorizzazione dei servizi antincendio della Regia Marina, arrivò in Cina un’ autopompa Fiat 15 ter nuova di zecca.
Poiché durante la prima guerra mondiale, fino al 1917, la Cina restò neutrale, nelle concessioni di Tientsin che godevano di extraterritorialità ed avevano un status che le assimilava per certi aspetti ai consolati e alle ambasciate, le potenze belligeranti furono costrette a convivere senza compiere atti ostili, anche se non mancarono occasionali risse fra i propri militari.
Fra il 31 maggio e il 1° giugno 1916 si combatté nel mare del Nord la battaglia dello Jutland fra le due flotte inglese e tedesca. Si discute ancora oggi su chi sia stato il vero vincitore di questo terribile scontro (Forse gli inglesi dal punto di vista strategico e i tedeschi da quello tattico) e a maggior ragione, in quei momenti, il mondo fu percorso da notizie confuse e contraddittorie.
Nella lontana Cina sembra che la prima notizia arrivata abbia fatto pensare ad una vittoria tedesca e nella Legazione germanica non si perse l’occasione per festeggiare. La birra scorse a fiumi e ben presto furono tutti ubriachi.

A questo punto – forse di malavoglia perché i paesi erano nemici – i tedeschi chiamarono gli italiani, gli unici che disponessero di un’autopompa e di attrezzature moderne.
Va tenuto conto che la scorta d’acqua che può portare un automezzo è molto modesta e ancora di più lo era a quei tempi a causa delle limitate dimensioni della carrozzeria e della potenza dei motori. Di conseguenza oggi nelle città si trovano apposite bocche da incendio dove è possibile collegarsi e attingere tutta l’acqua necessaria.
Nella Tientsin di allora, naturalmente, esse erano inesistenti, le dimensioni dell’incendio crescevano e il fiume Hai Ho era troppo lontano per potersi approvvigionare.
Primo problema: che fare?
Questo non era certo un caso insolito per i vigili del fuoco. Se non c’è l’acquedotto, ieri come oggi, si cerca qualche cisterna.
Secondo problema: certo ce ne dovevano essere, ma dove si trovavano?
I tedeschi non ne sapevano nulla e bisognò chiedere ai cinesi, ma la lingua è difficile e i nostri marinai non potevano certo conoscerla bene, senza contare che in quel momento bisognava tentare di rivolgersi a persone in preda al panico.
Con qualche parola e a gesti alla fine la soluzione fu trovata e, individuato un pozzetto, fu calato il tubo aspiratore della pompa che entrò subito in funzione e un potente getto di liquido cominciò ad aggredire le fiamme.
Liquido sì….ma non acqua.
Infatti i nostri avevano capito male e la pompa attingeva ad un esteso pozzo nero. L’incendio fu domato, ma le conseguenze per quanto venne risparmiato dal fuoco e, in generale, per la … salubrità dell’aria, furono decisamente imbarazzanti
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di Guglielmo Evangelista
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